Il Sole 24 ore, svolgendo una analisi di alcune Casse di previdenza principali, ha evidenziato che un professionista su due rientra nella soglia inferiore ai 30mila euro di ricavi annui. Per cui, se la proposta della Flat Tax leghista andrà in porto, solo un contribuente su dieci resterà escluso; 92mila professionisti, i cui ricavi rientrano nella soglia dei 65mila euro, avranno una aliquota pari al 15% e 37mila avranno quella del 20% sul fatturato incrementale fino a 100 mila euro.
La soglia più alta includerebbe le categorie con reddito medio maggiore, tra cui un terzo dei commercialisti e dei consulenti del lavoro e solo un quinto degli avvocati.
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Inoltre, esiste anche una differenza territoriale: ad esempio, un geometra su due del Trentino Alto Adige ricade all’interno della fascia di ricavi ipotizzata dalla flat tax. In Calabria ciò non si verifica, anzi si parla di meno di un professionista su dieci. Diverso è il discorso se si prendono in considerazione i commercialisti: in Sardegna il 45,3% dei professionisti rientrerebbe nella fascia e in Calabria il 31,8%.
Quindi il divario non è netto come per i geometri. Le differenze sul territorio infatti dipendono dal reddito della categoria e per quanto riguarda i commercialisti, questi hanno un reddito più omogeneo. La Lombardia rientra tra le regioni meno coinvolte perché qui si hanno ricavi previdenziali al di sopra dei 100mila euro.
Per quanto riguarda il sesso e l’età, l’ipotesi di flat tax si rivolge alle persone tra i 40-50 e molto poco agli under 30. Verrebbero premiate di più le donne solo per la categoria dei ragionieri.
Ognuno, approvata la manovra, dovrà verificare se è conveniente passare al regime della flat tax o rimanere nel regime ordinario. Infatti potrebbe risultare vantaggioso rimanere al sistema attuale perché è possibile che il contribuente in questione abbia molte detrazioni oppure molteplici spese da dedurre in via analitica piuttosto che a forfait.
Questo discorso è valido anche per le partite Iva non ordinistiche. Guardando i dati delle Finanze si evidenzia che il 70% delle categorie con i ricavi medi più bassi si trovano al di sotto dei 30mila euro, invece quelle con i redditi più elevati sforerebbero i limiti.
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