Realizzare un muro di contenimento: serve il permesso di costruire?

Una recinzione della proprietà privata è una cosa diversa dal muro di contenimento, quindi a livello di permessi sono due cose diverse… questa e le altre sentenze della settimana

Siamo arrivati a lunedi, e come ogni settimana è il monento della rassegna settimanale delle sentenze. I temi di questa settimana sono: il titolo edilizio necessario per realizzare un muro di contenimento; la proroga del permesso di costruire; il contributo di costruzione: opere su area demaniale; l’annullamento della SCIA; il piano di lottizzazione; realizzazione di un impianto di autolavaggio: che titolo edilizio serve; annullamento di un titolo edilizio in sanatoria a lunga distanza di tempo e le scelte urbanistiche.

Muro di contenimento: che titolo serve?

Estremi della sentenza: TAR Campania, sent. 17 ottobre 2017 n. 4871
Massima: Serve il permesso di costruire per il muro di contenimento

 

Un muro dell’altezza di 2 metri fuori terra e dallo sviluppo lineare di ben 21 metri comporta una significativa alterazione dello stato dei luoghi che impone il previo rilascio del permesso di costruire. E il muro di contenimento, determinando una durevole trasformazione dell’area dallo stesso impegnata, non rappresenta un intervento di mera manutenzione ma una nuova costruzione, necessitante, in quanto tale, di permesso di costruire (cfr. Cassazione penale, sez. III, 03 marzo 2010, n. 15370).

Si è, inoltre, evidenziato che l’edificazione del muro di contenimento, in considerazione delle significative dimensioni e della correlata rilevante incidenza sul sito di allocazione, richiede il previo ottenimento di un permesso di costruire o la previa presentazione di DIA ai sensi del comma 3 dell’art. 22, d.P.R. n. 380 del 2001, la mancanza della quale legittima l’adozione della sanzione demolitoria (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 09 novembre 2009, n. 7057). La mera recinzione della proprietà privata è, infatti, cosa diversa rispetto al muro di cinta o di contenimento, atteso che quest’ultimo, specie se di rilevanti dimensioni – come nella specie – è struttura che si differenzia dalla semplice recinzione ed, in quanto serve a sostenere un terreno che può franare, deve presentare caratteristiche strutturali a ciò adeguate, e quindi necessita per essere realizzato di un titolo edilizio, all’epoca concessione ed oggi permesso di costruire (cfr. T.A.R. Napoli, (Campania), sez. III, 31/01/2017, n. 677).

Realizzare un autolavaggio: che titolo edilizio serve?

Estremi della sentenza: TAR Marche, sent. 16 ottobre 2017 n. 778
Massima: L’impianto di autolavaggio richiede il permesso di costruire

 

Va esclusa la natura meramente accessoria e pertinenziale dell’impianto di autolavaggio rispetto al distributore di carburante, poiché il primo è comunque suscettibile di autonomo utilizzo economico quale fonte reddituale, dovendosi altresì escludere la natura precaria dello stesso essendo preordinato a soddisfare utilità a tempo indeterminato (cfr. TAR Abbruzzo, L’Aquila, 14.11.2016 n. 712).

Per tali ragioni devono pertanto considerarsi nuove costruzioni (ex art. 3, comma 1, lett. e.5, del DPR n. 380/2001) soggette a permesso di costruire, anche i manufatti mobili e leggeri che costituiscono l’impianto allorché siano funzionali in maniera permanente allo svolgimento di un’attività e comunque non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis 26.3.2014 n. 3328 e giurisprudenza ivi richiamata).

Convenzione urbanistica: piano di lottizzazione

Estremi della sentenza: TAR Puglia, sent. 19 ottobre 2017 n. 1081
Massima: La sottoscrizione della convenzione urbanistica costituisce presupposto necessario per il rilascio del permesso di costruire; il piano di lottizzazione convenzionata acquista efficacia non per effetto dell’approvazione del relativo progetto da parte del Consiglio comunale, ma con le successive stipulazioni e trascrizioni della convenzione

 

La sottoscrizione della convenzione urbanistica costituisce presupposto necessario per il rilascio del permesso di costruire. Solo dopo la stipula della convenzione di lottizzazione, infatti, si perfeziona lo strumento urbanistico attuativo e l’area interessata riceve una disciplina urbanistica che consente di procedere all’edificazione, in concorso con la dotazione dell’area delle necessarie opere di urbanizzazione.

Il rilascio delle singole concessioni edilizie, infatti, è espressamente subordinato dal legislatore, ai sensi dell’art. 28, quinto comma, della legge n. 1150 del 1942, all’impegno a realizzare, contemporaneamente ai fabbricati, le opere di urbanizzazione. In effetti, all’approvazione del piano deve seguire la stipula della convenzione di lottizzazione, che, a sua volta, costituisce il presupposto per l’autorizzazione a lottizzare da parte del Comune.

