Il percorso per la revisione del catasto fabbricati, iniziato con la legge sulla delega fiscale e proseguita con la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo dei decreti attuativi sull’istituzione delle commissioni censuarie, ha incontrato un ostacolo ed è ormai certa la necessità di una proroga.
Ma quali sono i motivi che hanno portato a questo impasse? E, soprattutto, quali possono essere le vie percorribili alternative, per evitare che l’attuazione della riforma non si trasformi una inutile ed estenuante Fatica di Sisifo?
Ne abbiamo parlato con Mirco Mion, presidente AGEFIS, l’associazione dei geometri fiscalisti italiani da lungo tempo impegnata a collaborare con gli organi parlamentari per la realizzazione della revisione del catasto.
Ma l’incontro con Mion è stata anche l’occasione per parlare di un altro argomento molto caldo e al centro delle polemiche di questi giorni. Ci stiamo riferendo alla questione dello spot governativo sulle semplificazioni fiscali dello Sblocca Italia, che prevede l’assunzione da parte dei Comuni delle pratiche di accatastamento e di variazione catastali a seguito di interventi di ristrutturazione.
Sul tema si è recentemente espresso anche il presidente di Conferdetecnica, Calogero Lo Castro, che ha denunciato la questione (leggi in proposito la nostra intervista esclusiva a Lo Castro)
Mauro Ferrarini. Riforma del Catasto in ritardo: ci spiega come mai si dovrà ricorrere a una proroga per portare avanti la riforma?
Mirco Mion. Ad oggi l’unico decreto in materia di revisione del Catasto ad essere stato pubblicato è quello recante composizione, attribuzioni e funzionamento delle Commissioni Censuarie, che è entrato in vigore il 28 gennaio scorso. Appare subito evidente come risulti materialmente impossibile l’approvazione del secondo decreto, quello delicatissimo sulle cosiddette “funzioni statistiche” entro il termine di delega, fissato al 26 marzo.
Mauro Ferrarini. E perché?
Mirco Mion. Il decreto potrebbe, presumibilmente, essere trasmesso dopo il 20 febbraio alle Commissioni parlamentari, che hanno a disposizione 30 giorni dalla data di trasmissione degli schemi per esprimere il proprio parere: non ci sarebbe quindi il tempo per il secondo passaggio, e il Governo si vedrebbe costretto a recepire tutte le osservazioni presentate dalle Commissioni. Una proroga appare inevitabile,
Mauro Ferrarini. I ritardi sono imputabili solo a motivi di intasamento dei lavori parlamentari o esistono delle divergenze di qualche tipo su come affrontare la questione della determinazione delle nuove rendite?
Mirco Mion. La ragione di questo ritardo non è da ricercarsi esclusivamente nei conosciuti tempi lunghi dei lavori parlamentari.
Il decreto sulle “funzioni statistiche”, gli algoritmi che serviranno a calcolare le rendite catastali, è infatti particolarmente delicato, dal momento che proprio sulle rendite catastali vengono calcolate le imposte immobiliari. La bozza del decreto, all’esame del Ministero delle Finanze, presenta però degli aspetti che hanno suscitato non poche perplessità: in particolare, l’algoritmo dovrà essere elaborato a partire dai prezzi reali degli immobili delle diverse aree territoriali. Questi prezzi si dovrebbero desumere in base alle compravendite, che però, a causa della persistente crisi del mercato immobiliare, sono da anni in forte calo, tanto che in più di cinquemila comuni sono state addirittura meno di 100. La soluzione prospettata dall’Agenzia delle Entrate è di ampliare le microzone, fino a coprire aree più ampie, ma così facendo le funzioni statistiche rischiano di essere assai poco attendibili e non aderenti alla realtà, vanificando così lo scopo dell’intera riforma.
Mauro Ferrarini. Chiarissimo. E allora cosa suggerisce di fare? Qual è la posizione di AGEFIS?
