Eco-patrimoniale per edifici energeticamente inefficienti? Confedilizia dice no

In vista dell’esame finale della bozza della direttiva europea, l’associazione lancia l’allarme al fine di scongiurare una eco-patrimoniale che obbligherebbe interventi di ristrutturazione da realizzare in breve tempo su milioni di edifici residenziali

Il testo della proposta direttiva europea EPBD non convince Confedilizia. 

Per l’Associazione ci potrebbero essere delle “conseguenza devastanti” per l’Italia nel caso in cui dovesse andare avanti quanto previsto, in materia di efficienza energetica del patrimonio immobiliare esistente, dalla bozza sotto esame da parte del Parlamento europeo.

Il rischio è quello una perdita di valore della maggioranza degli immobili italiani e si teme l’arrivo di una eco-patrimoniale europea.

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Ma andiamo con ordine. Vediamo nel dettaglio cosa prevede la direttiva europea che promuove l’efficienza energetica in edilizia e cerchiamo di capire perché il testo così strutturato potrebbe non funzionare, creando effetti negativi sul mercato immobiliare.

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Cosa prevede la direttiva europea

Le misure oggetto della direttiva europea, sulla quale sta lavorando il Parlamento Europeo, rientrano nel pacchetto Fit for 55% presentato dalla Commissione europea, il 14 luglio 2021, al fine di allineare la normativa vigente in materia di clima ed energia al nuovo obiettivo di riduzione, entro il 2030, delle emissioni nette di gas a effetto serra (emissioni previa deduzione degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050.

Il testo della proposta prevede azioni da mettere in atto sugli edifici energeticamente inefficienti, secondo tempistiche molto stringenti. Gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere:

  • entro il 1° gennaio 2030 almeno la classe energetica E ed
  • entro il 1° gennaio 2033 almeno la classe energetica D.

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Confedilizia evidenza che i tempi dettati dalla Commissione non tengono conto delle peculiarità del patrimonio immobiliare italiano che si caratterizza per vetustà e proprietà diffusa. In molti casi gli interventi richiesti non sarebbero materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli edifici interessati.

Per ANCE il 74,1% del patrimonio immobiliare italiano è realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica: su 12,2 milioni di edifici, oltre 9 milioni non sono in grado di garantire le performance energetiche, sia pur minime, richieste per gli edifici costruiti successivamente.

Inoltre, dal monitoraggio Enea-CTI, relativo agli attestati di prestazione energetica (APE) emessi nel 2020, è emerso che, in media il 75,4% degli attestati si riferisce a immobili ricadenti nelle classi E, F, G. Quest’ultima, in particolare, incide per oltre un terzo (35,3%).

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La bozza che non convince

In vista della fase finale di esame della bozza del testo, Confedilizia lancia l’allarme e chiede l’intervento del Governo affinché si possa scongiurare una possibile eco-patrimoniale europea che obbligherebbe interventi di ristrutturazione da realizzare in pochi anni su milioni di edifici residenziali.

Per Confedilizia:” i tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti ecc…Nell’immediato, poi, l’effetto sarà quello di una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie”.

Per l’associazione è necessario fissare obiettivi realistici, agendo attraverso misure incentivanti e non imponendo a Paesi diversi fra loro obblighi burocratici. La strada della coercizione non è quella giusta da percorrere, senza prevedere, per gli Stati membri, la possibilità di adeguare le nuove norme ai contesti nazionali.

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Foto: iStock.com/sorn340

Redazione Tecnica

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