Il 1° gennaio 2025, segna una nuova tappa per la prevenzione del gas Radon negli edifici. Il Rn è un gas naturale, non causato dall’inquinamento, tuttavia, è molto pericoloso per la salute e la mitigazione è un passo cruciale per garantire un ambiente sicuro e salubre per la collettività.
L’Italia è uno dei paesi con la più alta concentrazione di Radon al mondo, con i valori massimi registrati nelle aree prealpine e preappenniniche, dove le rocce sono prevalentemente costituite da graniti nelle prime e tufo nelle seconde. Nelle diverse regioni italiane, e anche all’interno di esse, la concentrazione negli edifici varia da pochi Bq/m³ a migliaia di Bq/m³. Si stima che non meno di 800.000[1] edifici abbiano livelli di radon superiori a 300 Bq/m³, soglia oltre la quale è necessario un intervento di mitigazione.
Questo intervento è giustificato dall’osservazione che circa il 10% dei 31.000 casi annuali di tumore ai polmoni nel nostro paese è attribuibile al Radon. Inoltre, alcuni studi scientifici[2] hanno dimostrato che i lavori di sigillatura per l’efficientamento energetico possono raddoppiare le concentrazioni, contribuendo all’aumento del numero di immobili da risanare. Le principali fonti del gas Radon negli edifici sono: il suolo, i materiali da costruzione, l’acqua e l’aria esterna. Le concentrazioni di Rn nelle acque di superficie sono solitamente molto basse poiché il gas tende a disperdersi nell’aria. Tuttavia, le concentrazioni possono variare notevolmente nelle acque sotterranee a seconda del tipo di rocce e del terreno che attraversano.
Per mettere al sicuro le persone dai rischi delle radiazioni ionizzanti nelle case e luoghi di lavoro, l’Italia ha adottato le direttive europee 2013/59/EURATOM tramite il decreto legislativo 101/2020 e il decreto correttivo n. 203/2022. In aggiunta, con il DPCM dell’11 gennaio 2024, è stato introdotto il nuovo Piano Nazionale d’Azione Radon per il decennio 2023-2032, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2024. D’ora in poi, la progettazione edilizia dovrà seguire con attenzione le normative esistenti, inclusi gli aspetti legati al Radon.
La prevenzione è sempre la scelta più saggia. Integrare misure preventive contro il Radon nella fase di progettazione è infatti più economico e meno invasivo rispetto all’implementazione di soluzioni di mitigazione negli edifici già esistenti. Ad esempio, adottare tecniche costruttive e materiali che impediscano l’ingresso del Radon o che migliorino la ventilazione, a vantaggio della qualità dell’aria indoor e in sinergia con l’efficientamento energetico, può fare una grande differenza nella fase progettuale rispetto a interventi successivi, anche dal punto di vista economico.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in conformità al Codice degli appalti (D.Lgs. 50/2016), ha promulgato il Decreto 23 giugno 2022 n. 256, che stabilisce i criteri ambientali minimi per le costruzioni, imponendo soluzioni di mitigazione e controllo del Radon. Inoltre, il principio DNSH[3] richiede che i progetti del PNRR includano misure per prevenire e ridurre l’inquinamento, in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, rendendo necessario un controllo pre e post-intervento per valutare l’efficacia delle soluzioni di mitigazione adottate per il gas Radon.
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Indice
Il Piano Nazionale Radon
Il Piano Nazionale Radon (PNR) 2023-2032, si integra con le politiche di risparmio energetico e miglioramento della qualità dell’aria indoor, promuovendo campagne informative a livello nazionale e locale per aumentare la consapevolezza sui rischi del Radon e le pratiche di mitigazione. Tra gli obiettivi specifici del piano, oltre alla riduzione del Radon negli edifici esistenti con livelli superiori ai 300 Bq/m³, vi è l’obiettivo di garantire che i nuovi edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2024 abbiano concentrazioni inferiori ai 200 Bq/m³, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’OMS ha evidenziato che una concentrazione di Rn superiore a 100 Bq/m³ aumenta il rischio di cancro ai polmoni del 16% per ogni 100 Bq/m³ aggiuntivi.
