Nuovo Codice Appalti, come cambia il Partenariato Pubblico Privato

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Lo scopo di questo articolo è considerare, dopo l’entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti, l’istituto del Partenariato Pubblico Privato, quale strumento utile per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Ad esso non era stata mai dedicata un’apposita disciplina se non una breve definizione nel precedente testo normativo rappresentato dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163.

Successivamente, stante un rilevante fenomeno corruttivo nelle commesse pubbliche e la necessità di apportare interventi normativi, che rispondevano ai principi della trasparenza e della lotta alla corruzione, il legislatore si è teso verso un totale stravolgimento del quadro precettistico.

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Da qui il riordino complessivo della disciplina vigente con la l. 28 gennaio 2016 n. 11, che ha recepito, in Italia, le nuove direttive europee intervenute in materia[1].

È stato, così, approvato il d.lgs. 50/2016, (di seguito anche “Nuovo codice degli appalti e delle concessioni” o “Nuovo Codice” o Codice”, il quale dedica un’apposita disciplina in merito al Partenariato Pubblico Privato (si seguito “PPP”).

L’espressione “partenariato pubblico-privato” (PPP) è di matrice europea ed indica un fenomeno giuridico di cooperazione tra il settore pubblico e gli operatori privati, i quali, nella realizzazione di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici, sono elevati da destinatari dell’azione amministrativa a partner.

Tale cooperazione offre diversi vantaggi alle parti coinvolte. In primo luogo l’acquisizione delle conoscenze tecniche e scientifiche dei privati che determina un arricchimento del know-how delle amministrazioni pubbliche, oltre ad alleggerire gli oneri economici gravanti sulle stesse, ai fini della realizzazione dell’opera pubblica o l’erogazione del servizio ed ottenere consistenti risparmi economici.[2]

Partenariato Pubblico Privato: Settori di applicazione

L’esigenza del settore pubblico di realizzare un’opera pubblica o di pubblica utilità ovvero di erogare un servizio, è stata evidenziata per la prima volta nel “Libro Verde del 2004 relativo ai partenariati pubblico-privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004.

Il Libro Verde del 2004 costituisce il primo documento fondamentale in materia e stabilisce che, il legame diretto esistente tra il partner privato e l’utente finale si fonda sul fornire un servizio al pubblico, in luogo e sotto il controllo del partner pubblico. Un dato importante sul quale la Commissione Europea ha posto l’accento è quella di garantire opere e servizi pubblici, ma anche in situazioni di restrizione del bilancio statale, di assicurare l’utilizzo di metodologie proprie del settore privato, al fine di ottenere un miglior rapporto qualità/prezzo senza pregiudizio per l’interesse pubblico.

Il fenomeno dei PPP, dunque, si è sviluppato in molti settori rientranti nella sfera pubblica e trova ragione anche nella volontà di beneficiare dei metodi di funzionamento del settore privato nel quadro della vita pubblica.

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Il Partenariato pubblico privato nel Nuovo Codice Appalti (art. 180)

L’art. 180 offre un esame dettagliato del PPP e precisa che, l’accordo può avere ad oggetto anche “la progettazione di fattibilità tecnico ed economica e la progettazione definitiva delle opere o dei servizi connessi”.

È importante precisare come viene regolato il rapporto negoziale esistente tra le parti. Da un lato i ricavi di gestione in favore dell’operatore economico, provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Dall’altro vi è il fattore rischio, che grava in capo all’operatore economico non solo in merito alla costruzione dell’opera[3], in caso di attività redditizia verso l’esterno, ma anche per quanto concerne la domanda[4] dei servizi resi per il periodo di gestione dell’opera.

Si richiama l’attenzione del lettore sul punto, poiché il rischio operativo[5], allocato in capo all’operatore economico, è mantenuto non solo nella fase di aggiudicazione del contratto di PPP, ma anche nella fase di esecuzione delle prestazioni, così da garantire una corretta gestione ed effettivo soddisfacimento dei bisogni e degli interessi pubblici sottesi al contratto stesso.

