Per dimostrare lo stato legittimo di un immobile realizzato prima del 1967 occorrono elementi precisi, gravi e concordanti. Deve produrli il proprietario facendo riferimento alla documentazione elencata dalla legge (catasto rilevazioni fotografiche, ecc.), mentre non basta un verbale generico o una perizia di parte per ribaltare l’onere della prova sull’amministrazione comunale.
A ribadire questo orientamento una recentissima sentenza del Consiglio di Stato, la n.7569, pubblicata il 26 settembre scorso, che conferma la validità di precedenti pronunce in materia da parte della giustizia amministrativa. E non ci sono scorciatoie da questo punto di vista: non ci si può appellare alla partecipazione a procedure comunali di riconversione di immobili rurali per evitare l’ordine di demolizione, a maggior ragione se sono stati commessi abusi successivamente.
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Lo stato legittimo degli Immobili – Ebook
IL TESTO È AGGIORNATO CON LA RECENTISSIMA GIURISPRUDENZA DOPO IL SALVA CASA LE LINEE DI INDIRIZZO E CRITERI INTERPRETATIVI Il concetto di stato legittimo degli immobili è un pilastro della disciplina urbanistico-edilizia, ma le sue implicazioni normative hanno spesso sollevato dubbi interpretativi e difficoltà applicative. Con la recente legge 105/2024, nota come Salva Casa, il quadro normativo ha subito rilevanti modifiche volte a semplificare la verifica della legittimità edilizia, ma che al contempo necessitano di una chiara lettura per evitare fraintendimenti e incertezze.Grazie al rigore tecnico e all’approccio pratico, “Lo Stato Legittimo degli Immobili dopo il Salva Casa” si configura come una guida operativa di riferimento, fondamentale per la corretta interpretazione e applicazione delle nuove norme. L’opera si rivolge agli ingegneri, architetti, geometri e avvocati che operano nel settore edilizio e urbanistico, ai funzionari e amministratori delle PP.AA: chiamati a gestire il riconoscimento dello stato legittimo degli immobili e a chiunque voglia comprendere il nuovo assetto normativo e prevenire errori e contestazioni in materia di conformità edilizia.Tra i contenuti dell’eBook si segnalano in particolare.- Quadro normativo e giurisprudenziale aggiornato: un’analisi dettagliata delle norme in vigore, dalle prime regolamentazioni urbanistiche fino alle recenti modifiche introdotte dal Salva Casa.- Tre casistiche fondamentali: immobili realizzati con titolo abilitativo, immobili edificati in epoca in cui non era richiesto e quelli di cui non siano disponibili gli estremi o la copia del titolo edilizio.- Effetti delle nuove disposizioni: l’impatto delle fiscalizzazioni sugli abusi edilizi, il riconoscimento delle tolleranze costruttive e il consolidamento giuridico dei titoli edilizi.- Stato legittimo nelle unità immobiliari e parti comuni: una sezione dedicata alle implicazioni per condomini e singole proprietà, utile per tecnici, amministratori e operatori immobiliari. Claudio BelcariGià dirigente comunale, è docente presso Università, ANCI, ordini e collegi professionali per le tematiche tecnico-giuridiche in ambito urbanistico, edilizio e paesaggistico. Autore di libri, pubblicazioni e consulente per primarie amministrazioni locali.
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Solo prove certe e documentali
L’attuale comma 1-bis dell’articolo 9-bis del DPR 380/2001 prevede che lo stato legittimo per gli immobili realizzati in epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio è desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto o da altri documenti probanti: riprese fotografiche, estratti cartografici, documenti d’archivio, altro atto pubblico o privato di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per il Consiglio di Stato non può però mancare del tutto uno di questi elementi per attestare la legittimità del manufatto, e non possono essere richiamati atti amministrativi di altro tipo per giustificare la liceità della costruzione e dei successivi interventi effettuati.
Da monolocale a officina senza autorizzazioni
Il caso affrontato nella sentenza riguarda un capannone adibito a officina meccanica e un piazzale in terra battuta rialzato rispetto al piano di campagna, realizzati in area agricola sottoposta a vincolo paesaggistico. Il Comune aveva ordinato la demolizione perché l’immobile risultava privo di titolo edilizio e nulla osta paesaggistico. Il proprietario contestava l’ordine sostenendo che parte del manufatto fosse stato realizzato nel 1964, quando non era vigente l’obbligo di licenza edilizia.
A comprova produceva un verbale della polizia municipale del 1978 che faceva generico riferimento a opere realizzate prima della legge 765/1967. Sosteneva inoltre che la restante parte fosse stata legittimata da un’autorizzazione sindacale del 2001 mai annullata in autotutela, alla quale aveva fatto riferimento nelle domande di partecipazione ai bandi comunali per la riconversione di immobili rurali.
Il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo insufficienti le prove fornite. Il proprietario proponeva quindi appello al Consiglio di Stato.
Semplificazioni sì, ma nel solco della legge
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello confermando integralmente la sentenza di primo grado. La pronuncia si concentra su due profili: l’insufficienza delle prove sulla preesistenza e la totale difformità dell’esistente rispetto all’originario.
Per prima cosa le mappe storiche prodotte dal ricorrente vengono considerate insufficienti in quanto costituite da mere elaborazioni grafiche di parte, non da documentazione oggettiva. Inoltre il verbale della polizia municipale del 1978 conteneva un riferimento generico a un manufatto risalente al 1964, senza peraltro portare prove specifiche a sostegno di questa tesi. Si trattava comunque di un locale per abitazione delle dimensioni di 9 x 4,50 metri, ora adibito a magazzino e uffici, che dalle verifiche effettuate nel 2021, risulta essere stato inglobato in un complesso edilizio più ampio ottenuto mediante ulteriori costruzioni in aderenza, il che ha portato a un fabbricato completamente diverso per consistenza, caratteristiche e destinazione d’uso. Di qui l’ordine di demolizione.
Quindi, sottolinea il Consiglio di Stato, posto che chi invoca la legittimità di un manufatto ante 1967 deve fornire elementi precisi, gravi e concordanti, qualsiasi intervento di ampliamento, sopraelevazione o cambio di destinazione d’uso realizzato senza titolo azzera lo stato legittimo e attesta la correttezza dell’ordine di demolizione.
Niente scorciatoie per sanare gli abusi
Il Consiglio di Stato chiarisce poi che in situazioni come quella descritta non si può invocare la necessità di istruttoria testimoniale, dato che ci sono prove documentali sufficienti a dimostrare l’abusività del manufatto nella sua consistenza attuale. L’inversione dell’onere della prova, con responsabilità a carico del Comune, opera solo in situazioni di obiettiva difficoltà ricostruttiva, non quando gli elementi disponibili consentono già di accertare le trasformazioni successive.
In sostanza, la semplificazione prevista dalle norme non può tradursi in una sanatoria implicita di difformità mai accertate, e solo se il proprietario è in grado di produrre la documentazione richiesta dalla legge questa deve essere valutate dall’amministrazione prima di emanare l’ordine di demolizione per il manufatto ritenuto abusivo.
Da questo punto di vista, invece, non ha rilevanza alcuna la domanda di partecipazione a diversi bandi comunali per la riconversione di immobili agricoli a destinazione produttiva, dal momento che i bandi in questione avevano finalità di sostegno al tessuto socio-economico delle procedure in questione, nello specifico di tutela delle attività produttive in area agricola, il che non vale evidentemente a sanare eventuali irregolarità dal punto di vista urbanistico-edilizio.
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