Il Piano si basa su tre linee guida fondamentali: mappatura, informazione e legislazione dedicata. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sono responsabili dell’individuazione delle “aree prioritarie”, dove il livello di riferimento di 300 Bq/m³ è superato nel 15% degli edifici. Le priorità di intervento all’interno di queste aree vengono definite e pubblicate da ciascuna regione e provincia autonoma sulla GURI, aggiornate in base ai risultati di nuove indagini o modifiche dei criteri. Il Piano stabilisce criteri precisi per la mappatura del territorio nazionale, utilizzando metodologie uniformi e basandosi su una mappatura geologica della radioattività naturale potenziale.
Attualmente, le regioni che hanno definito le aree prioritarie sono Lombardia, Piemonte e Sardegna. L’obiettivo primario è perseguire il risparmio energetico in modo sinergico e virtuoso, massimizzando le risorse e l’organizzazione degli interventi. È cruciale creare una normativa basata su tre temi: Radon indoor, qualità dell’aria e efficientamento energetico. Il Piano suggerisce di introdurre incentivi economici specifici a livello nazionale o regionale e di includere la concentrazione di Radon nella certificazione energetica obbligatoria nei contratti di vendita o affitto. Questo contribuirà anche a garantire l’equità del mercato immobiliare.
Punti cardine del Piano:
- ridurre la concentrazione di radon del 50% in almeno la metà delle abitazioni del patrimonio di edilizia residenziale pubblica nelle aree prioritarie;
- dare priorità alle abitazioni con concentrazioni superiori a 300 Bq/m³, ma considerare anche quelle con livelli superiori a 200 Bq/m³;
- verificare che le abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024 non superino una concentrazione di 200 Bq/m³.
La realizzazione del Piano è monitorata dall’Osservatorio Nazionale Radon, che include le amministrazioni competenti e verifica i risultati delle iniziative attuate. Tuttavia, affinché il Piano sia efficace, è necessario sensibilizzare la popolazione, fornire incentivi e promuovere la responsabilità individuale nella gestione dei rischi legati al Radon.
Gli effetti sulla salute
Il Radon è un gas nobile naturale, privo di colore, odore e sapore, quindi non rilevabile dai nostri sensi. Questo elemento chimico e i suoi discendenti radioattivi emettono radiazioni ionizzanti alfa che, pur essendo poco penetranti, possono danneggiare le strutture biologiche che incontrano, formando ioni da molecole chimicamente neutre.
L’organismo umano può solo parzialmente riparare questi danni. L’accumulo nel tempo (anni) di tali effetti su molecole che regolano le funzioni cellulari può portare alla degenerazione neoplastica dei tessuti a contatto con il Radon e i suoi discendenti, come la mucosa bronchiale.
La combinazione con il fumo di tabacco aumenta esponenzialmente (fino a 25 volte) il rischio di cancro[4]. Questo rischio è ulteriormente aggravato da una dieta povera di elementi antiossidanti[5], essenziali per la riparazione dei danni causati sia dal Radon che dal fumo.
Sorgenti del radon: il suolo, i materiali da costruzione e l’acqua
Progettare, costruire e mantenere un edificio sano richiede attenzione alla salute e al benessere degli occupanti futuri. La concentrazione di gas Rn indoor può variare notevolmente in base alle condizioni meteorologiche, mostrando fluttuazioni sia giornaliere che stagionali. Le differenze di pressione possono essere accentuate dalla presenza di impianti di aspirazione, canne fumarie senza una sufficiente presa d’aria esterna e dalla mancata sigillatura delle tubazioni di servizio. A parità di presenza di gas nel suolo e di differenza di pressione tra l’interno e l’esterno, la concentrazione di Radon dipende significativamente dalle caratteristiche tecniche dell’abitazione e dalla gestione degli spazi.
Il gas Radon entra negli edifici risalendo dal suolo a causa di piccole differenze di pressione tra il terreno e l’interno del fabbricato. L’effetto vento e l’effetto camino, causati da differenze di temperatura e pressione sulle pareti del fabbricato, richiamano il gas dal terreno. I principali punti di ingresso dell’aria carica di Rn negli edifici sono le aperture, le fessurazioni, i giunti e le superfici particolarmente permeabili (Tabella 1).
I terreni argillosi, specie se umidi, rappresentano una barriera naturale per il Radon, trattenendolo nel sottosuolo e riducendo il rischio di esposizione, a meno che non vengano rimossi per costruire le fondamenta.
