Sono pervenute a questa redazione diversi quesiti da parte di lettori che hanno ricevuto in eredità un immobile abusivo.
I problemi che in questi casi si pongono sono numerosi e non sempre di facile soluzione; sperando di fare cosa utile esamineremo, di seguito, alcune delle questioni più rilevanti.
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Indice
L’immobile abusivo
Un primo aspetto da considerare è il concetto di “abuso edilizio”.
Si stima che nel nostro paese sono numerosi gli immobili con irregolarità urbanisticoedilizie; ne sono indiretta conferma i tre condoni succedutisi a partire dal 1985 e la continua attenzione del legislatore per semplificare la materia e tipizzare i titoli abilitativi. In tale ampia casistica possiamo avere un abuso “modesto” (es. una ristrutturazione interna dei vani non riportata in catasto) o un abuso di “particolare gravità” (es. un immobile realizzato senza titolo abilitativo in zona vincolata); tra questi estremi vi sono tante situazioni intermedie dalle mille sfaccettature difficilmente classificabili.
Immaginando di paragonare l’abuso grave al colore nero e l’assenza di irregolarità al bianco, la differenza tra i due estremi verrebbe colmata da una serie infinita di sfumature grigie.
Su natura, tipologia e pluralità di “abusi” e sulle conseguenze penali, amministrative e civili si rinvia ad Abusi e reati edilizi edito da u003cemu003eMaggioli Editore.u003c/emu003e
Da non perdere
Abusi e reati edilizi
Aggiornata con la recente Legge 24 luglio 2018, n. 89 di conversione del DL 29 maggio 2018 n 55, che ha rivisto l’indice di tolleranza delle misure progettuali, quest’apprezzatissima Opera, giunta alla sua settima edizione, esamina la complessa materia degli abusi edilizi e urbanistici attraverso il quadro organico ed approfondito della normativa di riferimento e sua evoluzione, con particolare attenzione agli aspetti di natura penale e processuale penale. La trattazione, grazie ad una copiosa casistica giurisprudenziale, chiarisce al Professionista quali sono i titoli abilitativi richiesti per ciascun intervento edilizio, per evitare d’incorrere in sanzioni in caso di violazione: il permesso di costruire, l’autorizzazione unica e la denuncia di inizio attività. Alla luce delle più recenti decisioni della Suprema Corte di Cassazione e della giurisprudenza amministrativa, il Manuale analizza nel dettaglio le varie categorie di abuso edilizio di rilevanza penale e quelle di natura amministrativa, civile e fiscale – dai reati tipici alle violazioni dei vincoli ambientali e dei beni culturali – soffermandosi sull’attività di vigilanza e sui procedimenti applicativi alle varie sanzioni e sulle procedure per la sanatoria delle opere abusive. Fruibile e di rapida consultazione, grazie al risalto grafico delle parole-chiave, all’indice analitico degli argomenti e agli appositi box di lettura all’interno del testo con i riferimenti giurisprudenziali della materia trattata. Nicola D’Angelo, Magistrato, autore di testi di diritto, collabora su tematiche giuridiche con diverse riviste tra cui troviamo “Progetto sicurezza”, “Rivista Giuridica di Polizia” e “L’Ufficio Tecnico”, tutte pubblicate da Maggioli Editore.
Nicola D’Angelo | Maggioli Editore 2019
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L’immobile abusivo e le conseguenze per l’erede
Rispetto ai quesiti giunti ci soffermiamo, quindi, sulle possibili conseguenze, per l’erede, di un immobile “abusivo”, qui ipotizzando che l’abuso consista in una rilevante irregolarità urbanisticoedilizia, come nel caso di opera realizzata in assenza o in difformità dal permesso di costruire.
Nel caso di abusi di modesta portata gli stessi spesso sfuggono ad ogni censimento e, comunque, la loro sanatoria sarà sicuramente agevole. Per quanto attiene agli abusi maggiori la normativa di settore ha predisposto un articolato sistema sanzionatorio che si muove su tre direttrici:
- le sanzioni penali, dell’arresto e dell’ammenda, nei confronti di chi ha realizzato l’edificio abusivo e, in taluni casi, la confisca dell’immobile;
- le sanzioni amministrative della demolizione dell’edificio abusivo o dell’acquisizione gratuita al patrimonio del comune;
- le sanzioni civili della non negoziabilità, con atti tra vivi, dei diritti reali relativi al detto edificio.
