“L’ingegnere sa quello che fa, e fa quello che sa” (Michele Pagano)
Gli ingegneri iscritti nella sezione B dell’Albo professionale possono progettare edifici in zona sismica. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 686 del 9 febbraio 2012, che ribalta la precedente pronuncia del T.A.R. (leggi articolo).
Il tema delle competenze degli Ingegneri con Laurea triennale (sezione B) si inserisce nel più ampio dibattito in corso sulle competenze professionali ed in quello della liberalizzazione delle professioni.
L’impostazione “classica” del nostro corpus normativo ha di recente visto una vera e propria rivoluzione culturale: buoni ultimi in Europa, con le NTC 2008 si è finalmente passati da norme prescrittive (elenco delle verifiche da compiere) a norme prestazionali (definizione delle performances che l’operato dei progettisti ha da garantire). In questa linea ben si inserisce il tema in oggetto.
Il progetto di un edificio soggetto a sollecitazioni anche di natura dinamica di origine tellurica comporta analisi di tipo approfondito che, anche per gli Ingegneri strutturisti con laurea quinquennale, non sono scevre da ostacoli e difficoltà di tipo operativo.
Da questa constatazione parte il nostro semplice ragionamento. Considerata la complessità degli algoritmi di calcolo sottesi alle tematiche sismiche, non si può ritenere di per sè automaticamente sufficiente il percorso articolato in 5 anni, che conduce alla Laurea magistrale, quale garanzia di competenza in ambito sismico.
Basti pensare al riguardo, per esempio, agli Ingegneri con Laurea quinquennale del Vecchio Ordinamento in Ingegneria Elettronica, tra i quali l’Autore conosce anche qualche bravissimo strutturista, ma che in generale non si occupano con specifica competenza delle tematiche sismiche.
Ciò è tanto vero che nelle NTC 2008 viene esplicitamente prevista, al cap. 10, la necessità di operare delle verifiche di accettazione dei risultati, ottenuti con i moderni ed articolati algoritmi di calcolo, ricorrendo a modelli semplificati ma “leggibili” anche “a mano”.
Questa è la vera “barriera all’ingresso” della progettazione sismica.
Chiunque operi un progetto di una struttura sottoposta ad azioni sismiche, deve poter disporre delle competenze necessarie ad astrarre, in modo semplificato, dagli schemi tridimensionali e dalle modellazioni di vario livello delle azioni sismiche, degli schemi semplici con i quali validare i risultati conseguiti con i software commerciali che, in modo universale, dichiarano la propria rispondenza alle NTC.
Qui si misura quindi la competenza degli Ingegneri, con Laurea triennale o quinquennale, nello svolgimento di progetti di edifici sottoposti ad azioni sismiche.
Chi scrive conosce gli ambiti professionali extra-europei per motivi lavorativi (USA, Nuova Zelanda, Giappone, Svizzera): il principio diffuso di verifica delle competenze è, in questi Paesi, legato più alla capacità del fare che al percorso di studi pregressi. Per poter accedere alla progettazione strutturale si deve qui dare prova, con esami di abilitazione professionale differenziati per competenza, pare tautologico ma è invero di una disarmante semplicità eziologica, della capacità di farlo, non solo e non tanto di aver ricevuto insegnamenti sul come farlo.
La comunità tecnica dovrebbe accogliere quindi con favore la prospettiva di una effettiva competizione basata sulle competenze, non solo delle conoscenze, spesso più teoriche che operative, a volte astratte ed avulse dalla realtà fattuale di un progetto strutturale.
Si pensi, per comprendere l’assunto, ad un progetto strutturale, uno di quelli con cui ci si è confrontati o con cui si deve pugnare nella pratica professionale quotidiana.
La prima vera differenziazione si opera a livello di concezione strutturale. Un bravo Progettista strutturale ideerà una fabrica, o una serie di fabricae, con caratteristiche tra di loro diverse, per poi operare una selezione ed un successivo dimensionamento degli elementi principali.
Definite le caratteristiche di massima, si potrà procedere con una, o, meglio, più modellazioni, ciascuna guidata da uno scopo preciso: soddisfacimento delle esigenze di natura statica, affidamento della resistenza al vento ed al sisma, trasferimento al suolo delle sollecitazioni derivanti dalla struttura erigenda.
Al termine della modellazione, meglio se compiuta non solo con un modellatore ma almeno con due o più software, si potranno verificare gli elementi che sono stati pre-dimensionati “a mano”, con carta e penna e qualche prontuario (Handbook nella cultura anglofona), magari ricorrendo al tanto amato PLV o alla adorata Linea Elastica.
Se le verifiche saranno tutte soddisfatte, si potranno operare delle ottimizzazioni, ma si dovranno sicuramente adottare schemi semplificati per “leggere” ed accettare i risultati conseguiti.
Sia nel momento della concezione strutturale che in quello della modellazione e successiva validazione, come prescritto dalle vigenti norme, la capacità di un Ingegnere lo vede operare a fianco del suo migliore alleato, la propria coscienza critica, nell’interesse superiore della Collettività che la nostra bellissima Professione ci consente, come per decenni ci ha consentito, di servire migliorandola.
Sul punto si ritiene d’obbligo una considerazione. Se il pacchetto commerciale che si utilizza, a valle della modellazione, si cura, con la sola pressione di un “magico” bottone, anche di estrarre gli schemi semplificati per condurre alla relazione di accettazione, che così finisce per divenire uno degli elaborati sviluppati dal SW stesso in autonomia, forse la validazione del modello costruito con il software avrà rappresentato un’occasione persa di crescita culturale per il progettista, Ingegnere triennale o quinquennale che sia.
Una riflessione da ultimo. A nostro giudizio, la competenza strutturale in ambito sismico, ma non solo, di un Ingegnere, triennale o quinquennale che sia, inizia con quello che Egli sa progettare e controllare con scienza e coscienza e finisce invece sulla linea di confine, ben marcata, costituita da ciò che solo il proprio programma di calcolo gli permette astrattamente di definire, senza che Egli ne abbia pieno e consapevole controllo.
Va da sé che sia lo studio teorico che l’approfondimento delle varie tematiche, magari in affiancamento a chi già le affronta con competenza ed esperienza, possono consentire un’estensione di detto confine operativo.
L’insegnamento del prof. Michele Pagano, con cui abbiamo aperto questo nostro intervento, mostra quindi, oggi più che mai, le sue bellissime e sconvolgenti attualità ed efficacia.
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