Tali novità consistono nell’estensione dell’ambito di applicazione del regime “forfettario” di cui alla L. 190/2014, a partire dal 1° gennaio 2019; e nell’introduzione del nuovo regime cosiddetto di “flat tax”, a partire dal 1° gennaio 2020.
Regime forfettario esteso a tutti
La Legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) all’art. 1, commi da 9 a 11, ha esteso l’ambito di operatività del regime di tassazione “forfettario”, con aliquota al 15%, a tutte le persone fisiche titolari di partita Iva – imprenditori individuali, professionisti, artisti – che abbiano conseguito ricavi o compensi fino a 65.000 Euro nell’anno d’imposta precedente.
Perchè si chiama “forfettario”?
Prima dell’analisi delle novità, è opportuno aver chiaro che il regime si qualifica come “forfettario” in quanto determina la base imponibile in maniera figurativa (a “forfait”), per cui i ricavi e i compensi percepiti dall’imprenditore individuale o dal professionista non rientrano più nel coacervo IRPEF per l’applicazione delle aliquote progressive proprie dell’IRPEF, ma ne vengono “scorporati”.
Come si applica?
Ai fini dell’applicazione del regime, si applica un’imposta sostitutiva di IRPEF, addizionali comunali e regionali ed IRAP, con aliquota proporzionale del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività), su di un imponibile determinato attraverso l’applicazione, ai ricavi e compensi percepiti nell’anno, di un coefficiente di redditività, variabile a seconda del tipo di attività svolta (come risultante dal codice ATECO. Ad esempio, per le attività professionali, scientifiche e tecniche, l’aliquota del 15% trova applicazione sul 78% dei compensi; per le costruzioni ed attività immobiliari, sull’86% dei ricavi).
Va da sé che il regime forfetizza anche i costi, che non saranno più deducibili dal reddito ai fini delle imposte dirette. Egualmente, l’Iva sugli acquisti non sarà più detraibile. Da qui, il venir meno dei tanti adempimenti contabili che presiedono, invece, l’ordinaria determinazione analitica del reddito d’impresa o della professione. Restano comunque deducibili i contributi previdenziali dal reddito imponibile “forfettario”, determinato mediante l’applicazione del coefficiente di redditività.
Si noti che tale regime è stato delineato sin dall’inizio dal legislatore (L. 190/2014, commi da 54 a 89), come il regime naturale del contribuenti aventi i requisiti di ingresso previsti dalle norme. È pur sempre concesso a tali contribuenti di poter optare per il regime ordinario di determinazione del reddito: opzione che potrebbe confermarsi vincente, in caso di esistenza di elevati costi deducibili, ma che opera con vincolo triennale.
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Regime forfettario: cosa cambia con la Legge di Bilancio 2019?
Venendo al restyling del regime forfettario attuato dalla Legge di Bilancio 2019, operativo dal primo gennaio di quest’anno, esso amplia notevolmente il bacino di potenziali contribuenti interessati, ponendo come condizione d’ingresso il non-superamento dell’unica soglia di ricavi o compensi di Euro 65.000 (soglia tutt’alto che banale), valida per ogni tipo di attività imprenditoriale o professionale (laddove originariamente si prevedevano soglie che variavano a seconda del tipo di attività. Ad esempio, per le attività professionali era prevista una soglia di compensi di 30.000 Euro, per il commercio all’ingrosso o al dettaglio era prevista una soglia di 50.000 Euro). Ai fini del computo della soglia dei ricavi e compensi rilevante, laddove vengano esercitate più attività, si deve procedere alla somma dei ricavi e dei compensi per tutte le attività poste in essere.
Inoltre, la Legge di bilancio 2019 ha rimosso gli ulteriori ostacoli all’ingresso nel regime di favore. Le norme originarie, infatti, ponevano come soglia di sbarramento l’ammontare delle spese per lavoro dipendente ed assimilato non superiore ad Euro 5.000 lordi; ed un costo complessivo dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non superiore ad Euro 20.000 alla data di chiusura esercizio. Tali requisiti stringenti sono stati dunque eliminati.
Per converso, permangono tre tipi di “cause ostative” che escludono l’ingresso nel regime di favore. Esse sono le seguenti:
1 – In primo luogo, è escluso il regime forfettario in capo alla persona fisica che, contemporaneamente all’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione, partecipa a società di persone, ad associazioni o ad imprese familiari (queste ultime, novità aggiuntiva), le quali controllano, direttamente o indirettamente, Srl o associazioni in partecipazione, che esercitano le stesse attività economiche di impresa, arte o professione, svolte dalla persona fisica stessa. Si noti, con riferimento alle Srl, che la partecipazione è ostativa solo se è di “controllo”: e solo se la società svolge la medesima attività economica dalla persona fisica che aspira al regime forfettario (in passato l’ostacolo era rappresentato dal mero esercizio dell’opzione per la tassazione “per trasparenza”).
2 – In secondo luogo, è escluso il regime forfettario se l’attività delle persone fisiche è esercitata prevalentemente verso datori di lavoro, con i quali siano in corso rapporti di lavoro dipendente, o con i quali intercorrevano rapporti di lavoro nei due periodi d’imposta precedenti; o se l’attività è esercitata nei confronti di soggetti riconducibili, direttamente o indirettamente, ai datori di lavoro stessi (si noti che è stato rimosso il limite precedente, per cui le remunerazioni da lavoro dipendente o assimilate superiori alla soglia di Euro 30.000 escludevano di per sé la possibilità di accedere al regime agevolato). Tale previsione, come è evidente, rappresenta un forte disincentivo a trasformare rapporti di lavoro subordinato in rapporti lavoro autonomo; tuttavia, le due forme di attività possono coesistere, posto che sarà sufficiente che l’attività d’impresa o di professione sia indirizzata prevalentemente verso soggetti terzi, diversi dal datore di lavoro dipendente, perché sia legittimamente tassabile mediante il regime “forfettario”.