Allo stesso tempo, vi è un bilanciamento degli interessi, dal momento che, il c.d. rischio operativo, che si assume il privato, ha un’evidente e allettante contropartita, vale a dire il vantaggio patrimoniale derivante dalla realizzazione e disponibilità dell’opera[6] o del servizio e dalla gestione del bene.

Forme di Partenariato Pubblico Privato

Vengono distinte due categorie di PPP: il Partenariato contrattuale, che si fonda su rapporti di tipo negoziale che interessano esclusivamente i soggetti coinvolti. In tal caso, è la stessa P.A. che affida la realizzazione di un progetto, solitamente la realizzazione e manutenzione di opere pubbliche o di pubblica utilità ovvero la gestione di servizi, ad un operatore privato, formalizzando tale volontà con uno specifico contratto.

Si può dire, inoltre, che questa tipologia di PPP può essere ricondotta a due modelli, ossia quelli dell’appalto e della concessione. Per converso, a livello europeo non esiste una disciplina ad hoc riferita ai PPP contrattuali, anche se al fine di instaurare un dialogo strategico tra Commissione Europea e settori industriali coinvolti sono state previste nuove iniziative di PPP contrattuale all’interno del Programma Horizon 2020.

Il secondo tipo è il Partenariato istituzionalizzato, il quale implica la costituzione di un’entità distinta, normalmente una società partecipata in modo congiunto dal partner pubblico e dal partner privato, avente la funzione di assicurare la realizzazione di un’opera o la gestione di un servizio in favore della collettività.

Il modello di partenariato istituzionalizzato più impiegato è quello delle c.d.“società miste”, nelle quali, attraverso la stretta cooperazione tra le parti, il soggetto pubblico riesce a conservare un ampio potere di controllo e di vigilanza sullo svolgimento dell’operazione.

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La finanza di progetto

Definizione e procedure di affidamento: art. 183 del Nuovo Codice Appalti

Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione, costituisce un modello per il finanziamento e la realizzazione di opere pubbliche del tutto nuovo nella disciplina di settore.

Il sistema del project financing è stato interessato da modifiche molto significative in merito alle procedure di affidamento, vale a dire si riducono a due le procedure di finanza di progetto attivabili (ad impulso pubblico od a iniziativa privata), venendo meno le tipologie previste dalla precedente normativa ai commi 15 e 16-18 dell’art. 153 del d.lgs. 163/2006.

Sotto il profilo strettamente economico-finanziario l’ambito di operatività del project financing è fortemente condizionato dalla finanziabilità dell’opera o del servizio e ciò ha comportato la distinzione delle opere pubbliche in opere fredde e opere calde.

Le opere fredde, sono opere in cui la funzione sociale è assolutamente predominante e che non consentono, per tale motivo, l’applicazione di tariffe o in cui il livello socialmente accettabile delle tariffe è talmente basso da non generare flussi di cassa in grado di consentire il rimborso dei fondi impiegati.

Le opere calde, sono, invece, opere per le quali è possibile applicare un prezzo del servizio, come controprestazione che l’utente è tenuto ad effettuare per fruire del servizio stesso.

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Si tratta, quindi, di opere che consentono di svolgere un’attività organizzata di tipo imprenditoriale, con costi e ricavi (cd. Servizi a rilevanza imprenditoriale). In concreto sono stati realizzati soprattutto progetti per la costruzione e gestione di centrali di cogenerazione di elettricità e vapore; progetti relativi alla costruzione di oleodotti o gasdotti; trasporti ferroviari (ad. es. l’Eurotunnel); parchi di divertimento (Eurodisney); parcheggi; autostrade.