Mirco Mion. La posizione di AGEFIS in merito è molto chiara: dal momento che i prezzi-campione desunti su aree molto ampie e con caratteristiche diversissime risulterebbero, quanto meno, poco significativi, la soluzione più immediata e ovvia sarebbe quella di intraprendere rilevazioni dirette “sul campo”, ad opera di professionisti preparati come i geometri, per accertare e definire le caratteristiche dei singoli immobili. E per incentivare i proprietari a sostenere le spese necessarie per i rilievi, e quindi l’aggiornamento dei dati catastali dei propri immobili, sarebbe sufficiente l’introduzione di una detrazione fiscale.
Inoltre, sarà decisiva la fase prodromica alla stesura del testo del decreto attuativo, fase nella quale è, a mio avviso, imprescindibile assicurare una “voce” ai professionisti del settore fiscale e tecnico. Auspico che siano coinvolti, così come lo sono state le associazioni della proprietà immobiliare, anche i professionisti tecnico-fiscali nella concertazione con l’Agenzia delle Entrate e con il MEF: questo per assicurare un percorso spedito e condiviso al decreto.
Mauro Ferrarini. Accatastamento selvaggio … o meglio: ai Comuni. Con lo Sblocca Italia è arrivata questa norma che è diventata la pietra dello scandalo. Alcuni già dicono che la reazione dei liberi professionisti contro la norma è un’ennesima dimostrazione della esistenza delle “caste”. Cosa ribatte a questa accusa? Secondo lei si arriverà davvero all’accatastamento automatico da parte dei Comuni o la norma verrà rivista?
Mirco Mion. Ritengo sia limitativo associare la più che legittima reazione critica dei professionisti all’esistenza di “caste”. Le novità introdotte dalla norma, così come presentata anche dallo spot televisivo che ha portato alla ribalta delle cronache la questione, rischiano infatti di arrecare danno a tutti, non solo ai professionisti, ma anche ai cittadini ed agli enti locali.
Mauro Ferrarini. E quali sarebbero?
Mirco Mion. Fino ad oggi, infatti, l’aggiornamento degli atti in seguito ad interventi sugli immobili, ovvero la conservazione stessa del Catasto fabbricati, era operato dai professionisti tecnici mediante un procedimento meccanizzato. Introducendo il principio secondo cui “all’accatastamento ci pensa il Comune” il compito di inviare tempestivamente agli uffici dell’Agenzia delle Entrate la comunicazione di inizio lavori, integrata con la comunicazione di fine lavori, spetterà alle amministrazioni comunali. Ma quanti sono i Comuni in Italia che possiedono le necessarie risorse, umane, tecnologiche e di tempo, per svolgere questo compito? Ed è realistico aspettarsi che l’Agenzia delle Entrate potrà, entro 30 giorni dalla data di ultimazione dei lavori, provvedere all’adeguamento della planimetria catastale?
Mauro Ferrarini. Molto realistico, in effetti, non pare. Ma cosa si rischia in concreto?
Mirco Mion. Il rischio concreto è che si verifichi un disallineamento di dati ed un allungamento dei tempi di compravendita immobiliare (per le quali è richiesto che la planimetria depositata in catasto sia identica allo stato reale dell’immobile), causato da ritardi nell’aggiornamento catastale. Inoltre, i cittadini potrebbero incontrare difficoltà a seguire lo status della propria pratica a causa delle difficoltà di dialogo fra comuni e Agenzia delle Entrate. E questi rischi assumono caratteri ancora più preoccupanti in vista della riforma del Catasto, che come abbiamo visto trova la sua base fondante proprio nell’analisi delle caratteristiche delle unità immobiliari.
È indispensabile ribadire un concetto che ci è molto caro, quello della collaborazione: senza la cooperazione attiva di enti locali, Agenzia delle Entrate e professionisti non sarà possibile raggiungere l’obiettivo dell’equità fiscale.
Con le novità introdotte dallo Sblocca Italia, invece, si sta andando in direzione opposta: maggiori oneri per Comuni ed Entrate, che faticheranno a portare a termine i nuovi compiti in tempi ragionevoli, meno lavoro per quei tecnici che da anni svolgevano con competenza l’attività di accatastamento, e difficoltà per i cittadini che faticheranno, sempre di più, ad avere risposte, senza il supporto del proprio geometra di fiducia, interlocutore unico che poteva seguire le pratiche dall’inizio alla fine.
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