A causa della variabilità nella tipologia delle costruzioni e dell’eterogeneità del sottosuolo, si possono osservare significative differenze nei livelli di Radon anche tra edifici simili e adiacenti. Essendo un gas più denso dell’aria, il Radon tende a concentrarsi maggiormente negli ambienti a diretto contatto con il terreno – come cantine, seminterrati, taverne e garage poco ventilati – anche se i moti convettivi, noti come effetto camino, possono trasportarlo ai piani superiori. Inoltre, gli interventi di miglioramento energetico, rendendo gli edifici più sigillati, possono favorire l’aumento delle concentrazioni. Uno degli accorgimenti è senz’altro la messa in opera di infissi con microventilazione che possono mantenere livelli ottimali di qualità dell’aria in casa, evitando dispersioni energetiche e ottimizzando i consumi. Questi serramenti hanno un meccanismo che consente l’apertura a ribalta, creando una fessura stretta che garantisce il ricambio d’aria, un accorgimento che permette l’eliminazione del gas Radon, degli agenti inquinanti e previene le dispersioni termiche.
I PRINCIPALI FATTORI CHE INFLUENZANO L’INGRESSO DEL GAS RADON NELLE COSTRUZIONI |
La natura e struttura geologica del suolo, la permeabilità dei terreni e i materiali di costruzione impiegati |
Le tecniche costruttive dell’edificio, sia a contatto che non con il terreno, le caratteristiche di isolamento rispetto al suolo e la sigillatura per migliorare l’efficienza energetica |
Le abitudini e gli stili di vita degli occupanti, specialmente per quanto riguarda le modalità di ventilazione degli ambienti |
Le condizioni meteorologiche e climatiche della zona, che influenzano sia l’emissione di radon dal terreno che il regime di ventilazione |
Le risorgive che possono trasportare il gas radon in soluzione |
Le nuove costruzioni
Gli interventi edilizi specificati nell’articolo 3, comma 1, lettere da b) a e), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che riguardano l’attacco a terra devono essere progettati e realizzati con criteri costruttivi tali da prevenire l’ingresso del gas Radon all’interno degli edifici, in conformità con le disposizioni statali e regionali relative alla prevenzione dell’esposizione al gas radon in ambienti chiusi. Dal 1.1.2025, è necessario assicurare all’interno dei fabbricati i 200 Bq/m³; pertanto, il tecnico incaricato alla progettazione delle opere edili deve applicare i criteri costruttivi necessari per prevenire l’ingresso del gas Radon negli immobili, dandone conferma nella relazione tecnica e nei particolari esecutivi.
Per le nuove costruzioni non è obbligatorio incaricare un “esperto di risanamento Radon”, come previsto dall’allegato 2 punto 2 del D.lgs. 101/2020 e ss.mm.ii., per la progettazione e realizzazione delle misure preventive che coinvolgono l’attacco a terra. È sufficiente che tali interventi siano seguiti da un professionista abilitato e iscritto all’albo professionale competente per gli interventi edilizi (architetto, ingegnere, geometra, perito edile). Se, al termine della nuova costruzione, le misure tecniche previste in fase di progettazione non garantiscono concentrazioni inferiori a 200 Bq/m³, come evidenziato dalle misurazioni[6], interverrà un esperto qualificato in interventi di risanamento[7], trattandosi di costruzione esistente.
La scelta dei materiali da costruzione è cruciale per mantenere le concentrazioni di Rn sotto la soglia di sicurezza. Alcuni materiali da costruzione noti per liberare elevate quantità di Radon sono il tufo di origine vulcanica, le pozzolane e i graniti. Monitoraggi condotti in edifici esistenti hanno rilevato anche alte concentrazioni in presenza di materiali come l’argilla espansa o le lastre di cartongesso, che contengono sottoprodotti chimici ad alto contenuto di Radon.
Molti regolamenti edilizi vietano l’uso di materiali costruttivi e di finitura con elevate concentrazioni di radionuclidi naturali nei locali di abitazione, in particolare nelle zone notte, come tufi, graniti, sieniti, basalti, pozzolane, cementi con polveri e scorie di altoforno, sabbie zirconifere (e loro derivati) utilizzate nella manifattura delle ceramiche come agente opacizzante e indurente, gessi, malte di calce additiva con pozzolana, mattoni prodotti con fanghi rossi, calci idrauliche e grès porcellanati.