Mentre le sanzioni penali (l’arresto e l’ammenda) sono legate alla “persona” e – come tali – non si trasmettono all’erede, le sanzioni amministrative e quelle civili sono legate al “bene” e quindi valgono anche nei confronti degli eredi dell’autore dell’abuso (e comunque dei proprietari a qualunque titolo). Anche la confisca adottata in sede penale – avendo natura di sanzione amministrativa – segue l’immobile e, quindi, è eseguibile anche se il bene ha un proprietario diverso.
La successione ereditaria
La successione ereditaria (detta “mortis causa”) è la procedura con la quale i diritti di un soggetto deceduto passano ad un’altra persona: l’erede.
L’eredità è il complesso dei diritti del deceduto (detto de cuius). Perché l’erede subentri in tutti i rapporti attivi e passivi del defunto, però, è necessario che egli accetti tale qualità; è infatti possibile rinunciare all’eredità quando, ad esempio, i debiti del defunto sono superiori ai crediti; in questo modo il soggetto destinato ad essere erede fa cessare gli effetti verificatisi nei suoi confronti a seguito dell’apertura della successione e rimane completamente estraneo alla stessa.
In alternativa è ammesso, optando per l’accettazione con “beneficio di inventario” (art. 470 cc) rispondere delle passività nei limiti dell’attivo ereditario.
L’erede e la gestione dell’immobile abusivo
Dunque, immaginando un erede che abbia accettato l’eredità, abbiamo già chiarito che mentre gli aspetti penali non devono preoccuparlo, diverso è a dirsi per quelli amministrativi e civili.
Quanto ai primi l’erede rischia di vedersi notificare un ordine di demolizione (a sue spese) dell’immobile e, in caso di inottemperanza, l’acquisizione gratuita dello stesso al patrimonio del comune.
Quanto al profilo civilistico il principale problema per l’erede (seppure non l’unico) è legato al fatto che egli non potrà vendere l’immobile; situazione che diventa ancora più difficile da gestire se lo stesso immobile è stato ereditato da più soggetti.
Al riguardo l’art. 40 della legge 471985 prevede che la vendita di un immobile è nulla (quindi il notaio non potrà rogare l’atto) qualora nell’atto di vendita non risultino, per dichiarazione del venditore, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Quindi gli immobili abusivi (privi di titolo e non sanati) non possono passare di proprietà da un soggetto ad un altro; fa eccezione solo il caso in cui il passaggio di proprietà avvenga a seguito di successione ereditaria; l’erede sarà il nuovo legittimo proprietario, ma non potrà né venderlo né donarlo.
Su questo tema la Cassazione a Sezioni Unite (sent. 82302019) ha precisato che la nullità si determina soltanto per la mancata inclusione, nell’atto di vendita, del titolo abilitativo dell’immobile o nel caso di inserimento di un titolo “inesistente”. Al contrario, in presenza nell’atto degli estremi del titolo urbanistico (purché esistente e riferito all’immobile da vendere) il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.
La rilevanza dell’abuso ai fini dell’incommerciabilità
Questa decisione è particolarmente importante perché – modificando un precedente indirizzo non sempre uniformemente applicato – circoscrive i limiti alla non commerciabilità dell’immobile riferendoli al solo caso in cui nell’atto non sia possibile indicare gli estremi del titolo abilitativo. In precedenza, invece, la suprema Corte, in diverse decisioni, aveva ritenuto assimilabile, all’immobile realizzato sine titulo, quello edificato con “variazioni essenziali” rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo.
Le Sezioni Unite, invece, giustificano il nuovo indirizzo più restrittivo sul presupposto che individuare una soglia di “abuso rilevante” (cioè diverso rispetto all’opera realizzata sine titulo) comporterebbe il richiamo ad un sistema indeterminato, affidato a graduazioni di irregolarità urbanistica di concreta difficile identificazione e, in definitiva, inammissibilmente affidato all’arbitrio dell’interprete. Solo la mancata indicazione nell’atto del titolo abilitativo (o l’indicazione di dati falsi) comporta la nullità e dunque è incommerciabile – e quindi l’erede non può alienarlo – non ogni immobile “abusivo”, ma solo quello realizzato in assenza di titolo abilitativo o privo del titolo in sanatoria.
La restrizione di tale campo applicativo – conseguente a tale indirizzo – è molto importante, (al netto di futuri diversi orientamenti) ma non circoscrive l’intero ambito dei problemi “civilistici”; anche abusi diversi, più o meno “gravi”, se non impediscono la vendita potrebbero portare, il nuovo proprietario che ha acquistato dall’erede, ad agire in giudizio contro quest’ultimo per vedersi riconoscere i danni subiti a seguito dell’acquisto di un bene poi risultato non “regolare”.
