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Immobile ante 1967 legittimo anche senza titolo edilizio?
Un immobile edificato (o, almeno, di cui è iniziata la costruzione) prima del 1° settembre 1967 potrebbe ritenersi legittimo anche in assenza di uno specifico titolo autorizzatorio: ciò deriva dal fatto che prima di tale data la legge italiana obbligava a dotarsi di licenza solo in specifici ambiti e cioè:
- le aree occupate da centri abitati (ed attenzione alla esatta delimitazione vigente all’epoca);
- le zone del territorio comunale interessate da pianificazione urbanistica (piani regolatori, programmi di fabbricazione).
Per conseguenza, se l’immobile non ricadeva in nessuno degli ambiti per cui era necessaria una licenza, si poteva edificare anche in assenza di titolo. L’affermazione è volutamente semplicistica: le verifiche da fare sono molte altre tra cui la zonizzazione sismica e la presenza di vincoli paesaggistici o monumentali, ma in questo post ci si vuole concentrare volutamente e forse anche astrattamente sull’aspetto dei titoli edilizi.
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Perché parliamo di ante 1967
La risalenza dell’immobile ad un epoca antecedente al 1° settembre 1967 deve far scattare una serie di verifiche tecniche, tra cui quelle finalizzate a verificare l’effettiva sussistenza all’epoca della costruzione delle condizioni di esclusione dal campo di applicazione della “semplificazione”.
Ad esempio, un comune che si fosse dotato di strumento urbanistico nel 1955 avrebbe esteso implicitamente l’obbligo di licenza a tutto il territorio comunale, ciò in virtù del fatto che per la stessa L. 1150/42 ogni nuovo piano doveva prevedere la pianificazione sull’intero territorio amministrativo. Ciò ha senso e deve far riflettere sullo stesso tema dell’ante 1967: la legge fondamentale urbanistica del 1942 imponeva che i nuovi piani regolatori che sarebbero stati redatti dalla pubblicazione della legge in poi avrebbero dovuto tenere in considerazione e pianificare l’intero territorio comunale, ed è per questo motivo che io ho sempre sostenuto la tesi secondo cui era già una implicita volontà della legge 1150 di estendere l’obbligo di licenza indirettamente a tutto il territorio comunale: ciò che non fu previsto è che, forse anche complice i grandissimi cambiamenti a livello politico e sociale che si verificarono negli anni immediatamente successivi al 1942, moltissimi comuni lasceranno non pianificato il proprio territorio per decenni, e questo è il motivo per cui ad oggi parliamo ancora di ante 1967 invece che di “ante 1942”.
Tornando al nostro comune di esempio, se nel 1955 fosse stato redatto un nuovo piano regolatore, le verifiche della risalenza del fabbricato ai fini della necessità dell’obbligo di licenza andrebbero anticipate appunto al 1955, perché dopo tale data l’obbligo di licenza è da intendersi esteso a tutto il territorio amministrativo comunale.
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Anziché “ante 1967” bisognerebbe dire ante “anno zero”
È dunque evidente che non esiste un “anno zero” generalizzato ma ogni comune ha un suo personalissimo “ante 1967” che può facilmente non coincidere con il 1° settembre 1967. Ciò avviene più facilmente nelle grandi città come Roma, Torino, Napoli, Milano, nelle quali, vista l’importanza strategica di regolamentare lo sviluppo edilizio, i piani regolatori e l’obbligo di licenza edilizia erano già presenti ben prima della stessa legge del 1942. Dunque più che di “ante 1967” bisognerebbe dire ante “anno zero” di quello specifico comune. Come detto sopra, poi, sull’”anno zero” possono incidere anche altri fattori come l’istituzione di vincoli o aree protette che, benché non implichino automaticamente l’obbligo di licenza edilizia, introducono l’obbligo di dotarsi della prescritta autorizzazione specifica per il tipo di vincolo.
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Quali sono i documenti per verificare la datazione dell’edificio?
Ad ogni modo, una volta trovato l’”anno zero” del comune che ci interessa, occorrerà poter dimostrare che l’edificio oggetto di studio sia effettivamente antecedente a tale data. A parere di chi scrive, i documenti utili per tale dimostrazione possono essere:
- documentazione catastale catasto terreni o fabbricati;
- cartografia tecnica regionale o nazionale;
- fotografie aeree;
- fotografie storiche certificabili o custodite presso archivi pubblici;
- atti notarili di trasferimento;
- altra documentazione che il tecnico ritiene sufficiente per dimostrare la preesistenza, assumendosene la responsabilità.
I documenti di cui sopra devono essere analizzati con l’intento di capire se hanno quei contenuti sufficienti per poter dimostrare non solo che effettivamente esisteva un fabbricato in quel preciso punto, ma che questi avesse anche delle precise consistenze. Un fabbricato risalente a prima dell’anno zero comunale, ma che è stato poi oggetto di ampliamenti successivi alla data fatidica, avrà una legittimità mista: le consistenze ante anno zero potranno essere legittimate con i documenti sopra elencati, mentre l’ampliamento dovrà avere una licenza edilizia specifica ed autonoma.
A tal fine appare evidente che la documentazione catastale può essere quella tecnicamente e logicamente più adatta a tale tipo di verifica, ma non tutti gli immobili sono stati accatastati dopo la loro costruzione (alcuni proprio perché non obbligati ad iscriversi in catasto fabbricati, come i fabbricati rurali), dunque spesso è necessario attingere alle altre fonti. La cosa che mi sento di suggerire è che il tecnico deve operare in questi contesti con estremo scrupolo poiché chi eventualmente sarà chiamato a verificare il lavoro svolto dal tecnico potrà accedere alle stesse fonti e se vi sono elementi non chiari o contrastanti, potrebbe sorgere un contenzioso. Fondare un nuovo titolo edilizio su uno stato urbanistico che non ha avuto i necessari approfondimenti può essere estremamente pericoloso sia per il tecnico, sia per la committenza.
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Foto:iStock.com/AndreyPopov
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