Qualche tempo fa ho pubblicato sulla mia pagina FB la notizia che vi riporto nel seguito. Ho scoperto che ha avuto molte più visualizzazioni delle noie su strutture e terremoti che di solito scrivo.
La questione, semplice, è che oggi fare il mestiere del tecnico in realtà di “tecnico” ha ben poco; siamo regrediti alla legge della giungla: il primo problema è la sopravvivenza, nel tempo perso facciamo la professione.
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Cronaca di una vicenda “bizzarra”
Comunque, questa è la storia, definita da me “tragicomica”.
Nel 2014 vengo contattato dal titolare di una ditta per una perizia urgente su un edificio. Mi firma il conferimento d’incarico, io consegno il lavoro, poi il committente si dilegua. Cioè, io so esattamente dove abita, chi è la sua famiglia, dove lavora; semplicemente non mi risponde più al telefono, blocca il mio numero e qualsiasi numero dal quale provo a chiamarlo, e evita qualsiasi incontro. Per inciso, si tratta di una persona estremamente benestante, e la mia prestanza fisica, rispetto alla sua, non mi permette di fargli appostamenti sotto casa.
Forte del mio conferimento d’incarico mi reco dall’avvocato e faccio preparare un’ingiunzione di pagamento, che viene accolta dal Giudice a novembre 2015.
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Purtroppo il sedicente debitore, pur avendo a suo nome molte società, non ha un domicilio valido al quale recapitare l’ingiunzione e, nonostante lui continui a fare la vita di sempre (casa, famiglia, lavoro), nessuno riesce a notificargliela.
L’Agenzia delle Entrate però, sempre molto attenta ed efficiente, vede che il Giudice ha emesso l’ingiunzione quindi, nel frattempo, tramite cartella esattoriale mi chiede di pagare 417,75€ (ai sensi degli artt. 22 e 37 del DPR131/86) sulla fattura che non ho incassato (e che probabilmente non incasserò).
Dialogo tra un Ingegnere, un commercialista e un avvocato (non è una barzelletta)
Trasmetto quindi la cartella esattoriale alla commercialista e all’avvocato.
La COMMERCIALISTA mi dice: Purtroppo devi pagare, poi recupererai la cifra con l’ingiunzione di pagamento.
L’AVVOCATO mi dice: Purtroppo devi pagare, ma la ditta è fallita. Quindi, ammesso che riusciamo a insinuarci nella procedura di fallimento, perderai sia quei soldi che quelli che mi hai versato.
Uscendo dallo studio dell’avvocato, sulla porta, mi giro e gli dico: Quindi, se non richiedevo l’ingiunzione di pagamento, non prendevo i miei soldi ma almeno non ne perdevo altri. E lui (che i soldi li ha presi): Certo, non ti conveniva farla.
Conclusioni
In questa storia, che mi sembra essere condivisa da molti colleghi, possiamo dare dei voti. 4 a me, al mio perbenismo. 8 all’efficienza dell’Agenzia delle Entrate, efficienza che spero serva anche in altri ambiti. 3 alla professione, ma 9 al coraggio di chi oggi continua a farla. 10 al sedicente debitore, che ha capito perfettamente tutte le regole del gioco.
Stiamo regredendo all’“homo homini lupus”, in attesa del giorno di ordinaria follia.
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