Dopo otto anni di paralisi, finalmente qualcosa sembra muoversi per la bonifica del sito inquinato di interesse nazionale di Trieste. Ad annunciare lo sblocco delle operazioni è stato il Ministro dell’ambiente, Corrado Clini, durante il tavolo di lavoro di sabato scorso proprio nella città giuliana.
Grazie alle norme contenute nel decreto sulle liberalizzazioni, infatti, sarà possibile sbloccare la situazione di stallo dei SIN di Trieste attraverso le riperimetrazioni delle aree e i nuovi criteri. In particolare, il decreto introduce una norma per la quale “è sufficiente la messa in sicurezza per la deindustrializzazione”. A tale proposito si rimanda all’articolo di Roberta Lazzari, pubblicato sul sito Ingegneri.cc, dal titolo Siti di Interesse Nazionale: qualcosa si muove con il decreto liberalizzazioni.
Decisamente rapidi i tempi di intervento esposti da Clini. Già entro il 20 aprile 2012, infatti, sarà definito il piano d’azione e di caratterizzazione, mentre entro la fine di gennaio del prossimo anno si dovrebbero avere “i primi risultati, che sono destinati a restituire a usi abitativi, commerciali e industriali gran parte del Sito”.
Sul fronte del finanziamento necessario alla riqualificazione, Clini ha garantito che ci sarà bisogno di “risorse molto meno ingenti rispetto a quanto immaginato in passato”. Il prossimo 12 marzo, a Trieste, è in programma una conferenza dei servizi connessa al piano per il Sito.
Ricordiamo che allo stato attuale sono 57 gli interventi in programma di bonifica e risanamento ambientale dei siti inquinati di rilevanza nazionale (i c.d. SIN). Complessivamente si tratta di un’estensione di territorio di circa 500.000 ettari di aree a terra e circa 90.000 ettari di mare.
Elenco delle principali aree SIN da bonificare
Trentino Alto Adige
Trento nord: piombo tetraetile per benzina rossa (cancerogeno)
Friuli Venezia Giulia
Trieste: raffineria Aquila (primi del Novecento)
Lombardia
Brescia: industrie Caffaro (diossina)
Milano Bovisa: gasometri di carbon coke
Broni (Pavia): amianto
Sesto San Giovanni: siderurgia
Pioltello Rodano: ex Sisas (acetilene e derivati)
Laghi di Mantova: polo chimico Eni ex Montedison
Cerro al Lambro: impianto abbandonato di chimica militare (gas nervini)
Veneto
Marghera: polo industriale
Piemonte
Balangero (Torino): miniera di amianto e discarica di altri tossici nocivi
Casale Monferrato: amianto
Pieve Vergonte (Val d’Ossola): vecchia chimica
Liguria
Cengio (Savona): ex Acna (industrie chimiche)
Pitelli (La Spezia): discarica rifiuti a ridosso dell’arsenale della marina militare
Cogoleto: stabilimento Stoppani (cromo esavalente per la concia delle pelli)
Toscana
Piombino: siderugia
Massa e Carrara: siderurgia e amianto
Livorno: raffineria Eni
Marche
Falconara marittima: raffineria Api
Campania
Napoli orientale: ex raffineria Mobil
Napoli Bagnoli: acciaieria dismessa e stabilimento Eternit
Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano: cimitero di rifiuti della camorra
Pianura (Napoli): discarica
Bacino del fiume Sarno: inquinamento da concerie
Puglia
Bari: amianto Fibronit (concorrente Eternit)
Brindisi: petrolchimico e 2 centrali elettriche a carbone
Manfredonia: polo chimico
Taranto: acciaieria Ilva e raffineria Eni
Sicilia
Gela: petrolchimico Eni
Milazzo: raffinerie Q8
Priolo: petrolchimico Eni-ex Esso–Isab-Lukoil
Sardegna
Sulcis: polo di alluminio a Portovesme
La Maddalena: base Usa con sommergibili atomici
Porto Torres: polo chimico (Eni e altri)
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