Muro di cinta: in quali casi serve il permesso di costruire?

Serve il permesso di costruire per muri di cinta con forte impatto sullo stato dei luoghi? Vediamo a riguardo una recente sentenza, e una rassegna di sentenze precedenti

Mario Petrulli 05/12/23
Serve il permesso di costruire per il muro di cinta con forte impatto sullo stato dei luoghi? Vediamo una recente sentenza a riguardo.

Come è noto, il Testo Unico Edilizia [1] non riconduce espressamente il “muro di cinta” nel novero degli interventi di nuova costruzione per i quali sia prescritto il permesso di costruire (articoli 3, comma 1, lettera e), e 10), ma neppure lo colloca tra quelli soggetti a SCIA.

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A questo riguardo l’orientamento prevalente del Consiglio di Stato[2] è nel senso che, più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio (sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui fondi finitimi), occorre far riferimento all’impatto effettivo che le opere a ciò strumentali generano sul territorio: con la conseguenza che l’intervento edilizio deve qualificarsi quale nuova costruzione (con quanto ne consegue ai fini del previo rilascio dei necessari titoli abilitativi) quante volte abbia l’effettiva idoneità a determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie.

Diversamente, a prescindere “dal mero e astratto nomen iuris utilizzato per qualificare l’opus quale muro di recinzione (o altre simili), la realizzazione di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività di cui all’articolo 22 e, in seguito, al regime della segnalazione certificata di inizio di attività di cui al nuovo articolo 19 della l. n. 241 del 1990[3].

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Applicando il riportato principio, il TAR Molise, sez. I, nella sent. 7 novembre 2023, n. 292, ha ritenuto necessario il permesso di costruire dinanzi ad “una costruzione in cemento armato, dell’altezza di 90cm e larghezza di 40cm, il quale – ben visibile da entrambi i lati – si staglia fuori dal piano di campagna per tutta la lunghezza di 75 metri, radicandosi a terra con una base cd. a “L””.

Similmente, fra la casistica giurisprudenziale che ha ritenuto necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di cinta, segnaliamo:

  • TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 2 agosto 2022, n. 5234, “per un muro di recinzione costituito da muratura di tufo e cemento armato, lungo circa 25 mt. e avente altezza pari a circa 2,70 mt. per uno spessore di circa 25 cm., derivante dalla ricostruzione di parte di un preesistente muro in pietrame lavico”;
  • TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 25 agosto 2021, n. 5624: “per 2 tronconi di muro realizzati con blocchi di lapilcemento – di cui, il primo, a Sud del fondo, per una lunghezza mt 16,45 spesso mt 0.20 e alto di mt 0.40, al cui termine, sul lato Est, si ritrova un cancello in ferro largo mt 3.60 ed alto 2.00 e, il secondo, di mt 17,90, largo mt 0.20 ed alto mt 0.40, cui è posto, a chiusura, un altro cancello in ferro largo mt 3.00 ed alto mt 2,20 -, entrambi con sovrapposizione di rete metallica bendata da materiale plastico sorretta da pali in ferro di altezza mt 2,00”;
  • TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 2 luglio 2021, n. 1341[4]: per un muro perimetrale in cemento armato di altezza media di m 1,65, sovrastato sui vari lati da ringhiera di ferro di m 1,50, con lunghezza complessiva di m 83,00 e per un muro di separazione lungo m 26 circa, alto m 1,45, anch’esso sovrastato da una ringhiera in ferro alta m 1,50, realizzato all’interno della medesima area recintata, parzialmente pavimenta ed adibita ad aiuole e spazi verdi attrezzati;
  • TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 11 giugno 2021, n. 905: “per un muro di confine, realizzato in conci di pomice e pietra calcarea, dell’altezza variabile tra m. 1,75 e m 2,50: infatti, tenuto conto delle relative dimensioni, detto manufatto non si esaurisce nell’esercizio dello jus excludendi alios, ma è tale da determinare la stabile trasformazione del territorio”;
  • TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 28 aprile 2020, n. 1542: per “un muro di recinzione lungo mt. 25 e alto mt. 2,50, munito di cancello carrabile scorrevole in ferro della larghezza di mt. 5, che è certamente qualificabile come opera muraria che incide in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio”.

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In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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[1] DPR n. 380/2001.

[2] Ex multis: Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 luglio 2014, n. 3408.

[3] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 3 maggio 2011, n. 2621.

[4] Nel caso specifico i giudici catanzaresi hanno affermato che “In applicazione della richiamata giurisprudenza, pertanto, e avuto riguardo alle caratteristiche strutturali delle opere, è da escludersi che tali interventi possano qualificarsi di modesta entità e siano quindi realizzabili in regime di edilizia libera, impattando di contro sull’assetto del territorio, sul piano urbanistico ed edilizio. Né, ancora, è possibile considerare i muri come pertinenze, posto che il concetto di pertinenza previsto dal diritto civile va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso urbanistico, “applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica” (Consiglio di Stato, Sez. II, 9 ottobre 2020, n. 6020)”.

Immagine: iStock/beekeepx

Mario Petrulli

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