Considerato l’avvicinarsi della stagione invernale verrebbe molto facile iniziare queste riflessioni con una battuta: “Questa casa è un frigorifero!”.
Pare che ciò sia il concetto che alcuni enti di controllo stiano portando avanti nello svilire le prestazioni tecniche in ambito energetico, in virtù di una potenziale falsa applicazione dei principi di informazione, tutela del consumatore e concorrenza tra tecnici (leale o meno su questo punto nessuno si esprime). Lasciando tali questioni a chi è più competente, la domanda che ci si pone in queste riflessioni riguarda il tema della variazione del valore di mercato degli immobili in relazione alla classe energetica.
Da alcune elaborazioni svolte dall’ENEA, negli edifici residenziali quasi il 70% dei consumi energetici è dovuto al riscaldamento degli ambienti, il 10% alla produzione dell’acqua calda sanitaria, il 5% per usi cucina, e circa il 16% per usi elettrici, illuminazione, elettrodomestici e condizionamento estivo.
Una qualche forma di virtuosismo tra il 2000 e il 2010 si è innescata ma ad un ritmo decisamente più lento rispetto alle altre grandi nazioni europee: il grafico successivo riporta le riduzioni operate in tale periodo nelle varie nazioni ed anche rispetto alla totalità della UE.
Restiamo, quindi, in una posizione di limbo che certamente non rende onore alla professionalità ed alla scienza che si è sempre stati in grado di esprimere. Nel 2011 il patrimonio immobiliare italiano era costituito, secondo i dati dell’Agenzia del territorio, da oltre 69 milioni di unità immobiliari. Per quanto riguarda l’età di realizzazione, che è un diretto riflesso del grado di efficienza energetica e quindi della necessità di un adeguato retrofit, si osserva che la grande maggioranza di esse è collocata nel periodo tra il 1962/1971; quasi il 90% è antecedente al 1991.
La maggior parte del patrimonio edilizio privato italiano è detenuto da persone fisiche, mentre un esempio di virtuosismo imprenditoriale, ai fini dell’efficienza energetica, è rappresentato da investitori professionali quali i fondi immobiliari, che investono il proprio patrimonio in misura non inferiore ai due terzi in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari.
Considerato quindi lo scopo economico di tali soggetti finanziari è interessante verificare come essi considerano il tema dell’efficienza energetica rispetto alla valorizzazione dei propri asset. Da una indagine svolta su otto importanti fondi è emerso che tutte le società coinvolte hanno effettuato interventi di efficienza energetica per circa il 25% del patrimonio gestito e per un investimento complessivo pari a oltre 210 milioni di euro.
E’ dunque evidente che gli operatori economici del settore più evoluti, nonostante gli ostacoli, considerano l’efficienza energetica uno strumento rilevante per la valorizzazione concreta del proprio portafoglio immobiliare, come testimoniato dagli ingenti investimenti realizzati.
Per proseguire nella lettura dell’articolo corredato di immagini e schemi scarica qui il pdf.
Per ulteriori informazioni sul tema consigliamo di consultare la rivista mensile L’Ufficio Tecnico: questa accoglie ogni mese anche articoli di approfondimento provenienti da grandi esperti del settore dell’efficienza energetica.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento