Tra le potenzialità dei nuovi sistemi di rinforzo FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), nell’ambito degli interventi locali trova applicazione una nuova modalità di costruire il cordolo sommitale, denominato in muratura lamellare.
Senza tralasciare le tradizionali soluzioni in c.a., muratura armata o acciaio, sempre valide in determinati contesti edilizi, la soluzione innovativa dei sistemi FRCM permette di costruire cordoli meglio inglobati nel tessuto murario con tecniche più speditive senza creare disequilibri nelle rigidezze tra cordolo e parete sottostante.
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Ricordiamo che il cordolo di copertura svolge un ruolo fondamentale nel raggiungimento di un perfetto comportamento scatolare, costituendosi come vincolo sommitale per il contrasto dei cinematismi fuori dal piano delle pareti (Fig. 1). Pertanto, nel caso di rifacimento completo della struttura di copertura, si suggerisce sempre l’introduzione di una legatura sommitale, quando ovviamente questo sia possibile nel rispetto dei principi di conservazione del manufatto storico.
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Da dove nasce il cordolo in muratura lamellare?
Per superare i tradizionali problemi di rigidezza dei cordoli in c.a., spesso non vincolati verticalmente alla parete sottostante favorendone il ribaltamento o l’espulsione in caso di sisma, da anni è stata introdotta una variante più compatibile con la muratura, ossia il cordolo in muratura armata. (Fig. 2).
Esso, a differenza di quelli in c.a., riesce a distribuire in modo più uniforme i carichi del tetto alla parete sottostante poiché costituito della stessa tessitura, oltre ad essere armato con una gabbia simile a quella del cordolo in c.a. Tuttavia tale tecnica può essere di realizzazione laboriosa per quanto riguarda l’inserimento dell’armatura.
Nasce allora la variante in muratura lamellare grazie all’utilizzo dei nuovi sistemi compositi FRCM.
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Come si costruisce un cordolo in muratura lamellare?
Il principio del cordolo lamellare è similare a quello in muratura armata: costruire una legatura sommitale con tessitura compatibile a quella della parete muraria sottostante, per armonizzare e distribuire meglio i carichi verticali e far lavorare al meglio la stessa parete.
Dovendo contrastare anche sollecitazioni di flessione a seguito dell’azione sismica ortogonale alla parete, e di trazione derivante dalla flessione, il cordolo sommitale va comunque armato conseguentemente.
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Qui entra in campo l’innovativa tecnologia dei compositi FRCM, ed in particolare l’utilizzo delle fasce con trefoli in acciaio a elevata resistenza per armare gli ultimi giunti sommitali della parete (Fig.3a). L’esecuzione risulta sicuramente più veloce e speditiva, ed il risultato analogo a quello raggiunto dal cordolo in muratura armata in termini di maggiore compatibilità ed efficacia strutturale.
Le fasce in trefoli d’acciaio potranno essere stese anche per tutta la larghezza della parete (Fig. 3b). La resistenza a trazione del cordolo può essere messa in conto nella verifica dei meccanismi locali di collasso a condizione che, in corrispondenza degli incroci o degli angoli fra le pareti, venga osservata una sovrapposizione del tessuto di rinforzo pari a tutto lo spessore del cordolo e comunque non inferiore a 300 mm (Fig. 3c).
Qualora necessario, si può legare meglio il cordolo alla parete sottostante mediante inghisaggi di barre in materiale composito (Fig. 4).
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Normativa tecnica di riferimento
Il dimensionamento dei sistemi FRCM deve avvenire secondo la specifica norma tecnica CNR DT 215/2018 «Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo di Interventi di Consolidamento Statico mediante l’utilizzo di Compositi Fibrorinforzati a Matrice Inorganica».
Così come l’utilizzo deve essere sottoposto a procedure di accettazione, validazione e prove di cantiere come meglio descritto nelle LG CSLP 08/01/2019 «Linee guida per la identificazione, la qualificazione ed il controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice inorganica (FRCM) da utilizzarsi per il consolidamento strutturale di costruzioni esistenti», dove sono descritte anche le procedure di qualificazione per l’emissione delle obbligatore Certificazioni di Valutazione Tecnica (CVT) da parte del produttore, senza le quali i materiali non possono essere utilizzati.
Immagine di copertina per gentile concessione dell’Ing. Stefano Agnetti di KIMIA S.p.A.
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