I problemi in caso di più eredi
La “comunione ereditaria” è una particolare forma di “comunione” – cioè quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone – che ha ad oggetto i beni che componevano il patrimonio del de cuius. Si costituisce automaticamente tra gli eredi quando, a seguito dell’apertura di una successione mortis causa, vi siano una pluralità di chiamati all’eredità ed una pluralità di accettazioni. Ogni compartecipe è titolare del diritto sull’intero bene per una quota ideale: la “quota” è la misura della contitolarità spettante al partecipe alla comunione. Ogni comunione è, per sua natura, “transitoria”, potendo in ogni momento cessare per volontà di tutti i coeredi: “divisione contrattuale” o con apposita pronuncia del giudice: “divisione giudiziale”.
Affrontando la questione della divisione di un immobile abusivo di proprietà di più coeredi la Cassazione a Sezioni Unite (sent 250212019), modificando un precedente orientamento, ha stabilità che la comunione non può essere sciolta né con l’accordo delle parti né con la sentenza del giudice. Ne consegue che se l’erede di un immobile abusivo non può venderlo – ma potrebbe continuare ad utilizzarlo – i “coeredi” si trovano a dover “gestire” un immobile che non solo non possono vedere a terzi, ma non possono nemmeno assegnare in proprietà ad uno solo di loro, diventando così impossibile dividere l’intero asse ereditario, sia che esso consista nel solo immobile abusivo sia che sia formato da più cespiti.
La sanatoria dell’immobile abusivo
È evidente, allora, che per evitare problemi di qualsiasi genere l’unica strada percorribile, per l’erede dell’immobile abusivo, è quella di sanare l’abuso. Sebbene l’incommerciabilità sia un tema molto sentito (e per tali ragioni è stato sopra approfondito) non vanno sottovalutate le sanzioni amministrative, che possono intervenire anche a distanza di molti anni dalla commissione dell’abuso. L’erede, nuovo proprietario, fintanto che non sana la situazione, corre sempre il rischio che gli venga ordinata la demolizione dell’immobile attesa la imprescrittibilità dell’azione amministrativa. Occorre, quindi, affidarsi a tecnici del settore e seguire una procedura, sicuramente onerosa, ma una volta raggiunto il risultato l’erede (o i coeredi) potranno avere un pieno diritto sull’immobile: non dovranno temere sanzioni di sorta e potranno (loro o i loro futuri eredi) alienare l’immobile quando e se lo riterranno utile.
Lo strumento principale è quello di richiedere il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, il cui presupposto è che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda. Tanto è previsto dall’art. 36 del TU 380/2001 – per gli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza o in difformità dalla SCIA alternativa – e dall’art. 37 del TU, per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA. In presenza di tali condizioni sarà agevole ottenere il risultato sperato.
Deve aggiungersi che se, di norma, occorre la “doppia conformità” è anche vero che la giurisprudenza amministrativa ha elaborato la figura della sanatoria “giurisprudenziale” o “impropria”. Infatti, in alcune decisioni il Consiglio di Stato[1] ha ammesso la possibilità di sanare le opere che, benché non conformi alle norme urbanistico-edilizie al momento della realizzazione, lo sono diventate al momento della presentazione della domanda. L’argomento a favore della doverosità del rilascio del titolo postumo è stato quello della sua assoluta omogeneità concettuale con il titolo rilasciato ex ante della cui doverosità non è possibile dubitare; sarebbe inconcepibile ordinare, oggi, la demolizione di un manufatto avente caratteristiche tali da poter legittimare, domani, il rilascio di un permesso di costruire per quello stesso immobile. Va però precisato che la giurisprudenza amministrativa non appare uniforme; se si sostiene che non ha senso ritenere illegittima e magari demolire un’opera che in quel momento ben potrebbe essere costruita si afferma anche che, però, così facendo si finirebbe con il proteggere gli interessi scaturenti da comportamenti antigiuridici non meritevoli di tutela.
La giurisprudenza penale, invece, ha affermato che un permesso di sanatoria rilasciato ai sensi della c.d. sanatoria giurisprudenziale non estingue l’illecito urbanistico; tuttavia, l’accertamento di conformità che attesti la (sola) conformità alla disciplina vigente, impedisce al giudice di ordinare la demolizione del manufatto.
[1] Cons. di Stato, sez. V, sent. n. 238 del 13 febbraio 1995; sent. n. 1031 del 13 ottobre 1993
Sulle varie questioni inerenti la sanatoria dell’immobile abusivo e, tra queste, u003cstrongu003ela sanatoria parziale o subordinata a condizioni e/o prescrizioniu003c/strongu003e si rinvia a Come sanare gli abusi edilizi edito da u003cemu003eMaggioli Editoreu003c/emu003e.
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