Compatibilità paesaggistica postuma: possibile per movimento terra di lieve entità

Una recente sentenza del TAR Campania chiarisce che i movimenti di terra di modesta entità, privi di nuove superfici o volumi e realizzati per finalità agricole, possono accedere all’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Mario Petrulli 04/11/25

L’art. 167, comma 4, lett. a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) dispone che, eccezionalmente, è possibile ottenere un accertamento postumo della compatibilità paesaggistica per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.

Osserviamo meglio la nozione di volumi e superfici utili e analizziamo una recente sentenza in merito.

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La nozione di volumi e superfici utili: i due orientamenti giurisprudenziali

La giurisprudenza registra due orientamenti in merito alla nozione di volumi e superfici utili ai fini della verifica dei presupposti previsti dalla norma in discorso.

Un primo orientamento recepisce un concetto di superficie utile in senso ampio e finalistico, non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto del territorio e, quindi, l’idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio. Pertanto, il concetto si estende anche a quelle superfici che non sono considerate normalmente rilevanti secondo le norme urbanistico-edilizie[1], rilevando che, ai fini dell’accertamento di conformità paesaggistica, l’impatto dell’intervento sull’originario assetto del territorio va verificato per qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso[2].

Infatti, appare corretto l’assunto secondo cui la nozione di «superficie utile», ai fini paesaggistici, non è limitata ai soli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto invece considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto del territorio e, quindi, l’idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio. Le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non sono automaticamente trasferibili quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico. Ciascun costrutto normativo deve essere, infatti, osservato con la ‘lente’ del suo specifico contesto disciplinare (per questo stesso motivo, ad esempio, i volumi c.d. ‘tecnici’, per quanto irrilevanti sotto il profilo urbanistico-edilizio, soggiacciono invece al divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, il quale tutela il diverso interesse alla percezione visiva dei manufatti, del tutto a prescindere dalla loro destinazione d’uso).

La conclusione, del resto, è avvalorata dalla stessa lettera dell’art. 167 del Codice, che si riferisce – disgiuntivamente – alla creazione di “superfici utili o volumi”, considerato che nella materia paesaggistica la “non abitabilità” della superficie non consente affatto di escluderne il carattere di “utilità” ai fini di cui all’art. 167, comma 4, lett. a): in tale materia, la nozione di volume utile (come anche di superficie utile) deve essere interpretata nel senso di qualsiasi opera edilizia calpestabile e/o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia[3].

Un secondo orientamento, invece, evidenzia che i concetti di volume e di superficie utile, richiamati in ambito paesaggistico ma non definiti dal Codice, devono essere ricondotti alle definizioni tecnico-giuridiche desumibili dal Testo Unico dell’Edilizia[4] e, quindi:

  • il volume degli edifici, espresso in metri cubi vuoto per pieno, è costituito dalla sommatoria della superficie delimitata dal perimetro esterno dei vari piani per le relative altezze effettive misurate da pavimento a pavimento del solaio sovrastante[5];
  • la superficie utile (SU) coincide – in estrema sintesi – con l’area abitabile (superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e balconi).

Secondo tale orientamento, quella di attribuire lo stesso significato alla medesima nozione utilizzata nel Codice e nel Testo Unico Edilizia è un’opzione che, oltre che aderente al dato lessicale, si presenta come la più ragionevole. Infatti, ipotizzare, all’opposto, ed al fine di estendere la portata del divieto di compatibilità paesaggistica postuma, che Codice dei beni culturali e Testo Unico Edilizia contengano due significati diversi – oltre a contrastare con i principi di coerenza, unitarietà e sistematicità dell’ordinamento giuridico – si risolverebbe in un’ingiustificata disparità di trattamento in danno di coloro che chiedono la sanatoria di opere abusive in zona vincolata, rispetto a coloro che esercitano la medesima facoltà in zone libere.

Dunque alla nozione di superficie utile, quale elemento interdittivo della sanatoria postuma di un intervento abusivo, va assegnato il contenuto che la giurisprudenza amministrativa attribuisce all’identica nozione in materia edilizia; con essa, viene individuata, da sempre, la realizzazione di superficie calpestabile, di regola non esposta alle intemperie, che può essere oggetto di una fruizione di tipo abitativo/residenziale/commerciale, o comunque atta allo svolgimento di attività umane, non necessariamente private, di varia natura, e cioè di contenuto quasi mai (o raramente) pre-determinato “a priori”.

L’ulteriore connotato caratterizzante è dato dalla autonoma utilizzabilità dello spazio creato, che viene valorizzato, di per sé, come bene singolo, non necessariamente, né sempre, connesso ad altri, per poter essere fruito, anche perché è di norma soggetto, come detto, ad una molteplicità di possibili usi.

Un recente caso concreto

Aderendo al secondo orientamento, il TAR Campania, Salerno, sez. I, nella sent. 24 ottobre 2025, n. 1721, ha ritenuto che non potesse configurarsi la creazione di nuove superfici calpestabili dinanzi ad un intervento di movimenti terra di scarsa entità che non aveva realmente modificato lo stato dei luoghi ma semplicemente meglio definito l’area interessata, sulla base della conformazione già esistente, con finalità di agevolazione delle attività agricole.

In particolare, dal raffronto delle ortofoto relative allo stato dei luoghi, raffiguranti la panoramica dell’intero complesso, non emergeva una significativa e rilevante creazione di superfici tra la situazione originaria e quella successiva l’intervento, con una configurazione “non dissimile” tra il prima ed il dopo, considerato che questi ultimi avevano, in sintesi, eliminato una vegetazione disordinata presente e conferito una forma più regolare alle piste già esistenti, generate dalle attività di lavorazione agricola; parimenti, non si erano creati nuovi volumi, considerato che le operazioni avevano comportato la rimozione di terra e non l’aggiunta di materiali.

Conseguentemente, i giudici hanno ritenuto illegittimo il parere negativo della Soprintendenza.

Note

[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 11 ottobre 2024, n. 8150.
[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 novembre 2024, n. 9169.
[3] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 13 giugno 2023, n. 5807; sez. II, sent. 28 novembre 2023, n. 10189.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 31 marzo 2014, n. 1512 e sent. 13 maggio 2016, n. 1945; sent. 6 aprile 2020, n. 2250.
[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 1° dicembre 2014, n. 5932; sent. 16 giugno 2021, n. 4658.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica, degli appalti, del diritto degli Enti Locali e del diritto bancario.
Collabora da anni con società di consulenza e formazione agli Enti Locali, case editrici, riviste tecnic…Continua a leggere

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