3 – In terzo luogo, restano in vigore ulteriori cause ostative, già previste in passato. A titolo di esempio, è escluso il regime forfettario per chi svolge attività soggetta ad un regime speciale Iva o ad un regime forfettario di determinazione del reddito (si pensi al reddito agrario); nonché per i soggetti fiscalmente “non residenti” in Italia (salvo alcune eccezioni); nonché per chi esercita prevalentemente attività esenti di cessione di immobili o di mezzi di trasporto nuovi.
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Regime forfettario: le altre caratteristiche
Giova ribadire che, nel regime forfettario in esame, non vi è applicazione dell’Iva e dei relativi adempimenti. Vengono infatti meno, come già accennato, gli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili (come tipicamente avviene nei regimi di natura “forfettaria”). E’ richiesto peraltro di conservare e numerare le fatture di acquisto; e di applicare l’Iva in caso di reverse charge.
Sussiste inoltre l’esenzione espressa dall’obbligo di fattura elettronica (comma 909 L. 205/2017): fatta eccezione per l’eventuale fatturazione verso la PA. Viceversa, come si vedrà, chi godrà del regime di flat tax, ai sensi del Dlgs 127/2015, dovrà emettere fattura elettronica, benchè non gravata da Iva.
Alla mancata applicazione dell’Iva, con i relativi vantaggi concorrenziali rispetto a quegli operatori economici che restano obbligati ad addebitarla, non ricadendo nel regime di favore (sul chè, si vedrà cosa dirà l’Europa, garante della parità di concorrenza nel mercato unico europeo), si aggiungono poi vantaggi di carattere contributivo in capo agli iscritti alla gestione “artigiani e commercianti INPS” (i quali già possono godere di un regime contributivo agevolato, che consiste nella riduzione del 35% della contribuzione ai fini previdenziali: opzione ex co. 83, art. 1, L. 190/14). Fermo restando la deducibilità dal reddito dei contributi in parola, la somma dei vantaggi fiscali e contributivi in capo a tali operatori rende il regime in esame decisamente interessante.
Va da sé che la convenienza del “forfettario” dovrà essere valutata, come accennato, caso per caso, in relazione all’importo degli eventuali costi deducibili (e dell’Iva detraibile).
La flat tax
La cosidetta flat tax è stata delineata dalla L. 145/18, art. 1, co. da 17 a 22, a favore di imprenditori individuali, artisti e professionisti con ricavi e compensi, nell’anno precedente, ricompresi tra Euro 65.001 e Euro 100.000 (e che dunque non possono ricadere nel regime forfettario di cui alla L. 190/14)
Per effetto di tale nuovo regime, operativo dal 11° gennaio 2020, si applica una flat tax del 20%, sostitutiva di IRPEF, addizionali comunali e regionali, ed IRAP, su di una base imponibile determinata secondo le regole ordinarie del reddito d’impresa o del lavoro autonomo.
Come per il forfettario, non vi sarà applicazione dell’Iva e dei relativi adempimenti, dovendosi solo conservare e numerare le fatture di acquisto e applicare l’Iva in caso di reverse charge. I contribuenti in flat tax, tuttavia, saranno tenuti, ai sensi del Dlgs 127/2015, ad emettere fattura elettronica (benchè non gravata da Iva, a differenza di quanti si avvantaggiano del regime forfetario: comma 909 L. 205/17).
Come nel regime forfetizzato, anche qui, ai fini del computo della soglia dei ricavi e compensi rilevante, laddove vengano esercitate più attività, si deve procedere alla somma dei ricavi e dei compensi per tutte le attività poste in essere.
Quanto alle cause ostative all’ingresso nel regime, esse sono le medesime viste sopra; e dunque la flat tax non spetterà ai contribuenti che:
- si avvalgono di regimi speciali ai fini iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito,
- sono soggetti non residenti (salvo eccezioni),
- effettuano cessioni esenti di immobili o veicoli nuovi,
- partecipano a società di persone, ad associazioni o imprese familiari, che controllano Srl o associazioni in partecipazione che svolgono uguale attività,
- operano prevalentemente verso datori di lavoro dipendente.
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Fermo restando che il regime qui in esame potrebbe essere suscettibile di modifiche ed integrazioni prima della sua entrata in vigore, resta fermo che, allo stato attuale, sia il regime di “flat tax” che il regime forfettario delineano, a favore di un’ampia platea di contribuenti lavoratori autonomi, effetti fiscali di assoluto interesse: al punto da poter rendere non proficuo il superamento delle soglie di ricavi e compensi legittimanti la permanenza nei regimi qui commentati, stante il significativo differenziale di tassazione previsto dalle norme relative.
È comunque da ribadire che la prevista non-applicazione dell’Iva su di una consistente gamma di operazioni economiche di per sé imponibili, potrebbe attirare l’attenzione delle autorità europee poste a guardia del principio di “parità di concorrenza” a livello comunitario.
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