Il meccanismo voluto dal legislatore è estremamente semplice, nel senso che lascia all’amministratore la valutazione sull’urgenza dell’intervento e, nello stesso tempo, gli impone di giustificare al più presto le sue decisioni ai condomini.
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Per urgenza si deve intendere la necessità immediata e impellente di intervenire allorquando vi sia il rischio che la situazione, a causa dell’inerzia e del trascorrere del tempo, possa peggiorare pericolosamente causando dei danni.
Qualora l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 1135, comma 2, c.c., abbia disposto, in assenza di previa delibera assembleare, lavori di straordinaria amministrazione, la relativa obbligazione è riferibile al condominio ove l’amministratore ne abbia speso il nome e quei lavori siano caratterizzati dall’urgenza.
La norma sopra detta, quindi, ammette che l’amministratore possa ordinare lavori di manutenzione straordinaria urgente. Non è invece affrontata la questione della possibilità o meno dell’amministratore di procedere alla demolizione di parti comuni dannose o di beni del singolo condomino collocati nelle parti comuni. Vediamo quindi alcuni casi concreti.
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Demolizione di pensilina condominiale che ostacola l’accesso di mezzi di soccorso o antincendio
L’amministratore di condominio non può procedere all’abbattimento di una parte comune. Così ad esempio è stato affermato che il totale abbattimento della pensilina sovrastante il cancello d’ingresso all’edificio condominiale, disposto dall’amministratore senza previa autorizzazione assembleare, è illegittimo in quanto non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore quella di eliminare un bene comune condominiale, nemmeno nell’ipotesi in cui l’eliminazione della pensilina renda impossibile l’avvicinamento all’edificio condominiale dei mezzi di soccorso o antincendio; ipotesi che potrebbe semmai consentire all’amministratore, in caso di urgenza, di procedere a lavori di manutenzione straordinaria ex art. 1135 c.c., salvo riferirne alla prima assemblea; non mai però, gli consentirebbe di eliminare totalmente la struttura comune o di apportare modifiche strutturali incidenti sul decoro architettonico (Cass. civ., Sez. II, 23/01/2007, n. 1382).
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Rimozione violenta di bene del condomino installato nelle parti comuni
Una recente decisione di merito ha chiarito che l’agire con violenza sulle cose del singolo condomino presenti nelle parti comuni dell’edificio condominiale non rientra tra i compiti dell’amministratore (neanche sotto forma di degenerazione ed eccesso, al normale esplicarsi dei compiti in questione).
La vicenda prendeva l’avvio quando la proprietaria di un appartamento facente parte di un condominio conveniva in giudizio l’ex amministratore del caseggiato, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non (oltre rivalutazione ed interessi dal dì dell’evento sino al soddisfo), previa dichiarazione della responsabilità del convenuto nella causazione dei danni subiti a seguito del danneggiamento e dell’asporto di beni di sua proprietà.
In particolare la condomina ricorrente faceva presente che, in sua assenza, il convenuto aveva divelto dal muro in cui era stata infissa una struttura in legno dotata di teli ombreggianti, delle dimensioni di mt. 6,00 x 3,50, danneggiandola, nonché asportato diverse piante invasate ed estirpato dal terreno un ficus benjamin dell’altezza di mt. 3,00 circa, tutti di proprietà della ricorrente e da questa installati nel cortile condominiale nell’area prospiciente l’appartamento in proprietà esclusiva.
In ogni caso la stessa ricorrente faceva presente che, con sentenza passata in giudicato, erano state annullate le delibere condominiali con la quale l’assemblea condominiale aveva conferito all’ex amministratore mandato di provvedere alla rimozione delle opere installate nel cortile comune dalla condomina qualora quest’ultima non vi avesse provveduto spontaneamente entro dieci giorni dalla delibera.
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Il convenuto eccepiva la carenza della propria legittimazione passiva rilevando di aver agito in qualità di amministratore del condominio e di essere stato espressamente autorizzato dall’assemblea con delibera alla rimozione dei manufatti in questione
La domanda della condomina è stata accolta. Il Tribunale ha respinto l’eccezione sollevata dal convenuto di carenza della propria legittimazione passiva; secondo lo stesso giudice non ha alcuna rilevanza giuridica la tesi del convenuto secondo cui avrebbe agito in veste di amministratore e dietro autorizzazione dalla assemblea dei condomini. Lo stesso giudice ha evidenziato che la condotta materiale tenuta dall’ex amministratore, pacificamente da questo ammessa, esula dall’espletamento delle mansioni e dall’ambito dell’incarico di amministratore condominiale e/o dallo specifico incarico che gli è stato conferito dal condominio con la delibera adottata in assemblea (poi annullata con sentenza).
La condotta dell’ex amministratore che, anziché rivolgersi al Giudice per esercitare i pretesi diritti del condominio, è ricorso alla violenza sulle cose di proprietà esclusiva di uno dei condomini danneggiandole non può che comportare una sua esclusiva e personale responsabilità, con conseguente imputazione diretta ed esclusiva dell’obbligo di risarcire i danni procurati alla condomina.
Il Tribunale ha condannato l’ex amministratore a risarcire alla condomina i danni materiali e il danno non patrimoniale, sia pur limitato al solo danno morale c.d. soggettivo (Trib. Brindisi 13 luglio 2022 n. 1105). È stata invece esclusa la responsabilità del condominio ex articolo 2049 c.c., per il sol fatto di aver autorizzato l’amministratore ad intervenire per la rimozione e la pulizia di detta parte comune, non avendolo di certo incaricato di assolvere il compito usando violenza sulle cose, danneggiandole.
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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Immagine: iStock/wenjin chen
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