No alle Olimpiadi, le responsabilità dell’edilizia e dell’architettura

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Il Governo Monti ha quindi deciso: le Olimpiadi del 2020 non si faranno a Roma. La risposta è arrivata dopo un’attenta valutazione dei costi e dei benefici dell’operazione nel suo complesso. Non esistono le condizioni per garantire le garanzie dello Stato alla candidatura. Delusi il presidente del Comitato organizzatore, Mario Pescante, il presidente del Coni, Petrucci e il sindaco di Roma, Alemanno, ma la decisione è irrevocabile.

 

Edilizia e architettura “all’italiana”: grandi realizzazioni, inutilizzate
Occorre analizzare la decisione del Governo Monti anche in rapporto ad alcune scelte del passato, scelte legate all’utilizzo del denaro per la realizzazione di impianti e strutture costosissime e inutilizzate. In zona Tor Vergata a Roma c’è la Città dello sport, una vera e propria cattedrale nel deserto. Progettata dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava, in occasione dei Campionati mondiali di nuoto del 2009, con spese enormi per pagare l’archistar, a causa dei continui ritardi nell’esecuzione dei lavori, non è stata terminata entro i termini previsti. Non è stato quindi possibile utilizzarla per lo scopo per cui era stata progettata.
Certamente, non solo ma anche queste spese, di fatto soldi buttati all’aria, hanno contribuito a portare Monti a decidere il NO alle Olimpiadi. Roma conosce una speculazione edilizia selvaggia, non ha un piano di rifiuti sostenibile e i Mondiali di nuoto nel 2009 (ultimo evento sportivo internazionale realizzato) ha regalato alla città qualche impianto inutilizzato, tra cui il Calatrava.
A Roma, e i tutta Italia, si dovrebbero stabilire regole precise. Bisognerebbe dare un tetto massimo alla spesa pubblica, fissare regole ambientali rigorose, regole per l’eco-sostenibilità degli impianti e per la modalità di partecipazione alle scelte da parte dei cittadini.
Infine, i fondi europei per migliorare la qualità della città sono da anni inutilizzati.

 

Il rischio di avviare nuove opere
La candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 ha diviso il mondo politico: per alcuni era un’opportunità per la capitale e per l’Italia, per altri si trattava di un investimento rischioso, a fronte dei sacrifici chiesti agli italiani. Ha prevalso la considerazione che l’Italia non può permettersi un’avventura del genere.  In un paese che sta lottando per non cadere nel baratro di una crisi senza ritorno è impensabile utilizzare denaro “pubblico” per organizzare un’impresa che dissanguerebbe gli italiani prima di tutto.
I Giochi non garantiscono un ritorno economico: a Barcellona e Torino è andata bene, ad Atene decisamente male. I rischi riguardano soprattutto la stabilità economica del Paese. Il Fatto Quotidiano di ieri ha pubblicato uno studio della East London University, secondo il quale i Giochi olimpionici moderni vengono presentati come opportunità di rigenerazione per la città che li ospita, in realtà diventano uno spreco di risorse pubbliche e un buon affare solo per le speculazioni dei privati.
Corsa allo sponsor di multinazionali senza scrupoli, ingaggi milionari per architetti, pubblicitari, ingegneri e via dicendo: questi i vari business che stanno dietro l’organizzazione di tali eventi mastodontici. Anche per Mario Monti è troppo alto il rischio di avviare nuove opere che, a fronte del nome altisonante dell’archistar del momento,  possano trasformarsi in poco tempo in impianti abbandonati o sottoutilizzati.
Sul piatto di Monti, rispetto alla questione del “prestigio” che il Paese avrebbe ottenuto, hanno pesato di più questi fattori. E per fortuna.

 

Il problema ambientale
La dimostrazione del fatto che questi sono problemi reali del nostro Paese sta nella posizione assunta, di fronte al NO di Monti, dalle principali associazioni ambientaliste, che condividono la decisione dell’esecutivo. In particolare, per Legambiente e Wwf il progetto “non era sostenibile”.
“Le criticità che abbiamo più volte evidenziato sul dossier olimpico sono rimaste inascoltate dal sindaco Alemanno, così attento al gigantismo del grande evento fino a far perdere alla capitale quella che poteva essere un’occasione per accelerare interventi per migliorare la qualità della vita dei cittadini, piuttosto che per fare nuovo cemento. Il progetto per le Olimpiadi di Roma 2020 era insostenibile dal punto di vista ambientale valgano per tutto i 700.000 metri cubi previsti a Tor di Quinto, in un’area non edificabile rispetto agli attuali strumenti urbanistici vigenti”.  Questo il commento di Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio. C’erano anche difficoltà legate alle infrastrutture e ai trasporti: il completamento della metro C e dell’anello ferroviario era senza copertura certa.
La bocciatura era inevitabile anche secondo il Wwf: “Comprensibile la posizione del Governo rispetto a una candidatura acerba perché inficiata da due elementi essenziali: la localizzazione del Villaggio Olimpico e del Centro Media in aree tutelate per motivi paesistici e idrogeologici, un piano economico incerto e non definito a causa del rimando a progetti esecutivi che potrebbero comunque far lievitare di molto i costi che, nonostante i previsti introiti, rimangono significativamente a carico dello Stato”. Il Villaggio Olimpico e il Centro Media previsti a Tor di Quinto e Saxa Rubra avrebbero insistito in aree di pertinenza fluviale del Tevere su cui gli strumenti di pianificazione prevedono verde attrezzato e non cubature che dopo i giochi si sarebbero trasformate in nuove residenze.
Il rischio è inoltre quello di cantieri senza fine, uniti a colate di cemento che non migliorerebbero la mobilità. Il piano prendeva in considerazione 765 km di reti viarie: sarebbe stato difficile raggiungere tale obiettivo.

 

Quindi dove si faranno le Olimpiadi nel 2020?
Con il no del Governo Monti alla firma delle garanzie per il via libera alla corsa di Roma ad organizzare le Olimpiadi del 2020, le candidate “in lotta” per ospitare i Giochi sono: Madrid, Tokyo, Istanbul, Doha e Baku.

Redazione Tecnica

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