I procedimenti avviati dalla Pubblica Amministrazione, in base all’art. 183, commi 2 e 9, prevedono, nel bando di gara, un progetto di fattibilità tecnico-economica, per meglio dire un elaborato realizzato in funzione della definizione e valutazione di un programma o di un progetto sulla base di una preliminare idea di massima. Lo studio di fattibilità comprende attività sia di natura tecnica che di natura economica, il cui esito può essere favorevole o meno alla realizzazione del progetto.

Il Direttore dei Lavori dopo il nuovo Codice degli appalti (D.lgs. n. 50/2016)

Nel percorso di attuazione del decreto legislativo 50 del 2016, le Linee guida e i conseguenti decreti attuativi costituiscono gli atti di regolamentazione (in sostituzione del precedente d.P.R. 207/2010) del nuovo Codice, definendo le procedure operative nelle loro linee di dettaglio.Le Linee guida analizzate nel testo riportato di seguito interessano: “Il Direttore dei lavori: modalità di svolgimento delle funzioni di direzione e controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto” e costituiscono la definizione operativa di quanto disposto dall’articolo 101 del d.lgs. 50/2016.Nelle more della pubblicazione del decreto attuativo del Ministero delle infrastrutture, il testo seguente è finalizzato all’analisi delle Linee guida approvate dall’ANAC in data 21 giugno 2016 e relative alle problematiche della direzione dei lavori negli aspetti tecnici e contabili.Come già anticipato, si tratta della ulteriore declinazione di quanto previsto principalmente dall’articolo 101 del d.lgs. 50/2016 in materia di direzione dei lavori e della esplicazione di funzioni e attività che interessano principalmente:- la nomina del Direttore dei lavori e l’ufficio di direzione dei lavori;- gli strumenti per lo svolgimento dell’attività (ordine di servizio, verbali, certificati);- le fasi di attività (consegna, sospensione e ultimazione dei lavori);- le verifiche e i controlli effettuati dal Direttore dei lavori;- il controllo amministrativo e contabile;- le modifiche dei lavori e le varianti contrattuali;- la procedura per le riserve.Questi elementi costituiscono un primo livello di approfondimento operativo (che assumerà valenza normativa con la pubblicazione del relativo decreto attuativo) sulle attività e funzioni del Direttore dei lavori di opere pubbliche che troverà, nel corso del tempo, ulteriori e necessari approfondimenti richiesti dall’ampiezza delle problematiche inerenti all’esecuzione delle opere pubbliche.Questo lavoro, che costituisce un primo commento delle Linee guida sulla direzione dei lavori, è stato organizzato in una serie di paragrafi che corrispondono a quelli presenti nel testo emanato dall’ANAC all’interno dei quali sono riportate le indicazioni operative delle Linee guida oltre ad una serie di commenti/valutazioni utili ad una migliore comprensione dei singoli argomenti e delle attività da svolgere per ciascuna fase.Marco Agliata, Architetto, libero professionista, impegnato da molti anni nel settore degli appalti, della programmazione, esecuzione e monitoraggio di opere pubbliche e private, esperto di problematiche di sostenibilità ambientale, risparmio energetico e sicurezza dei cantieri. Svolge attività di consulenza per enti pubblici e privati sulla programmazione e utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie, progettazione, direzione e collaudo dei lavori, attuazione, gestione, manutenzione e monitoraggio degli interventi, difesa del suolo e sostenibilità ambientale. È autore di numerosi volumi in materia di opere pubbliche e problematiche ambientali

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In sintesi, la fattibilità deve contenere:

  • le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico – finanziarie dei lavori da realizzare;
  • l’analisi delle possibili alternative rispetto alla soluzione realizzativa individuata;
  • la verifica della possibilità di realizzazione mediante i contratti di partenariato pubblico – privato;
  • l’analisi dello stato di fatto, nelle sue eventuali componenti architettoniche, geologiche, socio – economiche, amministrative, ecc.

Occorre evidenziare che, il bando di gara per l’affidamento di una concessione per Project Financing deve prevedere la facoltà, dell’aggiudicatario della concessione, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.