Pertanto, la stipula della convenzione e la successiva trascrizione a cura del privato sono condizioni di efficacia della delibera di approvazione della lottizzazione (T.A.R. Lazio, sez. I, 4 settembre 2001, n. 7110).

In altri termini, il piano di lottizzazione convenzionata acquista efficacia non per effetto dell’approvazione del relativo progetto da parte del Consiglio comunale, ma con le successive stipulazioni e trascrizioni della convenzione (T.A.R. Campania, 28 ottobre 1997, n. 2648; T.A.R. Lazio, Latina, 17 luglio 1995, n. 592; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 1984, n. 744)” – TAR Basilicata, sez. I, sent. 28/11/16 n. 1071.

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Scelte urbanistiche

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sent. 17 ottobre 2017 n. 1988
Massima: Le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione costituiscono scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo salvo che non siano inficiate da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare

 

Costituisce principio consolidato quello secondo il quale le scelte di pianificazione urbanistica sono espressione di ampia discrezionalità dell’amministrazione, discrezionalità che può essere sindacata dal giudice amministrativo entro limiti alquanto ristretti. La giurisprudenza ritiene in particolare che le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione costituiscono scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo salvo che non siano inficiate da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare.

Per quanto riguarda poi il profilo motivazionale, si afferma altresì che l’amministrazione non è tenuta a motivare specificamente le scelte riguardanti le singole zone, essendo a tal fine sufficiente il richiamo ai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano come risultanti dall’apposita relazione di accompagnamento al piano stesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 aprile 2008 n. 1476; id. 13 marzo 2008 n. 1095; id. 27 dicembre 2007 n. 6686).

Uniche eccezioni a questa regola si hanno quando il soggetto interessato dall’atto di pianificazione versi in situazione di particolare affidamento; affidamento che può derivare o da una convenzione urbanistica, già stipulata con il Comune, che riservi all’area un trattamento più favorevole rispetto a quello introdotto con il piano sopravvenuto, ovvero da una sentenza di annullamento di un provvedimento di diniego al rilascio di un titolo edilizio. Altra eccezione si ha poi nel caso in cui l’autorità intenda imprimere destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1 ottobre 2004 n. 6401; id. 4 marzo 2003 n. 1197).

Proroga del permesso di costruire

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. I Catanzaro, sent. 20 ottobre 2017 n. 1585
Massima: Legittimo il diniego di proroga del permesso di costruire per esistenza di un’informativa interdittiva antimafia

 

Il richiamo a un’informativa interdittiva antimafia costituisce una motivazione sufficiente per giustificare l’adozione di un provvedimento di diniego del permesso di costruire. Anche l’istruttoria deve ritenersi adeguata posto che alla sussistenza dell’informativa consegue il dovere per l’amministrazione di adottare il provvedimento in questione senza necessità di valutare in concreto i presupposti applicativi per l’informativa rientranti nella competenza di altra autorità.

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Contributo di costruzione: opere su area demaniale

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. Catanzaro, sent. 19 ottobre 2017, n. 1557
Massima: Il contributo di costruzione non è dovuto su opere che sorgono in area demaniale

 

Ai sensi dell’art. 17 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il contributo di costruzione non è dovuto su opere che sorgono in area demaniale, atteso che la quota di contributo commisurata al costo di costruzione integra una prestazione di natura paratributaria, determinata tenendo conto della produzione di ricchezza generata dallo sfruttamento del territorio, che non è ravvisabile nelle costruzioni su area demaniale, in quanto insuscettibili di commercializzazione e destinate a ricadere, alla cessazione del rapporto di concessione dell’area demaniale, in proprietà all’amministrazione concedente (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, sent. n. 2144/2016 e T.A.R. Marche, sent. n. 862/2015).

Annullamento della SCIA

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sent. 20 ottobre 2017 n. 1581
Massima: Illegittimo l’annullamento di una SCIA senza il rispetto delle modalità e delle garanzie previste legislativamente per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio

 

La SCIA, una volta decorsi i termini per l’esercizio del potere inibitorio-repressivo, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere nel rispetto delle prescrizioni recate dall’art. 19, comma 4, della l. n. 241/1990.

Pertanto, scaduto il termine perentorio previsto dalla legge per verificare la sussistenza dei relativi presupposti, deve considerarsi illegittima l’adozione di un provvedimento repressivo/ripristinatorio adottato senza le garanzie e i presupposti richiesti dall’art. 21-nonies della l. n. 241/1990 per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio (T.A.R. Milano, sez. I, 29 dicembre 2016; C.d.S., Sez. VI, n. 4780/2014; T.A.R. Lazio – Roma, n. 192/2015; T. A. R. Veneto, Sez. III, n. 958/2015).

Annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria

Estremi della sentenza: Consiglio di Stato, sent. n. 8 del 17 ottobre 2017
Massima: L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole

 

L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto a una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.

In tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi:

  1. che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
  2. che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);
  3. che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Redazione Tecnica

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