La diminuzione delle risorse energetiche e della disponibilità di materiali primari ha portato alla ricerca di metodi alternativi per la produzione di materiali da costruzione. In particolare, l’aggiunta di ceneri leggere e/o pesanti derivanti dalla combustione del carbone, scarti dalla produzione di ferro, piombo, rame e stagno, residui di bauxite, conferisce ai materiali da costruzione proprietà meccaniche interessanti, ma con un elevato livello di radioattività. Un esempio attuale di questi materiali è rappresentato dagli “alkali-activated materials” (AAM) o geopolimeri.
È inoltre consigliabile evitare finiture in legno proveniente da paesi dell’Europa orientale, noti per essere fortemente radioattivi, a meno che non siano accompagnate da certificati di analisi di enti riconosciuti che ne attestino la conformità ai limiti di radionuclidi. La pericolosità di un materiale da costruzione varia in base al suo utilizzo specifico nell’opera da realizzare, sia come materiale strutturale o di rivestimento, sia per ambienti interni o esterni. È evidente che nel caso di utilizzo all’esterno, l’esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti risulterà significativamente inferiore.
Per questa attività, l’Istituto Superiore di Sanità e l’INAIL hanno creato un database contenente informazioni su circa 23.000 campioni di materiali, di cui oltre 300 relativi ai materiali utilizzati in Italia. I valori per il nostro paese sono desumibili nel rapporto Istisan 17/36 dell’Istituto Superiore di Sanità[8].
Per quanto riguarda i parametri quantitativi da utilizzare per suddividere i materiali, si può considerare l’Indice di attività (I) definito dalla Commissione Europea nel 2000[9]
dove CRa226 , CTh232 e CK40 sono le concentrazioni di attività in Bq Kg-1 dei corrispondenti radionuclidi nel materiale da costruzione. L’Indice I si riferisce alla dose di radiazioni gamma presente in un edificio costruito con un determinato materiale, in eccesso rispetto all’esposizione tipica. Questo indice si applica al materiale da costruzione e non ai suoi componenti, a meno che questi ultimi non siano anch’essi materiali da costruzione e vengano valutati separatamente. Per applicare l’indice a tali componenti, in particolare ai residui industriali contenenti radionuclidi naturali riciclati nei materiali da costruzione, è necessario utilizzare un fattore di suddivisione appropriato. Il valore che l’Indice non deve superare è 1, ma è consigliato di tendere ad un valore inferire a 0,5.
La salubrità dei materiali usati nella costruzione edilizia, compresi i radionuclidi, è responsabilità del progettista e del direttore dei lavori. Secondo le Linee Guida della Regione Lombardia, la coerenza e conformità dei criteri di salubrità, con particolare riferimento alle “tecniche di prevenzione e mitigazione” indicate nel capitolo 3 delle Linee Guida della DDG 12678 del 21.12.2011, riprese da molte regioni, devono essere certificate dal committente, dal progettista e dal direttore dei lavori sia in fase di progetto che di agibilità. La verifica dell’efficacia delle misure adottate può essere effettuata mediante determinazioni delle concentrazioni residue al termine dell’intervento e prima dell’occupazione degli edifici. Secondo il Decreto Legislativo 31 luglio 2020, n. 101, gli interventi edilizi che coinvolgono l’attacco a terra (fondazione/suolo) devono essere segnalati certificati ai sensi dell’articolo 24 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
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Indicazioni progettuali per gli edifici radon resistenti
I nuovi edifici dovrebbero essere progettati e costruiti utilizzando misure preventive per garantire che le concentrazioni di Radon siano le più basse possibili. Dopo una valutazione del rischio, che consideri, la geologia del sito (mappe geologiche, consultazione di un geologo, mappe del Sistema Informativo Nazionale sulla Radioattività), eventuali misurazioni nel terreno e la struttura del futuro edificio (presenza di locali di soggiorno a contatto con il terreno, ecc.), si sviluppa un progetto di prevenzione. In linea di principio, come indicato nel Piano Nazionale Radon 2023-2032, è consigliabile privilegiare le tecniche di intervento a livello del contatto suolo-edificio. Esempi includono la depressurizzazione attiva o passiva del vespaio o la realizzazione del cosiddetto pozzetto-radon. Queste soluzioni sono ampiamente adottate e non comportano una complessità tecnica significativa.