Nuovo Codice Appalti: la locazione finanziaria di opere pubbliche (art. 187)

Lo strumento del leasing finanziario, senza dubbio, apre prospettive del tutto nuove per la realizzazione di opere pubbliche ed è considerato un’alternativa all’appalto.

In particolare, per la realizzazione delle “opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici”, viene a costituire a pieno titolo una ulteriore modalità di realizzazione di infrastrutture pubbliche secondo gli schemi di PPP.

Si pensi, ad esempio, ad opere che possono prevedere l’erogazione di servizi a favore della stessa amministrazione o dei cittadini-utenti, da parte del concessionario quali le strutture ospedaliere in cui la gestione dei servizi non medicali rappresenta la controprestazione a favore del concessionario (anche se accompagnata da un “prezzo”), ovvero opere in cui sia assente o scarso (di norma limitato alle sole attività di manutenzione e di assistenza tecnica sugli impianti) l’aspetto gestionale.

È proprio per la realizzazione di quest’ultima tipologia di infrastrutture appare più consono lo strumento giuridico de quo, in cui la remunerazione del privato, per la realizzazione dell’opera, non è costituita dal servizio reso, bensì dai canoni che la pubblica amministrazione versa alla società di leasing per ottenere l’infrastruttura (finanziamento pubblico sub specie di canone).

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Il leasing come strumento di finanziamento degli investimenti pubblici può affiancarsi alla concessione di costruzione e gestione per le suddette tipologie di opere, ma consente, di fatto, la realizzazione di opere pubbliche per le quali l’attività di gestione ed erogazione di servizi resta in capo all’amministrazione stessa. Nell’intraprendere un’operazione di leasing la pubblica amministrazione può conseguire una serie di vantaggi quali:

  • il reperimento delle risorse finanziarie da un soggetto privato: l’integrazione tra la società di leasing ed il soggetto costruttore permette, in particolare, l’erogazione del capitale necessario alla realizzazione dell’investimento in conformità all’avanzamento del progetto;
  • la realizzazione “chiavi in mano” dell’opera: l’opera deve essere consegnata alla pubblica amministrazione completa in ogni sua parte, agibile, funzionante, comprensiva di tutti gli impianti ed allacciamenti, inclusi permessi ed autorizzazioni varie all’uso, con la relativa manutenzione (ordinaria e straordinaria), se richiesta dall’amministrazione nei documenti di gara, per tutta la durata del contratto di leasing;
  • la possibilità di eliminare i rischi finanziari legati alle perizie suppletive, alle revisioni dei prezzi e alle caratteristiche tecniche del bene stesso;
  • un iter procedurale semplice e rapidità di erogazione del finanziamento;
  • la realizzazione dell’opera ad un costo certo e definito sin dal momento dell’aggiudicazione: la rata del leasing fissa, invariabile e comprensiva di eventuali servizi accessori (assistenza tecnica, manutenzione ordinaria/straordinaria, coperture assicurative), verrà pagata dall’amministrazione solo dopo il collaudo dell’opera;
  • il potenziale trasferimento di parte dei rischi in capo alla società di leasing che provvederà a trasferirli negozialmente ai fornitori (es. costruttore) con cui avrà un rapporto di responsabilità diretto.

Tali potenziali vantaggi possono, tuttavia, essere effettivamente conseguiti soltanto se la pubblica amministrazione esercita con consapevolezza il potere contrattuale derivante dal fatto che il fruitore, nonché finanziatore finale dell’operazione è, in fin dei conti, l’amministrazione stessa.

Nuovo Codice Appalti, i contratti di disponibilità (art. 188)

Il contratto di disponibilità, disciplinato dall’art.3, comma 1, lett. hhh) del Codice, è il contratto mediante il quale sono affidate al privato (affidatario), a suo rischio e spese, la costruzione e la messa a disposizione di un’opera, di proprietà privata, destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a favore dell’amministrazione aggiudicatrice a fronte di un corrispettivo (cfr. art. 3, comma 15-bis).

