Rieccoci al nostro appuntamento settimanale con la rassegna di sentenze in materia di edilizia e urbanistica. Il tema di apertura riguarda la necessità o meno del permesso di costruire per trasformare un solaio di copertura non praticabile in terrazzo.
Gli altri argomenti oggetto delle pronunce riguardano invece:
- Piscina: titolo edilizio necessario
- Esercizi di vicinato: esonero oneri concessori – esclusione
- Osservazioni al PRG: natura
- Staccionata: vincolo idraulico – rilevanza – incompatibilità
Riportiamo in dettaglio tutte le sentenze, ma se vuoi approfondire il tema dei titoli edilizi consigliamo il volume Il Testo Unico dell’Edilizia: attività edilizia e titoli abilitativi dei lavori.
Terrazzo su solaio di copertura: titolo edilizio necessario
TAR Piemonte, sez. II, sent. 18 gennaio 2022, n. 51
La realizzazione di un terrazzo richiede il permesso di costruire
Come evidenziato dalla giurisprudenza, nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso, avvenuta trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, è necessario il permesso di costruire, non essendo realizzabile detta trasformazione tramite semplice SCIA né tramite comunicazione di inizio lavori ex art. 6, D.P.R. n. 380 del 2001 (Cons. Stato, Sez. II, 14 novembre 2019, n. 7829).
Difatti, diversamente dal solaio, la realizzazione di un terrazzo comporta un incremento di carico urbanistico, giacché modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo, rendendolo ontologicamente diverso da quello preesistente e, quindi, rientra nella ristrutturazione edilizia richiedente, ex art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, il rilascio del permesso di costruire (T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 3 luglio 2021, n. 1353; T.A.R. Latina, Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 870).
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Piscina privata: titolo edilizio necessario
TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 18 gennaio 2022, n. 76
Serve il permesso di costruire per una piscina privata, scoperta e a scopo ricreativo, in parte interrata (circa mt. 1,00) ed in parte fuori terra (circa mt. 0,50) delle dimensioni di mq. 25.20 (mt. 5,60 X 4,50) e un’altezza costante pari a mt. 1,35
Come è noto, la giurisprudenza amministrativa tende a circoscrivere la nozione di “pertinenza urbanistica”, fornendone una definizione più ristretta rispetto a quella civilistica: infatti, la qualifica di pertinenza urbanistica non è applicabile ad opere che funzionalmente si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa.
Invero, la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa a cui esso inerisce, sempreché l’opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 19/08/2021, n. 5948; Id., Sez. VI, 13/01/2020, n. 309; Id., Sez. II, 22/07/2019 n. 5130).
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Inoltre, a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica di cui all’art. 817 del codice civile (“cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa”), ai fini edilizi il manufatto per essere considerato pertinenza deve essere non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato, proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale.
A ben vedere, tuttavia, “le piscine non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio. L’aspetto funzionale relativo all’uso del manufatto è altresì condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 09/09/2020, n. 3730; Cons. di Stato, sent. n. 35/2016)” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 17/03/2021, n. 1768; inoltre, in termini: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 17/09/2020, n. 3874; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 03/02/2020, n. 483; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 07/01/2020, n. 42; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 18/04/2019, n. 642; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 30/05/2018, n. 3569; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 22/05/2018, n. 3358; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 30/03/2018, n. 2033; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 19/02/2018, n. 1087; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 12/02/2018, n. 898; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 30/01/2018, n. 248; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 11/01/2018, n. 17; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 05/01/2018, n. 97; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 14/09/2017, n. 4374; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 16/03/2017, n. 1503; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 20/09/2016, n. 1446; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 20/04/2016, n. 1957; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 11/06/2015, n. 1066; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 07/11/2014, n. 5771; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 26/01/2012, n. 245).
Dal momento che la costruzione della piscina, in relazione alla sua consistenza modificativa e trasformativa dell’assetto del territorio, non può essere ascritta al novero degli “interventi di manutenzione straordinaria” e degli “interventi minori” ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001, rientrando invece nel novero degli interventi di nuova costruzione, ne deriva che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380 del 2001, è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, come nel caso di una piscina privata, scoperta e a scopo ricreativo, in parte interrata (circa mt. 1,00) ed in parte fuori terra (circa mt. 0,50) delle dimensioni di mq. 25.20 (mt. 5,60 X 4,50) e un’altezza costante pari a mt. 1,35.
Di qui, dunque, l’esatta riconducibilità di detta opera nel novero di quelle considerate dall’art. 3, lett. e) e lett. e n. 1), e dall’art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Esercizi di vicinato: esclusione dell’esonero dagli oneri concessori
TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 22 gennaio 2022, n. 124
Gli esercizi di vicinato non sono opere di interesse collettivo e non possono godere dell’esenzione dagli oneri concessori
La corretta qualificazione degli esercizi di vicinato non è quella di opere di interesse collettivo se si considera che si tratta di esercizi commerciali dalla cui realizzazione gli interessati traggono un indubbio vantaggio economico che non può essere scaricato sulla collettività sotto il profilo dell’impatto urbanistico che ne deriva.
