Contributo di costruzione: natura, correlazione con intervento e prescrizione importo pagato

Una recente sentenza offre lo spunto per ribadire una serie di aspetti riguardanti il contributo di costruzione, spesso oggetto di contenzioso fra il cittadino e l’ufficio tecnico comunale

Mario Petrulli 06/02/24
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La recente sentenza 22 gennaio 2024, n. 160, del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, ci offre lo spunto per ribadire una serie di aspetti riguardanti il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del Testo Unico Edilizia[1], argomento che in molteplici occasioni è oggetto di contenzioso fra il cittadino e l’ufficio tecnico comunale.
 
Le due voci del contributo di costruzione

Il contributo di costruzione, gravante sul soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, è articolato nelle due voci inerenti agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione e “rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio[2].

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Più nello specifico:
·       gli oneri di urbanizzazione, di natura latamente corrispettiva, hanno la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria;
·       il costo di costruzione è stato configurato alla stregua di una prestazione di natura pubblica, determinata tenendo conto della produzione di ricchezza generata dallo sfruttamento del territorio, ovvero quale compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore[3].
 
La natura del contributo di costruzione

Il contributo di costruzione è un corrispettivo di diritto pubblico, proprio per il fondamentale principio dell’onerosità del titolo edilizio recepito dall’art. 16 del Testo Unico Edilizia[4], e come tale, benché esso non sia legato da un rigido vincolo di sinallagmaticità rispetto del rilascio del permesso di costruire, rientra anche, e coerentemente, nel novero delle prestazioni patrimoniali imposte di cui all’art. 23 Cost.[5]

La debenza del contributo di costruzione, di conseguenza, è direttamente correlata all’effettiva trasformazione urbanistica ed edilizia e, quindi, al concreto impatto che la stessa determina sul territorio[6]; pertanto, “qualora il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire, sorge in capo all’amministrazione, ex art. 2033 cod. civ., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione nonché, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione; con la precisazione che il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente[7].

In sintesi, perciò, nel caso di mancata realizzazione delle opere assentite sorge in capo al privato il diritto alla ripetizione delle somme versate a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione e, corrispondentemente, scaturisce il dovere del Comune di restituirgliele.
 
La prescrizione e la decorrenza del termine

Il termine entro il quale il privato deve agire per chiedere la restituzione delle somme versate è quello di prescrizione decennale[8]. Sull’esatta individuazione del termine di decorrenza è utile richiamare il caso specifico della sentenza segnalata.

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La società che doveva realizzare l’intervento aveva ottenuto il permesso di costruire il 1° marzo 2008 e versato il contributo di costruzione in due diverse rate: una il 22 maggio 2008 e l’altra il successivo 29 maggio; tuttavia, stante la mancata realizzazione del complesso edilizio, in data 9 ottobre 2018 aveva protocollato presso gli uffici comunali la formale richiesta di ripetizione del predetto importo corrisposto a titolo di oneri di urbanizzazione primaria, oneri di urbanizzazione secondaria e costo di costruzione, da maggiorare degli interessi legali nel frattempo maturati.

Secondo il Comune, la richiesta non poteva essere accolta in quanto fra la data dell’ultimo versamento (29 maggio 2008) e quella di richiesta di restituzione (9 ottobre 2018) era trascorso un lasso temporale superiore ai dieci anni e, quindi, il diritto alla restituzione doveva considerarsi prescritto.

Secondo la società titolare del permesso di costruire, al contrario, la decorrenza del termine decennale non doveva individuarsi nella data dell’ultimo versamento (29 maggio 2008) ma a quella della scadenza del termine annuale di inizio lavori o, ove presente, dalla data di formalizzazione della rinuncia al titolo edilizio: nel caso specifico, stante l’assenza di una dichiarazione di rinuncia da parte della società titolare e di una dichiarazione di decadenza del permesso da parte dell’ufficio tecnico comunale e posto che il permesso di costruire era stato rilasciato il 1° marzo 2008, la decorrenza del termine decennale di prescrizione doveva individuarsi nella data del 1° marzo 2009 e, conseguentemente, la richiesta di restituzione del 9 ottobre 2018 era intervenuta prima della scadenza del termine di prescrizione.

I giudici hanno ritenuto condivisibile la tesi prospettata dalla società titolare del permesso di costruire e richiedente la restituzione del contributo di costruzione versato, considerato che soltanto alla scadenza del termine per avviare i lavori, ovvero a un anno dal rilascio del titolo[9], emerge con certezza che l’intervento edilizio non verrà (e non potrà essere) più realizzato.

Tale orientamento trova conferma anche in ambito giurisprudenziale, dove è stato evidenziato come “la decorrenza del termine di prescrizione decennale relativo alla restituzione di somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione va poi calcolata partendo dal momento in cui il diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato dal privato in applicazione di un principio generale di cui all’art. 2935 c.c. Di conseguenza, il diritto di credito del titolare di una concessione edilizia non utilizzata di ottenere la restituzione di quanto corrisposto per oneri di urbanizzazione, decorre non dalla data del rilascio dell’atto di assenso edificatorio, bensì dalla data in cui il titolare comunica all’Amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o dalla data di adozione da parte dell’amministrazione medesima del provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2003 n. 954)[10].

Trattandosi di una somma di denaro – e quindi di un debito di valuta e non di valore – la stessa deve essere maggiorata esclusivamente degli interessi legali a far data dal giorno in cui la somma è stata formalmente richiesta al Comune e fino al soddisfo[11].

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

[1] DPR n. 380/2001.
[2] Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 7 dicembre 2016, n. 24; sent. 30 agosto 2018, n. 12; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 23 luglio 2020, n. 1418 e sent. 15 maggio 2020, n. 828.
[3] Ex multis: Consiglio di Stato, sez. II, sent. 15 giugno 2021, n. 4633; sent. 9 dicembre 2019, n. 8377; sez. V, sent. 21 novembre 2018, n. 6592.
[4] Cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 64 del 10 aprile 2020.
[5] Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 30 agosto 2018, n. 12; sez. IV, sent. 7 novembre 2017, n. 5133.
[6] Cfr. Consiglio di Stato, sez. II, sent. 15 giugno 2021, n. 4633.
[7] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 7 gennaio 2016, n. 12; sent. 23 luglio 2020, n. 1418; sent. 1° marzo 2017; n. 496; Brescia, sez. II, sent. 2 maggio 2019, n. 426; Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 30 agosto 2018, n. 12; sez. II, sent. 15 giugno 2021, n. 4633; sez. IV, sent. 15 ottobre 2019, n. 7020; TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 3 aprile 2018, n. 488; TAR Sicilia, Catania, sez. II, sent. 27 gennaio 2017, n. 189.
[8] Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 30 agosto 2018, n. 12.
[9] Ai sensi dell’art. 15, comma 2, del Testo Unico Edilizia.
[10] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 11 gennaio 2021, n. 349; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 1° luglio 2013, n. 489.
[11] TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, sent. 21 marzo 2023, n. 123; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 1° marzo 2017, n. 943.

Mario Petrulli

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