Prima di ogni cosa giova spiegare che, “per messa a disposizione” si intende l’onere assunto, a proprio rischio, dall’affidatario nell’assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti.

Tale definizione riprende quella già contenuta negli artt. 15 bis e 160-ter del d.lgs. 160/2006.

È interessante rilevare che, si è voluto usare un’espressione quale “opera…destinata all’esercizio di un pubblico servizio”, piuttosto che la generica espressione di “opera pubblica o di interesse pubblico”, quasi a voler sottolineare l’esigenza che tale nuovo contratto venga utilizzato per la realizzazione di opere funzionali in sé e rispetto all’esercizio di un pubblico servizio.

Nuovo Codice Appalti, art. 189: interventi di sussidiarietà orizzontale

Per quanto attiene gli interventi di sussidiarietà orizzontale, l’art. 189 del d.lgs. 50/2016 include due forme di contratto di PPP, ossia la “gestione di aree riservate al verdee pubblico urbano” (comma 1) e la “realizzazione di opere di interesse locale” (comma 2).

La disposizione prevede la possibilità di dare in gestione ad un “consorzio di comprensorio” costituito dai cittadini, ivi residenti, le aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale. Si tratta di un vero e proprio diritto di prelazione in favore di tali soggetti, i quali, per poterne beneficiare, devono costituire il consorzio di cui sopra con almeno il 66% della proprietà della lottizzazione. Le Regioni e i Comuni hanno la possibilità di stabilire incentivi per la gestione diretta di tali aree anche mediante riduzione di tributi propri. Per quanto concerne la realizzazione di opere di interesse locale si prevede il coinvolgimento di personale e di risorse pubbliche nel tentativo di addivenire a un confronto con i soggetti proponenti, ma limitatamente alla fase di approvazione e solo se strettamente necessario (art. 189, comma 2).

Al fine di evitare che vengano portate a compimento opere su beni, suscettibili di divenire di proprietà pubblica, senza un’espressa manifestazione di consenso, vi è il tacito rigetto della proposta, una volta decorsi due mesi dalla stessa.

Nuovo Codice Appalti, art. 190: baratto amministrativo

L’istituto del “baratto amministrativo” era già previsto all’art. 24 del d.l. 133/2014 (c.d. “Decreto Sblocca Italia”), norma oggi abrogata in virtù dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti pubblici, che conferisce agli enti territoriali (e non più soltanto ai Comuni, secondo quanto previsto dall’art. 24 cit.) il potere di deliberare criteri e condizioni per la conclusione di tali contratti di partenariato sociale (art. 190 del d.lgs. 50/2016).

Dalla lettura della norma è possibile ricavare gli elementi fondamentali di questo istituto, innanzitutto, per aversi il baratto amministrativo, è necessario che ci siano i presupposti per la conclusione del contratto legati alla presentazione di “progetti presentati da cittadini, singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale”. Da tale assunto è possibile ravvisare una scelta metodologica chiara da parte del legislatore che dà pieno rilievo al profilo della stretta correlazione tra progetto e territorio.

Altro elemento fondamentale, è l’oggetto del contratto, che può riguardare “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati”.

Nuovo Codice Appalti, art. 191: Cessione di immobili in cambio di opere

L’art. 191 del Nuovo Codice Appalti riproduce, con alcune modifiche rispetto ai commi 6 e 7 dell’art. 53 dell’abrogando codice degli appalti, la materia del trasferimento, a titolo di corrispettivo, totale o parziale, ai privati di beni immobili appartenenti all’amministrazione aggiudicatrice in cambio di opere.

Si tratta di beni immobili che non assolvono più, secondo motivata valutazione della amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, funzioni di pubblico interesse. Di norma sono, già, indicati nel programma triennale per i lavori o nell’avviso di preinformazione per i servizi e le forniture, ovvero beni immobili già inclusi in programmi di dismissione, purché prima della pubblicazione del bando o avviso per l’alienazione ovvero beni la cui procedura di dismissione ha avuto esito negativo.

