La progettazione geotecnica è oggi un tema caldo visto che il nostro bel paese è soggetto al rischio frane in molte zone del territorio nazionale. In materia di progettazione geotecnica e costruzione del modello di sottosuolo utilissime sono le indagini in sito mediante prove penetrometriche statiche, dinamiche e prove per la determinazione della velocità di propagazione delle onde sismiche “down hole”.
Progettazione geotecnica: il metodo Down hole
In cosa consiste?
Il metodo down hole (DH) serve a determinare la velocità di propagazione di onde sismiche ed a ricavare i relativi parametri di rigidezza del terreno a bassi livelli di deformazione. Nella prova DH, mediante una sorgente direzionale posta in superficie, si generano onde di volume, e in particolare di compressione P (Primae, ovvero più veloci) e di taglio S (Secundae, ovvero che arrivano dopo), che si propagano in profondità con ampiezza proporzionale alla energia dell’impulso.
Quindi si leggono i tempi di arrivo delle onde alle diverse quote in profondità, mediante opportuni ricevitori (geofoni) posti all’interno di un foro di sondaggio, ubicato in pianta a breve distanza dalla sorgente (dell’ordine di pochi metri). Le velocità di propagazione VP e VS si determinano come rapporto tra una distanza percorsa ed il tempo impiegato per effettuare tale percorso.
La prova DH più efficace prevede il ricorso a due ricevitori posti nello stesso foro ad interasse noto: in questo caso infatti, è facile misurare il tempo di viaggio che intercorre tra le due profondità, confrontando le registrazioni acquisite ai due geofoni, per cui la misura risulta molto affidabile (perché di facile interpretazione).
In alternativa, utilizzando un unico ricevitore, si misura il tempo di percorrenza tra la sorgente posta in superficie, e il geofono posto all’interno del foro di sondaggio: in tal caso, noto l’istante di partenza, si deve essere in grado di leggere esattamente l’istante di arrivo dell’onda al ricevitore (cosa talora non semplice, per la presenza di “rumore di fondo” nel segnale acquisito); in tal caso quindi la misura è meno affidabile, perché di più difficile interpretazione.
La sorgente DH e il posizionamento dei ricevitori sono concepiti in modo da generare essenzialmente onde di taglio S e misurare quindi la velocità VS. In realtà si generano comunque anche onde P, generalmente di ampiezza inferiore, e si può quindi misurare anche la VP; è da precisare, però, che la misura della velocità di propagazione delle onde P ha senso solo nel caso di terreni non saturi, altrimenti si misura la velocità di propagazione delle onde di compressione nell’acqua.
La prova DH dovrebbe essere spinta fino a incontrare una formazione rigida di base (caratterizzata da una velocità delle onde di taglio VS pari ad almeno 800 m/s), da attraversare per uno spessore significativo (per es. 5 metri). È da tenere presente però che all’aumentare della profondità, e in funzione anche della rigidezza dei terreni attraversati, i segnali registrati diminuiscono di ampiezza, per cui riesce più difficile la loro interpretazione.
Generalmente l’affidabilità della prova DH con un singolo ricevitore e con le tecniche di interpretazione convenzionali si riduce fortemente oltre i 40 m di profondità, in quanto l’energia generata dalla sorgente potrebbe non essere sufficiente all’univoca individuazione dei primi arrivi. Il ricorso al doppio ricevitore e l’uso di tecniche di analisi digitale dei segnali possono altresì consentire la fattibilità di indagini fino ed oltre la profondità di 60 m dal piano campagna.
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La sorgente degli impulsi sismici deve generare prevalentemente onde SH. Ciò si può ottenere ponendo un asse orizzontale (preferibilmente tavola in legno o alluminio) sul terreno precedentemente livellato, con orientazione ortogonale alla congiungente sorgente–foro, e dando colpi con una massa (per esempio, un martello) alle estremità dell’asse, con la stessa orientazione dell’asse.
L’asse deve essere poggiato sul terreno nudo, e vincolato a esso con un adeguato peso. Deve essere inoltre strumentato con un sensore (velocimetro), allo scopo di determinare l’istante in cui si produce l’impatto e si generano quindi le onde sismiche. Come ricevitore in profondità si deve utilizzare un geofono tridirezionale con dispositivo di bloccaggio alla tubazione di rivestimento del foro di sondaggio. I sensori (velocimetri) devono avere una risposta piatta almeno per frequenze superiori ai 10 Hz.
Bisogna utilizzare un’apparecchiatura di registrazione digitale dei segnali (alla sorgente e ai ricevitori), con frequenza di campionamento di almeno 5 kHz e amplificazione costante nell’ambito delle frequenze utilizzate e nel tempo (ampiezza reale). È consigliabile che l’apparecchiatura abbia la possibilità di sommare più registrazioni dopo il controllo del rapporto segnale/rumore, al fine di facilitare l’interpretazione delle misure. La registrazione dovrà essere eseguita su supporto magnetico adeguato per permetterne la successiva elaborazione.
La sorgente deve essere posta a una distanza dal foro generalmente compresa tra 3 e 4 m, e che deve essere accuratamente misurata. Per ogni quota di prova (generalmente con intervallo di 1 metro), dapprima si deve bloccare il geofono (o i 2 geofoni) nel foro, poi si procede alla generazione degli impulsi in superficie, colpendo di volta in volta la sorgente sulle due estremità dell’asse.
