Il Superbonus può convivere con le difformità, ma non senza problemi riflessi

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Superbonus e difformità edilizie, sul tema abbiamo intervistato l’Arch. Marco Campagna, architetto libero professionista, autore di volumi Maggioli Editore (la compravendita immobiliare: una guida per professionisti e non e il manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di Due Diligence immobiliari) ed esperto di urbanistica applicata agli interventi edilizi che ha maturato esperienza sia svolgendo pratiche in prima persona, sia operando come consulente o come perito, sia per conto di privati che per società, eseguendo parallelamente progettazioni e direzioni lavori per diversi interventi di recupero e di valorizzazione immobiliare.

L’intento dell’intervista è stato quello di riassumere un tema complesso in poche righe cercando di fare luce sul rapporto abusi edilizi – Superbonus e come committenti e tecnici devono muoversi davanti a casi di difformità edilizia nel caso volessero intraprendere il percorso verso il Superbonus.

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Vediamo nel dettaglio.

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1. Quali abusi bloccano il Superbonus?

Da un punto di vista strettamente linguistico, grazie al contenuto del comma 13 ter dell’art. 119 D.L. 34/2020, non ci sono difformità edilizie che possono far decadere i benefici del superbonus: è “sufficiente”, difatti, ai fini della CILA-S, che l’edificio sia stato edificato in data antecedente al 1 settembre del 1967 e/o che venga indicato il riferimento all’originario titolo abilitativo che ne ha consentito la costruzione, con espresso esonero dal dover attestare la legittimità urbanistica dello stato edilizio su cui si effettua l’intervento.

Dunque, finché le opere di superbonus rimangono nello stretto ambito di competenza dello stesso comma 13 ter, ovvero “gli interventi di cui al presente articolo (119, ndr), anche qualora riguardino le parti strutturali degli edifici o i prospetti”, nessuna difformità esistente su un edificio che ha una sua originaria legittimità può impedire il beneficio fiscale.

Circostanze gravissime che possono bloccare il bonus è quando l’edificio è stato edificato in modo completamente abusivo in data successiva al 1 settembre 1967 e, quindi, non esiste alcun titolo abiliativo da poter citare nella CILA-S.

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2. Superbonus e difformità possono convivere?

Il Superbonus può convivere con le difformità ma non senza problemi riflessi. Da una parte, la norma espressamente consente l’esecuzione delle opere correlate al Superbonus anche senza dover dichiarare la legittimità dello stato urbanistico su cui si interviene ma, dall’altra, vi è il problema incombente dell’agibilità: da un lato, in talune fattispecie puntualmente indicate dalla norma è possibile evitare di depositare l’agibilità alla conclusione dei lavori di superbonus ma, dall’altra, vi sono delle casistiche escluse dalla semplificazione, in cui permane l’obbligo di dover procedere con l’agibiltà.

I casi in cui è espressamente escluso l’obbligo di dover provvedere all’agibilità sono descritti al comma 13-quinques dell’art. 119 DL 34/2020, dove viene stabilito che se le opere sono da ricondurre alla fattispecie della “manutenzione ordinaria” secondo la disciplina tecnica ordinaria, allora si può omettere il deposito dell’agibilità a fine lavori.

Resta dunque implicitamente inteso che in tutti i casi in cui le opere, viste con gli occhi della norma ordinaria, ricadono in definizioni diverse dalla manutenzione ordinaria, allora permane l’obbligo di dover attestare l’agibilità a fine lavori e, in quella sede, non è possibile non confrontarsi con lo stato urbanistico, il quale deve essere legittimo a pena di inefficacia della dichiarazione di agibilità.

Diverso può essere il tema dal punto di vista della demolizione e ricostruzione, ma qui il discorso è radicalmente diverso in quanto in una demolizione, scompaiono anche gli abusi (e, se preesistenti, non devono essere riproposti nella nuova costruzione), poiché in tale fattispecie di intervento non si può utilizzare la CILA-S e, quindi, non si ha l’esonero dalla dichiarazione dello stato legittimo.

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3. Abuso edilizio di un condomino, ci rimettono tutti?

Agli stretti fini procedurali, eventuali difformità puntuali in un fabbricato condominiale non necessariamente impediscono di mettere in cantiere le opere di Superbonus: non è tuttavia escludibile, però, che il comune possa attivare delle procedure repressive di difformità di cui si possa avere evidenza nella rappresentazione grafica dei lavori da svolgere (ad esempio, un balcone chiuso a veranda: agli occhi di un tecnico non è un dettaglio che può sfuggire nell’analizzare un grafico) e, dunque, fermare i lavori.

L’inibizione dovrebbe essere circoscritta alle sole porzioni rilevate come difformi, ma su questo in effetti la normativa generale non aiuta molto a comprendere quale sia la reale estensione delle azioni che il comune può intraprendere dunque il rischio che una singola difformità possa riverberarsi sull’intero intervento condominiale può non essere nullo, ma molto dipende dalla procedura che, nel caso, verrà avviata.

Vi sono, tuttavia, dei casi (di cui al comma 13-quinques art. 119 DL 34/2020) in cui è possibile depositare la CILA-S anche senza deposito degli elaborati progettuali: in tal caso, il comune non potrebbe avere evidenza di eventuali abusi e quindi non avrebbe l’obbligo di dover procedere alla relativa repressione (si ricorda difatti che la repressione degli abusi edilizi per il comune è un obbligo procedurale, ma solo nel momento in cui ne ha effettiva evidenza).

Un’attenzione diversa va posta, invece, nel caso in cui le difformità affliggano le parti comuni del fabbricato condominiale, poiché qui va posta attenzione specifica al tema dell’agibilità, laddove si ricada nelle fattispecie di non esclusione della norma.

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Foto:iStock.com/steve-goacher

Redazione Tecnica

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