Occorre evidenziare che, il bando di gara può prevedere che, il trasferimento della proprietà dell’immobile e la conseguente immissione in possesso dello stesso, avvengano in un momento anteriore a quello dell’ultimazione dei lavori, previa presentazione di idonea polizza fideiussoria, per un valore pari al valore dell’immobile medesimo.

Questo modus procedendi rappresenta una novità regolata, unicamente, dalla nuova normativa, infatti, il previgente art. 53 prevedeva la possibilità di anticipata immissione in possesso, ma non anche di anticipato trasferimento della proprietà, che avveniva soltanto dopo il collaudo.

Nuovo Codice Appalti, art. 19: contratti di sponsorizzazione

L’art. 19 del Nuovo Codice appalti Codice prevede che, sono esclusi dall’ambito di applicazione del Codice i contratti di sponsorizzazione, in base ai quali un soggetto, cd sponsorizzato o sponsee, assume, normalmente dietro corrispettivo, l’obbligo di associare a proprie attività il nome o il segno distintivo di altro soggetto, detto sponsor o sponsorizzatore. Avviene, così, la divulgazione dell’immagine o il marchio presso il pubblico. Si tratta di un contratto qualificabile come atipico, consensuale, a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive. La norma distingue due tipologie di contratto di sponsorizzazione:

  1. Quella realizzata mediante dazione di denaro o accollo del debito, o altre modalità di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti;
  2. Quella in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi o le forniture direttamente a sua cura e spese.

Rispetto alla disciplina contenuta nel Codice del 2006, il nuovo testo aggiunge una terza tipologia vale a dire, l’ipotesi di sponsorizzazione mediante dazione di denaro o accollo del debito.

Conclusioni

Alla luce di quanto suesposto, si ritiene che il Partenariato Pubblico Privato e le altre forme contrattuali ad esso correlate ed esaminate nel presente lavoro, siano la soluzione migliore per la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità rispetto agli istituti vigenti e regolati, fino ad oggi, con la precedente normativa.

Si tratta, infatti, di strumenti nuovi e innovativi che consentono una maggiore partecipazione del soggetto privato, il quale può, rivestire un ruolo attivo ed offrire soluzioni progettuali innovative per un giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati e, nel contempo, permettono alla Pubblica Amministrazione di accrescere le risorse a disposizione ed acquisire, in caso di progetti complessi, nuove competenze e soluzioni innovative.

Si auspica, infine, che questo nuovo strumento giuridico ponga rimedio alla difficoltà di realizzare opere pubbliche e/o di pubblica utilità a causa della scarsità di fondi pubblici e diminuisca il gap infrastrutturale che divide l’Italia dagli altri Paesi industrializzati.

[1] La n. 2014/24/UE sugli appalti pubblici; la n. 2014/25/UE, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali; la n. 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione

[2] V. Bonfanti, Il partenariato pubblico privato alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, in Amministrazione in Cammino;

[3] Rischio di costruzione: si intende il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna dell’opera, al non rispetto degli standard di progetto (la pubblica amministrazione, infatti, richiede che l’opera sia coerente con quanto previsto dai documenti in base ai quali è stato stipulato l’accordo), all’aumento dei costi preventivati, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera (art. 3, comma 1, lett. aaa);

[4] Rischio di domanda: si intende il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il contraente deve soddisfare dipendente dalla variabilità della richiesta del servizio erogato, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa (art. 3, comma 1, lett. ccc).

[5] Rischio operativo: si intende il rischio legato alla gestione dei lavori e dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito al concessionario. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni di mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile.

[6]Rischio di disponibilità: si intende il rischio legato alla capacità dell’operatore economico concessionario di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti (art. 3, comma 1, lett. bbb);

Luigi Patricelli

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