L’art. 4 del d.lgs. 114 del 1998 stabilisce che “per esercizi di vicinato (si intendono) quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti”. La norma non qualifica direttamente la categoria di appartenenza dell’esercizio di vicinato ma si tratta senza dubbio di superficie destinata all’esercizio del commercio, e non già di una struttura di interesse collettivo.
Esclusa è, poi, la riconducibilità dell’esercizio di vicinato alla opera di urbanizzazione secondaria disciplinata dall’art. 16 del D.p.r. 380/2001 atteso che l’esonero dal pagamento dei relativi oneri riguarda i cd mercati di quartiere. Deve, dunque, trovare applicazione l’art. 19, comma 2 del d.p.r. 380/2001 a mente del quale “il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all’incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell’art. 16, nonché una quota non superiore al 10% del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale”. Non vi è ragione, pertanto, di ritenere che la realizzazione di un esercizio di vicinato debba essere equiparata ad un’opera di interesse collettivo o ad una urbanizzazione secondaria, perché di essa il privato costruttore si avvantaggia in via esclusiva, ben potendo collocare la medesima nel mercato delle libere contrattazioni tra privati.
Osservazioni al PRG: natura
TAR Veneto, sez. II, sent. 17 gennaio 2022, n. 103
Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento urbanistico
Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento urbanistico, con conseguente assenza in capo all’Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree, tranne i casi di affidamenti qualificati, essendo sufficiente che le osservazioni siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (T.A.R. Brescia, sez. I, 01/09/2020, n.627; Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 12 febbraio 2013, n. 845; Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 23 ottobre 2009, n. 6521; Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 7 luglio 2008 n. 3358).
Staccionata: vincolo idraulico – rilevanza – incompatibilità
TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 17 gennaio 2022, n. 46
Una staccionata collocata in prossimità di un corso d’acqua costituisce un manufatto incompatibile con il vincolo idraulico
L’art. 96-f del RD n. 523/1904 prevede una distanza minima da rispettare di 10 metri per costruzioni e scavi e di 4 metri per alberi e siepi; anche se una staccionata non forma una parete continua, l’opera deve rispettare il vincolo idraulico e le relative distanze.
Ed infatti, le fasce di rispetto non hanno solo la funzione di individuare le aree storicamente soggette a esondazioni, ma definiscono anche le aree interessabili da fenomeni erosivi, e devono garantire l’accessibilità al corso d’acqua ai fini della sua manutenzione, fruizione e riqualificazione ambientale. Con riferimento agli ultimi due parametri, quindi, anche una staccionata collocata in prossimità di un corso d’acqua costituisce un manufatto incompatibile con il vincolo idraulico.
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In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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Il già citato titolo su permessi e titoli edilizi:
Il Testo Unico dell’Edilizia: attività edilizia e titoli abilitativi dei lavori
Il T.U.E. ha subito, negli anni, una serie di modifiche radicali. L’opera, abbinando il dovuto rigore ad un taglio operativo, permette di individuare, per ogni singolo articolo, la norma e la giurisprudenza vigente tempo per tempo. Ciò risulta particolarmente utile, per esempio, ove sia necessario verificare il rispetto delle norme vigenti in un dato arco temporale al fine di stabilire la regolarità del manufatto (elemento peraltro necessario per poter godere dei Superbonus fiscali). L’opera è indirizzata ai professionisti tecnici costretti a confrontarsi quotidianamente con norme di difficile interpretazione anche per gli esperti. Il manuale esamina dettagliatamente la prima parte del Testo Unico dell’edilizia (articoli 1-51) focalizzata sull’attività edilizia e sui titoli abilitativi e presenta una serie di peculiarità che la differenziano da lavori analoghi:- ogni articolo presenta il testo vigente e la versione storica, indicando la norma intervenuta;- gli articoli sono arricchiti da un commento e da oltre 2.000 riferimenti giurisprudenziali;- la giurisprudenza riporta: il riferimento (organo giudicante, Sezione, data e numero), un titolo per orientare il lettore e la massima. Il testo del codice è aggiornato con oltre 35 provvedimenti legislativi a partire dalla legge Lunardi fino al decreto Semplificazioni. In appendice sono presenti le c.d. definizioni standardizzate e il quadro dei principali lavori edilizi secondo la riforma Madia. Donato Palombellasi è laureato in Giurisprudenza (laurea quadriennale) con il massimo dei voti e plauso della commissione, discutendo una tesi in Diritto amministrativo. Ha un Master per Giuristi d’Impresa ottenuto presso l’Università di Bologna con specializzazione in opere pubbliche; successivamente ha seguito numerosi corsi specialistici su temi giuridici, economici e finanziari. Ha acquisito esperienza ultra trentennale nel Diritto immobiliare, prima all’interno di studi professionali e poi in aziende operanti nel settore edile-immobiliare. Collaboratore storico di numerose testate specialistiche di rilevanza nazionale, partecipa al comitato scientifico di alcune riviste giuridiche. È autore di numerose opere in materia di Edilizia, Urbanistica, Tutela del consumatore in ambito immobiliare, Contrattualistica immobiliare e Condominio presenti presso le principali biblioteche universitarie e dei Consigli regionali.
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