A meno di condizioni ottimali di assenza di rumore, è sempre consigliabile sommare più segnali generati da impulsi agenti nello stesso verso, per facilitare, come già detto, l’interpretazione delle misure. La posizione della sorgente deve essere mantenuta fissa durante tutta la prova.
Se il disturbo dovuto a onde che si propagano direttamente nel tubo e nella zona di cementazione circostante dovesse risultare troppo elevato, e “oscurare” la lettura delle onde che si propagano nel terreno, si potrebbe fare ricorso a una seconda sorgente collocata a distanza maggiore dal foro, e confrontare le registrazioni ottenute utilizzando alternativamente i due punti sorgente.
È consigliato utilizzare tecniche o strumentazioni che permettano di riconoscere come sono orientati i sensori orizzontali rispetto alla posizione della sorgente. Ciò potrà ad esempio essere ottenuto o con geofoni muniti di sensore di orientamento o utilizzando aste di orientamento dei geofoni dalla superficie. I dati di campagna devono essere restituiti in formato digitale su supporto informatico (CD); schemi interpretativi, tabelle e grafici illustrativi dei risultati (dromocrone, velocità ecc.) saranno restituiti su carta e in formato pdf. Nella relazione sulle misure DH dovranno essere indicati lo schema e le modalità di elaborazione dei dati di campagna.
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La prova Down hole con un unico ricevitore
Nel caso di prova DH con un unico ricevitore, la determinazione del tempo di arrivo del primo impulso dell’onda S può costituire il punto critico dell’intera prova. Per facilitare la lettura di tale tempo, è necessario filtrare i segnali sismici registrati, per eliminare l’eventuale rumore caratterizzato da frequenze esterne a quelle proprie del segnale.
L’arrivo dell’onda S può essere individuato sulla base delle seguenti osservazioni:
- variazione di frequenza del treno d’onda;
- inversione della polarità del segnale (onda S) nelle registrazioni relative ad impulsi generati sui due lati opposti della sorgente.
I tempi di primo arrivo dell’onda S rispetto al tempo di generazione del segnale (trigger), dovranno essere ridotti alla verticale e riportati su un diagramma profondità–tempi, sul quale saranno individuati i tratti a pendenza quasi costante, tenuto conto sia della stratigrafia sia dell’accuratezza delle singole misure dei tempi. I tratti a pendenza costante individueranno gli strati di terreno in cui la velocità delle onde S è costante, ed è ovviamente funzione della pendenza individuata.
Per quanto concerne invece le onde P, la lettura del primo arrivo è in generale più difficile, considerando anche la loro ampiezza ridotta. Pertanto non è sempre possibile determinare la velocità di propagazione delle onde di compressione VP; ciò, però, non costituisce un obiettivo dovrebbero di volta in volta adottare opportune varianti sperimentali. Nel caso di prova DH con doppio ricevitore, la velocità delle onde è determinata, a ciascuna profondità, per lo strato di terreno compreso tra i due geofoni (preferibilmente da porre a distanza relativa di un metro).
Il tempo di viaggio delle onde S tra i due geofoni è facilmente individuabile dal confronto fra i segnali nel dominio del tempo, facendo riferimento a punti caratteristici degli stessi (essenzialmente la serie dei picchi, meno affetti dal disturbo eventualmente presente nelle registrazioni). Evidentemente la determinazione dello stesso tempo di viaggio tra i due geofoni può essere ottenuta automaticamente e con assoluta affidabilità dall’analisi digitale delle registrazioni nel dominio delle frequenze, mediante i noti algoritmi (cross-correlation, cross power spectrum e coherence) normalmente implementati nelle apparecchiature digitali di acquisizione dei segnali.
Modalità di prova analoghe vengono adottate per le prove SCPT (cono sismico) ed SDMT (dilatometro sismico), nelle quali i ricevitori sono collocati nella batteria di aste che spinge la sonda in profondità. Per quanto concerne le onde P, nonostante esse siano comunque caratterizzate da ampiezza ridotta, tuttavia l’analisi digitale dei segnali registrati simultaneamente ai due geofoni consente generalmente una determinazione affidabile della loro velocità di propagazione VP.
Indagine Down hole: contenuti minimi della relazione
I report sintetico dell’indagine dovrà contenere:
- relazione contenente le modalità delle prove, una scheda tecnica della strumentazione utilizzata, le difficoltà incontrate, le elaborazioni fatte con esempi;
- piante schematiche scala 1:200 con l’ubicazione delle sorgenti e dei fori;
- diagrammi profondità-tempi, ridotti alla verticale, per le onde S e per onde P (laddove possibile);
- tabella delle velocità VS per i diversi strati di terreno, ed eventualmente valori dei moduli di taglio iniziali G0, tipo di terreno presente;
- tabella delle velocità VP per i diversi strati di terreno (laddove possibile);
- copia su carta ed in formato elettronico delle registrazioni.
Per le densità da inserire nel calcolo dei moduli elastici ci si riferirà a densità ricavate dalle prove geotecniche o, in assenza, a dati di letteratura regionali.
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