Il Building Information Modeling (BIM per brevità), probabilmente fino a poco tempo fa era considerato “solo” come un processo innovativo per gestire progetti edilizi, ma ora potrebbe diventare realtà: il nuovo codice dei contratti è stato da poco approvato (3 marzo 2016) e fornisce alle stazioni appaltanti la facoltà di avvalersi di tecnologie e procedure BIM per opere e servizi sopra soglia comunitaria. A fronte di questi sviluppi normativi, è stato predisposto un sondaggio per capire il livello di conoscenza e uso del BIM da parte dei professionisti del settore. Si è tentato inoltre di sondare le opinioni dei professionisti riguardo all’uso attuale e futuro del BIM nella propria attività. Alcuni dati sono stati confrontati con un questionario simile fatto nel 2014 e i risultati sono incoraggianti, seppur la differenza non sia accentuata come sperato.
Il sondaggio, le cui risposte sono state raccolte dal 3 marzo al 4 aprile 2016, ha raccolto un totale di 66 partecipanti, per la maggior parte progettisti e/o direttore lavori; gli altri partecipanti si suddividono in committenti, costruttori, facility manager, produttori e studenti (grafico 1).
Dati i risultati ottenuti, si è ritenuto opportuno rielaborare i soli dati relativi alle risposte dei progettisti, in quanto gli altri dati raccolti non sono sufficienti per creare un campione statistico rappresentativo. I successivi grafici, salvo diversamente specificato, si riferiscono alle risposte dei soli progettisti e DL.
Le domande sono principalmente incentrate sulla conoscenza e sull’uso (attuale e futuro) di strumenti BIM. Come evidenziato nel grafico 2, il 52% non conosce o usa il Building Information Modeling nella sua attività, mentre il restante 48% lo usa correntemente o saltuariamente.
Questo primo risultato può essere considerato come una evoluzione del panorama italiano: nei primi mesi del 2014 era stato fatto un sondaggio simile, in cui solo il 74% dei progettisti intervistati conosceva il Building Information Modeling (contro l’attuale 85%). In aumento anche la percentuale di chi lo usa regolarmente, che passa dal 25% del 2014 al 29% del 2016. L’uso saltuario di strumenti BIM passa dall’11% al 19%, quasi raddoppiando. I dati completi sono consultabili nel grafico 3.
Sono inoltre state poste delle domande aggiuntive solo a quelli che, chi più e chi meno, si confrontano con strumenti BIM. Nello specifico, visti gli sviluppi normativi europei (sono molti gli stati che adottano o adotteranno un approccio BIM per la progettazione di opere pubbliche), è stato chiesto cosa i progettisti pensassero di un possibile obbligo da parte del governo italiano. Come si evince dal grafico 4, la stragrande maggioranza propende per per l’obbligatorietà del Building Information Modeling nelle opere pubbliche, anche se resta comunque una piccola percentuale di indecisi e contrari (che temono più che altro un aggravio del carico di lavoro).
Il BIM permette lo scambio di numerose e disparate informazioni. Per questo la possibilità di scambiarsi dati tra software è cruciale per evitare duplicazioni, incoerenze, errori e in generale per migliorare il flusso di lavoro. Per chi è già addentro i nuovi processi BIM, l’interoperabilità dei software che si usano e i formati con cui i dati vengono scambiati sono fattori cruciali per l’organizzazione del lavoro. Per quanto riguarda l’interoperabilità del BIM, la quasi totalità (grafico 5) dei rispondenti si trova d’accordo sull’utilità del protocollo di scambio dati IFC e sull’open BIM in generale.
Se i software BIM permettono di gestire grandi moli di informazioni, le librerie di oggetti, siano esse personalizzate o fornite da produttori, sono il modo migliore per inserire, modificare ed estrarre informazioni dagli oggetti. I vari professionisti, per velocizzare e ottimizzare il loro flusso di lavoro, devono disporre di una serie di oggetti standardizzati e contenenti le informazioni da compilare e/o estrarre, ad esempio, durante la progettazione o l’uso dell’edificio. Il grafico 6 mostra che oltre il 60% dei progettisti che ha partecipato al sondaggio usa librerie di oggetti e che circa il 10% si è creato una libreria personalizzata; poco meno del 25% degli intervistati non si è ancora avvalso di librerie per la progettazione.
Sono inoltre state rivolte due semplici domande agli intervistati non a conoscenza del BIM o che non lo usavano: cosa intendono fare in futuro e perché non lo hanno ancora usato. Alla prima risposta la quasi totalità ha risposto che il BIM sarà necessario o comunque utile (grafico 7); resta un 15% di scettici, percentuale più che buona, considerando che tutti i cambiamenti portano con sé una quota più o meno grande di contrari.
Alla seconda domanda, le risposte non hanno delineato un’unica direzione, bensì costi di implementazione, mancanza di informazioni sull’argomento e tipo di attività svolto sono quasi alla pari, come mostrato nel grafico 8. Stranamente i costi, che di solito sono alla base di qualsiasi criterio di decisione, sono al terzo posto.
Per quanto riguarda gli altri rispondenti al questionario (esclusi quindi progettisti e DL), il 64% conosce il BIM ma non lo usa, mentre gli altri ne fanno un uso saltuario o corrente. Anche le altre risposte, riguardanti la necessità di usare il BIM nel futuro, nelle opere pubbliche, di IFC e delle librerie rispecchiano quanto affermato dalla categoria dei progettisti, fermo restando lo scarso campione statistico, non rappresentativo delle rispettive categorie professionali.
Concludendo, il BIM, inteso sia come software in grado di elaborare e scambiare dati, sia come procedura (flusso e gestione delle informazioni), ha preso piede rispetto al passato e si vedono già alcune gare pubbliche che richiedono la consegna di modelli BIM, seppure in affiancamento alla documentazione “tradizionale”. Un po’ di scetticismo c’è ancora ma le potenzialità sono tante e chi si affaccia a questo nuovo modo di progettare e approcciarsi all’edilizia ne trarrà benefici.
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