Il concetto di rudere è chiaro all’immaginario comune e nel buon senso chiunque vi dirà che si tratta di un manufatto fatiscente che non è abitabile e, raramente, riesce a rimanere in piedi, in quanto ne è rimasta una sola parte.
Sarebbe opportuno che il regolamento edilizio del luogo, per evitare contenzioso o fraintendimenti, desse la nozione corretta di rudere e delle dimensioni che lo stesso deve avere perché si possa parlare di ricostruzione piuttosto che di nuova costruzione.
Per esempio il Comune di Bologna dispone che si possa parlare di ristrutturazione edilizia nel caso in cui si tratti di “ricostruzione di edifici esistenti in stato di rudere, ossia dei quali sussista almeno il 50% delle strutture perimetrali esterne e un elemento della copertura che permetta di individuare l’altezza dell’edificio.“
Infatti dobbiamo considerare che, sul territorio, una parte di un rudere, di esigua entità, non è pari ad un volume ricostruito sulla falsariga del volume che ERA rappresentato dall’edificio che è rimasto in piccola parte.
Pertanto non sarebbe neppure corretto considerare una ricostruzione quella della casa edificata su un pezzo di rudere che era, un tempo, un volume.
Per evitare contenzioso, come si è detto, visto che gli interventi di nuova costruzione e di ricostruzione sono diversi tra loro, per definizione di legge (si veda l’articolo 3 del DPR 380/2001) e, talvolta, se la regione abbia una propria normativa, possono afferire a titoli diversi: il permesso di costruire la prima e il titolo autodichiarato la seconda, è bene distinguere nettamente le due fattispecie.
Premesso questo va detto che se il rudere sia esistente si può parlare di un intervento eseguito sull’esistente, per cui si può, ragionevolmente, dire che si tratti di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria ove sia esistente una opera o una parte di essa.
Quando sia stata demolito un manufatto e si debba operare ex novo un intervento sul territorio non è ammissibile parlare di ristrutturazione ma di nuova costruzione.
Con la i giudici amministrativi hanno dichiarato: “Una ristrutturazione edilizia, e maggior ragione una manutenzione straordinaria, postulano necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare – ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura -, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie vigenti al momento della riedificazione”.
D’altronde, nemmeno logicamente, si potrebbe sostenere un intervento di rifacimento (ristrutturazione) di qualcosa che non c’è più: la norma edilizia disciplina gli interventi (come costruire) sul territorio e se il territorio è libero l’intervento è di nuova costruzione; se non è libero si valuta, di volta in volta come si intervenga sull’esistente. Non si può parlare di volumi del passato o sul volumi a futura memoria.
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