Il progetto di prevenzione includerà: misure di base, in caso di basso rischio Radon; misure di base, complementari e supplementari, in relazione a un rischio crescente.
Le principali strategie di intervento sono: posa in opera di membrane impermeabili e platea di fondazione in calcestruzzo continua; sigillatura dei fori di passaggio delle condotte (reti elettriche, idriche, ecc.); è consigliabile far passare i condotti attraverso le pareti perimetrali verticali anziché nel solaio, se ciò non fosse possibile, sarebbe fondamentale sigillare le canalizzazioni impiantistiche con membrane antiradon, utilizzando una flangia di raccordo incollata sia alla membrana che al tubo; installazione delle sonde geotermiche accanto all’edificio, anziché sotto la platea di fondazione; vespaio aerato naturalmente (per edifici di piccole dimensioni); sistema di drenaggio Radon sotto la platea di fondazione; prese d’aria di compenso per ridurre la pressione differenziale (Δp)[10] provocata dai sistemi di estrazione d’aria (cappe, ventole nei bagni, ecc.).
Le membrane antiradon, in grado di ridurre la concentrazione del gas nei locali di oltre 10 volte, devono essere altamente resistenti. Devono offrire protezione contro il punzonamento accidentale durante i lavori in cantiere, resistere agli agenti chimico-fisici nel terreno e ai campi elettrici dispersi dagli impianti di messa a terra. Inoltre, devono essere estremamente compatte per contrastare efficacemente la diffusione del gas Radon.
Una corretta installazione è essenziale per assicurare l’efficacia del sistema di protezione contro l’umidità e il Radon. Questo comprende la selezione di membrane di alta qualità, una sigillatura accurata dei giunti e delle connessioni, e un’applicazione precisa secondo le specifiche tecniche. Le giunzioni devono essere sovrapposte di almeno 15/20 cm. Le barriere antiradon, generalmente realizzate in materiale plastico flessibile o composito, possono anche fungere da barriera contro la risalita capillare delle acque sotterranee.
Le membrane utilizzate come barriera per il passaggio di Rn negli edifici devono consentire una limitata esalazione dello stesso, in funzione sia del coefficiente di diffusione che dello spessore. Alcuni studi stimano che l’esalazione di Rn sia adeguata quando il coefficiente di diffusione di Rn è inferiore a 10 × 10−11 m2/s e lo spessore è maggiore di 2 mm[11]. L’incontro dell’involucro con gli elementi costruttivi (pilastro, facciata o attraversamento di tubi) e l’esistenza di giunti di dilatazione facilitano l’ingresso di Radon all’interno degli edifici, quindi devono essere adeguatamente sigillati. Le membrane liquide stanno gradualmente sostituendo le membrane tradizionali come soluzione efficace. Realizzate generalmente in materiali come la poliolefina, possono essere applicate sotto l’impiantito o tra lo strato di magrone e la pavimentazione, creando una barriera contro il radon e l’umidità. Sono estremamente durevoli e resistenti, prevenendo danni da calpestio. La superficie antiscivolo su entrambi i lati migliora l’adesione con la malta e non si fessura nemmeno a basse temperature. Essendo flessibili e pieghevoli, si adattano facilmente ad angoli e spigoli. Offrono anche l’impermeabilità ai gas, durabilità grazie alla resistenza ai raggi UV e al bitume, e versatilità per diversi ambienti e applicazioni.
Il vespaio (aerato o ventilato) è un solaio di fondazione che crea una camera d’aria isolante nelle costruzioni per migliorare le condizioni dell’ambiente abitativo. Serve a separare il terreno dalla soletta inferiore, proteggendo dagli effluvi, dalle efflorescenze e da altre contaminazioni. I volumi dei vespai aerati o ventilati devono essere intercomunicanti, per la mitigazione del Radon è consigliabile far entrare l’aria dalle bocchette posizionate nel punto più basso sul lato nord (o dal lato dominante) e farla uscire da quelle situate nel punto più alto sul lato sud (o dal lato opposto al dominante). In questo modo si assicura la massima circolazione dell’aria sfruttando l’effetto camino, che crea una differenza di pressione tra i tubi di uscita posizionati in alto e quelli di entrata posti in basso. In pratica, le bocchette sul lato sud, esposte al sole, riscaldano l’aria durante il giorno, facendola salire e creando un vuoto, che viene colmato dall’aria aspirata dal lato nord, instaurando un ricircolo continuo.
