La recente sentenza del Tar Catania, 2446/2020, offre diversi spunti di interesse riguardanti i roof garden.
Nello specifico, il comune di Catania ha giudicato abusivo il roof garden di un ristorante in quanto falsa pertinenza edilizia assentita con SCIA quando era necessario il permesso di costruire.
Il problema sorge spesso dal fraintendimento tra la pertinenza edilizia e quella civilistica, in relazione, anche, al calcolo del 20 % del volume globale.
Vediamo i dettagli.
Roof garden, rischio di false pertinenze con SCIA e CILA
Il roof garden in questione è una struttura con una superficie di circa 300 mq, realizzata con montanti e travi in acciaio. Il roof garden, inoltre, è delimitato per tutto il perimetro da panelli di alluminio pre-verniciato, chiusi, fino ad un’altezza di 1,20 mt, con masonite dal lato esterno e cartongesso dal lato interno. La porzione superiore delle strutture in alluminio risulta aperta lungo tutto il perimetro e nella stessa sono state montate alcune porte che permettono l’accesso nella restante terrazza.
I montanti in acciaio, posizionati lungo l’asse centrale della struttura, sono stati rivestiti anch’essi in cartongesso.
La copertura della struttura, in fine, è stata realizzata, esternamente, in materiale plastico e internamente in cartongesso, nel quale sono stati installati corpi illuminati e un sistema di aereazione. Il piano di calpestio della struttura è stato pavimentato con mattonelle da interni.
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Il comune di Catania, quindi, stando alle caratteristiche della struttura, e la mancanza di regolare permesso di costruire, ne ordina la demolizione.
Il ricorrente si oppone asserendo che:
– la classificazione della tipologia dell’intervento edilizio costituente il “roof garden” è già disposta dal legislatore, nell’allegato B, dell’allegato 2 del dpr 31/2017 laddove tra gli “interventi di lieve entità”, prevede al punto B.26 “verande e strutture in genere poste all’esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi, funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero; inoltre, l’art. 4 del citato D.P.R. 31/2017 esonera gli interventi di cui alla voce “..B.26..” dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica;
– il roof garden sarebbe, inoltre, una struttura pertinenziale ai sensi dell’art. 3 del dpr 380/2001 che non comporta la realizzazione di un volume superiore al 20%, dato che la struttura alberghiera ha una volumetria fuori terra, come attestato dai titoli edilizi, di mc 12.546,23, mentre il “roof garden”, computando una altezza media di 2,70 mt ed una estensione di 268,65 mq, avrebbe un volume di mc 725, di gran lunga inferiore al 20% di quello dell’edificio alberghiero.
Il roof garden, quindi, non sarebbe assoggettato al permesso di costruire in quanto non costituirebbe una nuova costruzione. Rientrando, di conseguenza, tra le opere edilizie c.d. minori e pertinenziali.
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La sentenza sul roof garden
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Un roof garden di 300 mt non è una pertinenza, il responso dei giudici amministrativi. Nella fattispecie non si tratterebbe di “intervento di lieve entità” di cui al punto B.26 dell’Allegato B al dpr 31/2017, in quanto, il titolo abilitativo edilizio e il titolo paesaggistico sono distinti e tra loro autonomi. Non esiste, inoltre, alcuna correlazione automatica tra gli interventi edilizi liberi disciplinati dalla normativa edilizia e gli interventi assoggettati al procedimento semplificato in ambito paesaggistico disciplinato dal summenzionato dpr.
La norma invocata da parte ricorrente, in fine, è entrata in vigore successivamente alla realizzazione delle opere e quindi non è applicabile, ratione temporis, caso in esame.
Esistono inoltre, due ulteriori elementi a rafforzare la sentenza:
– la dubbia indicazione della percentuale del volume che sembra calcolato in rapporto al totale dell’intera struttura alberghiera e non solo con riferimento all’edificio.
– L’art. 3, comma 1, lett. e.6) del dpr 380/2001 include tra le nuove costruzioni, soggette a permesso di costruire, “gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”.
Nella fattispecie, la sentenza 2446/2020 del Tar Catania ha dato ragione al comune: la struttura, infatti, risulta priva dei requisiti di precarietà e facile amovibilità richiesta dall’art. 20 della legge regionale 4/2003 chiamata in causa dal ricorrente, trattandosi di struttura realizzata con montanti e travi in acciaio, con pannelli in cartongesso e presenza di corpi illuminati e un sistema di aereazione che rendono un locale unico il roof garden e l’adiacente locale.
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