Ai privati è concessa la facoltà di richiedere verifiche il cui esercizio compete all’amministrazione nel termine di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza della Scia (segnalazione certificata di inizio attività). Questo è il periodo di tempo ritenuto idoneo a garantire la certezza degli effetti del titolo edilizio prodotti a tutela sia dell’interesse pubblico che di quelli privati e riconosciuto dal Tar al proprietario di un edificio per poter contestare i lavori eseguiti dal vicino iniziati previa presentazione della Scia. Va ricordato però che in merito alla questione, il giudizio non è uniforme.
Scia, la vicenda oggetto della controversia
Il proprietario di un immobile aveva chiesto al proprio Comune nel luglio 2017, senza ottenere risposte, di procedere alla verifica della legittimità degli interventi che erano in corso di esecuzione su un immobile contiguo, per la costruzione di una mansarda. Lavori che erano iniziati dopo aver presentato una Dia nel febbraio 2009.
Il ricorrente si era avvalso della facoltà prevista dall’ex art. 19, comma 6-ter della legge 241/1990, secondo cui la Scia e la Dia non rappresentano “provvedimenti taciti direttamente impugnabili” e gli interessati hanno la facoltà di richiedere le verifiche di competenza dell’amministrazione locale e, nel caso non vengano eseguite, di “esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, comma 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.
Secondo la tesi del ricorrente erano state violate delle normative tra cui quella antisismica, quelle igienico sanitarie e quella urbanistica, in particolare l’art. 874 del codice civile avente per oggetto la comunione forzosa del muro. Sulla base di queste motivazioni il ricorrente, ovvero il vicino dell’esecutore dei lavori, aveva presentato ricorso al Tar al fine di ottenere il controllo e dichiarare l’illegittimità del silenzio tenuto dall’amministrazione comunale che era stata contattata, facendo sì che la stessa fosse espressamente intimata a provvedere alle verifiche medesime.
Dall’altra parte l’amministrazione aveva replicato che il ricorso era stato presentato in ritardo, dimostrando che il ricorrente era già a conoscenza della Scia nel 2012 quando aveva interpellato il Tribunale civile e nell’anno seguente anche l’Asl.
Scia, Tar riconosce 60 giorni dalla conoscenza della Scia
Il Tar ha sentenziato che il termine generale entro il quale l’interessato può chiedere all’amministrazione di effettuare le verifiche è di 60 giorni calcolati a decorrere dalla data in cui è venuto a conoscenza della Scia, poiché tale termine garantisce “nell’ambito dell’azione amministrativa il principio di certezza della stabilità degli effetti prodotti a tutela dell’interesse pubblico e di quelli privati a esso correlati”. Pur non essendo questo termine espressamente previsto dal sopracitato art. 19, comma 6-ter, viene considerato applicabile, in funzione del fatto che la Scia rappresenta un atto privato e non invece un provvedimento amministrativo e pertanto non impugnabile e anche del fatto che non sussiste alcun obbligo giuridico per l’amministrazione di esprimersi su un’istanza diretta a sollecitare l’esercizio di autotutela. La norma invocata dal ricorrente si riferisce, viceversa, all’esercizio delle verifiche che competono all’amministrazione e non anche a quelle relative all’esercizio di autotutela. Pertanto il termine di sessanta giorni, cui fa riferimento il Tar, è semplicemente il termine decadenziale di base, riconosciuto quando ci si deve attivare giudizialmente avanti al giudice amministrativo. E nel caso in oggetto tale termine è di gran lunga superato e quindi la pretesa vantata dal ricorrente è decaduta, per questo il Tribunale si è pronunciato sul ricorso respingendolo.
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Scia, orientamenti diversi a livello giurisprudenziale
A questo orientamento giurisprudenziale al quale si è rifatto il Tar, è opposto quello che prevede che una persona danneggiata dalla Scia può rivolgersi in qualsiasi momento all’amministrazione, facendo riferimento al significato letterale del suddetto comma 3-bis dell’articolo 19 della legge 241/1990, nel quale non viene riportato nessun termine per effettuare le verifiche da parte dell’amministrazione e inoltre l’intervento che prevede solo di essere preceduto da Scia, non porta alla formazione di alcun provvedimento amministrativo. L’ordinanza n. 667 dell’11 maggio 2017 del Tar Toscana che ha sottoposto all’esame della Consulta la norma in oggetto, precisamente con riferimento alla “parte in cui non prevede un termine per la sollecitazione da parte del terzo delle verifiche sulla Scia per contrasto con gli artt. 3, 11, 97, 117, comma 1” e mettendo in evidenza che la facoltà di presentare istanza di sollecitazione sine die si scontra con il principio generale di certezza che riguarda i rapporti tra Pubblica Amministrazione e privato cittadino, dovrebbe sciogliere i dubbi e apportare chiarezza.
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