È utile installare un condotto che, partendo dal punto di suzione, superi il cornicione di gronda. Questo aumenta l’effetto camino e migliora l’aspirazione del volume. Va predisposto anche per un eventuale collegamento futuro con un sistema di aspirazione attivo. Il sistema di drenaggio del Radon sotto la fondazione è sempre vantaggioso ed efficace sia a breve che a lungo termine. Se le misurazioni periodiche indicano un peggioramento delle concentrazioni, è possibile collegare un sistema di ventilazione per trasformare il sistema da passivo ad attivo. Lo scarico può essere installato internamente o esternamente all’edificio.
Accorgimenti: se l’edificio è di grandi dimensioni, è preferibile installare tubi di grande diametro (d > 200 mm) per un eventuale futuro allaccio di un ventilatore. L’installazione dei tubi, generalmente in polietilene, dipende dalla permeabilità del terreno. È fondamentale posizionare i tubi di drenaggio opportunamente forati in cantiere su un letto di ghiaia lavata di circa 40-50 cm. Lo strato direttamente sotto la soletta deve essere riempito di ghiaia in modo uniforme e continuo, per garantire il passaggio del gas fino ai tubi di captazione. In questo caso, si può considerare un raggio d’azione di circa 5-6 m per ogni tubo.
Per garantire un’aria salubre negli ambienti chiusi, sia residenziali che lavorativi, è essenziale assicurare un adeguato ricambio d’aria proporzionati agli spazi e al numero di persone, e trattamenti di filtraggio efficaci per ridurre l’inquinamento e rimuovere le particelle dannose. In caso di elevato rischio Radon, si possono adottare misure aggiuntive, come la compartimentazione tra locali a contatto con il terreno (non abitati) e quelli di uso comune, rendere ermetica la porta della cantina, sigillare i passaggi di cavi e condotte, aspirare da cavità e intercapedini a contatto con il terreno, e garantire un ricambio d’aria costante nei locali abitativi e lavorativi, eventualmente tramite sistemi di ventilazione forzata (VCM).
Le tecniche di risanamento più efficaci per contrastare il gas Radon appartengono alla categoria della depressurizzazione attiva del suolo (ASD: active soil depressurization). Queste includono metodologie come la “depressurizzazione attiva sotto soletta” e il “pozzo radon”. Tali interventi offrono efficienze di risanamento molto elevate, raggiungendo fino al 90% (Tabella 2), e sono particolarmente efficaci nel caso di livelli di Radon estremamente alti (superiori a 2000 Bq/m³).
Tipologia di interventi di risanamento | Efficienze di risanamento Europa [12] | Efficienze di risanamento Italia [13] |
Sigillatura di fessure e intercapedini | 10 – 60 % | 10 – 60 % |
Incremento della ventilazione naturale dei locali abitati | 10 – 50 % | Discreta |
Incremento della ventilazione del vano tecnico/vuoto sanitario | 40 – 60 % | 60 – 90 % |
Pressurizzazione dei locali abitati | 40 – 80 % | 40 – 80 % |
Depressurizzazione passiva sotto soletta | 20 – 50 % | – |
Depressurizzazione attiva sotto soletta | 70 – 95 % | 70 – 85 % |
Pozzo radon | 80 – 90 % | 70 – 95 % |
Depressurizzare o pressurizzare? Gli impianti di mitigazione del gas radon di depressurizzazione e pressurizzazione sono pressoché identici: è sufficiente invertire il flusso d’aria del ventilatore tramite interruttore per ottenere un effetto piuttosto che un altro (Fig.6).
La depressurizzazione necessita di una tubazione che conduca il gas in quota. Questo percorso deve essere lineare e poco oneroso dal punto di vista costruttivo ed estetico, ma rappresenta spesso una difficoltà.
