Un anno fa mi trovavo nel cuore di Praga: Piazza Venceslao. Scesa dalla metro a Mustek (ai piedi quindi della salita lungo cui si snoda la Piazza), quando sono risalita in superficie ho guardato verso il Museo che sovrasta tutto e mi ha fatto specie vedere che uno dei palazzi storici che costeggiava il lato sinistro era stato completamente demolito.
Se mi fossi trovata a New York nulla di più normale (lì i palazzi storici sono vecchi e quindi da demolire e ricostruire), ma in una capitale europea, dove vecchio vuol dire monumento centenario (se non millenario), questa filosofia è un po’ all’avanguardia. È tuttavia questo il trend imperativo da seguire!
Si dice così che l’attività edilizia deve puntare alla qualità e al recupero dell’esistente. Al 156° Consiglio Nazionale degli Ingegneri, tenutosi a Bari, è stata acclamata la figura dell’ingegnere del risparmio che deve privilegiare il riuso delle reti esistenti anziché costruirne di nuove e rendere le future megalopoli vivibili.
Attualmente è cosa nota che l’elevata densità abitativa, la presenza di edifici uno attaccato all’altro, l’incrocio isterico di strade e la pressoché inesistenza di aree verdi rendono il microclima urbano insostenibile, generando la temuta “isola di calore”, che se d’inverno può contribuire ad un (minimo) risparmio termico, d’estate spinge alla fuga i residenti.
In molte città straniere il sistema adottato è stato quello di creare un centro commerciale-direzionale (la classica downtown), gremita di grattacieli e negozi, e sviluppare quartieri residenziali dalle altezze decisamente inferiori e contornate di verde (quelle che per noi sembrerebbero periferie, ma che di fatto si trovano a tre fermate di metro dal centro).
Ovvio in Italia si ha una sorta di paura di demolire per poi ricostruire e pianificare vuol dire burocrazia e burocrazia vuol dire anni d’attesa prima che qualcosa si riesca a cambiare, ma la sostenibilità ambientale ed energetica sembra comincino a essere viste come crescita economica.
E se anche alla TV propongono reality in cui la rivisitazione di edifici non nuovi li può rendere più appetibili sul mercato e magari più sostenibili, non ci resta che confidare che qualcosa si stia muovendo.
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