Viceversa, la pressurizzazione consiste nell’insufflare aria tramite un ventilatore al disotto dell’edificio. Tuttavia, questa presa d’aria nel caso della pressurizzazione richiede manutenzione e pulizia costante e se mal progettato, il sistema potrebbe comportare anche eventuali rientri nell’edificio. La pressurizzazione richiede generalmente maggiori potenze e costi di esercizio. Dunque, nelle nuove costruzioni, potendo prevedere più facilmente i percorsi delle canalizzazioni (soprattutto di evacuazione), si preferisce la depressurizzazione, che comporta minori consumi energetici e maggiori garanzie di efficacia. Al di là delle tecniche scelte, il Piano Nazionale Radon, raccomanda un adeguato monitoraggio sia durante l’esecuzione dei lavori sia al termine degli stessi. Le misure di protezione contro il Radon devono essere sempre attentamente seguite dalla direzione dei lavori e dal collaudatore.
Nello specifico si segnala di:
- mantenere livelli di inquinanti indoor compatibili con il benessere degli occupanti;
- garantire un numero sufficiente di ricambi d’aria;
- utilizzare materiali che assicurino una buona qualità dell’aria indoor nel breve e nel lungo periodo;
- evitare l’accumulo di acqua e lo sviluppo di muffe, e progettare edifici facilmente manutenibili;
- adottare strategie per ridurre la migrazione del Radon negli ambienti confinati, con valori inferiori a 100 Bq/m³;
- implementare misure specifiche in caso di concentrazioni indoor di radioattività ≥100 Bq/m³, come la pressurizzazione dell’edificio, la depressurizzazione del suolo, la ventilazione e la sigillatura delle vie d’ingresso;
- i tubi di estrazione devono essere posizionati ad almeno 30 cm oltre il livello del tetto e ad almeno 2 metri di distanza da finestre o altre aperture. Questo aiuta a garantire che il Radon venga disperso in modo sicuro nell’aria senza rientrare negli spazi abitati;
- per le nuove progettazioni, evitare camere da letto al piano terra. Nei vecchi edifici, aggiornare le planimetrie catastali se gli interventi di mitigazione comportano lo spostamento di vani abitativi o la conversione di ambienti in vani tecnici.
Il Piano Radon raccomanda inoltre, che le fasi di verifica durante l’esecuzione dei lavori siano incluse nel capitolato speciale d’appalto o in apposite procedure e istruzioni operative, preferibilmente all’interno di un sistema di gestione della qualità dedicato alla realizzazione delle opere.
A completamento dei lavori, è indispensabile seguire una serie di procedure e fornire le necessarie certificazioni per garantire la sicurezza e la qualità dell’ambiente indoor.
Ecco una sintesi di ciò che deve essere fatto:
- dichiarare la conformità dei materiali utilizzati ai valori obbligatori e/o incentivati e fornire le relative certificazioni;
- descrivere le soluzioni tecniche adottate per contenere la presenza indoor di fibre e fornire le certificazioni relative ai materiali utilizzati;
- descrivere gli accorgimenti adottati per ridurre o impedire l’ingresso di radon nell’edificio e fornire la certificazione dei prodotti utilizzati (come guaine e sigillanti);
- a completamento dei lavori, fornire la misurazione della concentrazione di radon all’interno degli edifici, dove previsto;
- descrivere le misure adottate per impedire la formazione di ponti termici, l’ingresso di acqua per risalita, l’infiltrazione o la formazione di condensa del vapore.
La verifica dell’efficacia degli interventi deve essere affidata al collaudatore, che dovrà eseguire misurazioni prolungate della concentrazione di Radon, in relazione alle operazioni di collaudo finale. È importante rilasciare un manuale d’uso al proprietario e/o esercente, invitandolo alle misurazioni periodiche successive, soprattutto se vengono eseguiti lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione, che possono modificare il dinamismo dell’edificio. In presenza di un ventilatore per il Radon, è basilare assicurarsi che venga effettuata una manutenzione adeguata a garantire il funzionamento efficace del sistema e la sicurezza degli occupanti. Le assicurazioni di norma coprono l’apparecchio per 3 o 4 anni, quindi è importante:
- controllare periodicamente il funzionamento dell’aspiratore e assicurarsi che non ci siano problemi tecnici;
- mantenere i filtri puliti e sostituirli se necessario, secondo le indicazioni del produttore;
- verificare che le guarnizioni e le sigillature siano in buone condizioni per prevenire eventuali infiltrazioni di Radon;
- far eseguire ispezioni da tecnici qualificati per assicurarsi che il sistema funzioni correttamente e rimediare tempestivamente a eventuali anomalie.
L’installazione di ventole potenti può causare rumore e vibrazioni fastidiose o dannose per il comfort degli occupanti nel tempo. Oltre a temporizzare gli impianti con spegnimento notturno, è importante ridurre rumore e vibrazioni utilizzando sistemi di fissaggio che impediscano il trasferimento delle vibrazioni alle strutture e rivestendo le tubazioni con materiali fonoassorbenti e fonoisolanti. La posa delle tubazioni e degli aspiratori deve essere accurata per minimizzare l’impatto acustico e delle vibrazioni.
Spese elettriche di consumo impianto
Le spese di elettricità per il funzionamento degli impianti di estrazione del Radon possono rappresentare una parte significativa dei costi operativi totali. L’uso di temporizzatori per spegnere gli impianti nelle ore notturne, se le condizioni lo permettono, può contribuire a ridurre il consumo di energia. Per un costo dell’energia elettrica stimata a 0,088 €/Kwh e considerando un aspiratore del tipo Elicent AXR 100, in grado di assorbire un’energia elettrica pari a 27 W, in condizioni di funzionamento continuo corrispondente a 8750 ore annue, si può determinare un costo medio annuo per spese elettriche di consumo pari a € 207,90, ed un costo stimato per la corretta manutenzione e verifica dello stesso in regime annuale pari a circa € 90,00 + Iva 22%.
Investire in un sistema di estrazione efficiente e ben mantenuto può comportare risparmi significativi nel lungo termine. Inoltre, un sistema di mitigazione ben progettato riduce drasticamente le concentrazioni di Radon negli edifici, tutelando la salute degli occupanti e abbattendo notevolmente il rischio di esposizione. Questo può anche aumentare il valore dell’immobile, poiché la presenza di un sistema di mitigazione del Radon è vista come un vantaggio dai potenziali acquirenti.
Note
[1] Il dato disponibile risale agli anni ’80 (dal Piano Nazionale d’Azione Radon 2023-2032)
[2] Uno degli studi in merito è stato condotto dal dottor James McGrath e guidato dalla dottoressa Miriam Byrne in una ricerca finanziata dall’Environmental Protection Agency e pubblicato sulla rivista Building and Environment.
[3] Il principio del “Do No Significant Harm” (DNSH), ovvero “Non arrecare danno significativo”, è un concetto centrale nel contesto delle politiche ambientali e di sostenibilità. Esso stabilisce che le attività e i progetti non devono causare danni significativi all’ambiente o alla salute umana.
[4] Fonte IARC-OMS (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità)
[5] Radon aspetti epidemiologici (iss.it)
[6] La durata delle misure deve essere di un anno, eventualmente suddiviso in due o più periodi consecutivi (ad esempio, due semestri). Così facendo è possibile misurare l’esposizione tenendo conto delle variazioni dovute ai fattori climatici e all’uso degli ambienti.
[7] Gli esperti in interventi di risanamento radon devono avere i seguenti requisiti (modificati dal Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203):
a) abilitazione professionale per la progettazione di opere edili e iscrizione all’albo professionale;
b) partecipazione a corsi di formazione ed aggiornamento di 60 ore con verifica finale, organizzati da enti pubblici, università o ordini professionali, su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione del radon. Inoltre, devono partecipare a corsi di aggiornamento triennali di 4 ore.
[8] Per le pietre ornamentali la Tabella è stata redatta da Facchini, Valli e Vecchi dell’Università di Milano.
[9] (documento 112, ISBN 92-828-8376-0)
[10] La pressione differenziale indica la differenza tra la pressione all’entrata e all’uscita.
[11] Studio Ruvira et al. (2022 b) – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) -Quaderni tecnici n.27/2023 pag.153
[12] Fonte: Radiation and Nuclear Safety Authority (STUK) “Assessment of current techniques used for reduction of indoor radon concentration in existing and new houses in European countries” O. Holmgren and H. Arvela – 2012.
[13] Fonte: ARPA Toscana “Tecniche di mitigazione per ridurre la concentrazione di radon” – 2014.
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