Cambio di destinazione d’uso secondo il nuovo Salva-Casa: alcuni esempi pratici

In attesa della conversione del Decreto, che potrebbe portare con sé ulteriori novità, analizziamo di seguito le nuove regole sul cambio di destinazione d’uso applicate a casi specifici

Marco Campagna 16/07/24
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Il Decreto Salva-Casa interviene sui processi urbanistici ed edilizi in Italia, introducendo novità significative per il cambio di destinazione d’uso degli immobili.

In attesa della conversione del Decreto, che potrebbe portare con sé ulteriori novità, analizziamo di seguito le nuove regole sul cambio di destinazione d’uso applicate a casi specifici.

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Indice

Cambio di destinazione d’uso in zona A

Vediamo cosa accade in caso di cambio di destinazione d’uso in zona A da commerciale (C1 e C6) ad abitativo. Secondo la nuova normativa, questo tipo di cambio è generalmente ammesso in base all’uso prevalente del fabbricato e se non comporta opere, cioè se è “senza opere”.

Nel caso specifico di un fabbricato ad un unico piano composto da tre locali commerciali, la destinazione prevalente è chiaramente commerciale. Di conseguenza, se le unità sono già conformi a tale destinazione, non è applicabile la facilitazione del nuovo comma 1 bis dell’art. 23 ter. Questo significa che la normativa pensata per agevolare il cambio di destinazione non può essere utilizzata in questa circostanza specifica, in quanto l’immobile già si trova nella destinazione “prevalente”.

Applicazione della norma alle unità immobiliari

I commi 1 bis, 1 ter e 1 quater hanno introdotto delle specifiche casistiche di intervento “senza opere” tali per cui, se vi si ricade, l’intervento è ammissibile indipendentemente dal piano a cui si trova l’unità immobiliare.

È importante notare che, se l’intervento riguarda unità al piano terra, questo è fattibile solo se espressamente previsto dalla regolamentazione comunale vigente.

Cambio d’uso senza opere

Un’altra area di chiarimento riguarda il cambio d’uso senza opere all’interno della stessa categoria. In questi casi, il procedimento corretto da seguire è la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e non più la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata), ma questo vale solo se si ricade nella specifica casistica del comma 1 bis dell’articolo 23 ter.

Questo significa che non tutti i cambi d’uso senza opere possono utilizzare la SCIA, ma solo quelli che soddisfano i criteri definiti dalla normativa.

Aumento di carico urbanistico

Interessante notare che, per la prima volta, la norma introduce un meccanismo di svincolo dal concetto del carico urbanistico: l’attuale versione del comma 1 quater dell’art. 23 ter, difatti, specifica che se si ricade nella specifica casistica di immobili che vanno verso la destinazione “prevalente” allora non è richiesto l’adeguamento agli standard o la loro monetizzazione. Per il resto, invece, rimane in vigore la norma vigente in quanto non espressamente modificata.

La normativa introduce novità anche riguardo alla scelta del titolo edilizio da presentare: prima della novità del salva-casa il titolo dipende dalla specifica normativa applicabile e dalla relativa casistica. Attualmente, le fattispecie sono numerose e possono includere CILA, SCIA, o PdC (Permesso di Costruire), a seconda dello specifico comma di riferimento. La cosa che è stata chiarita dalla legge (comma 1 quinques) è che nel caso in cui si operi negli specifici casi dei commi 1 bis e 1 ter, il titolo edilizio da utilizzare è in ogni caso la SCIA, dunque in taluni casi ciò rappresenta un aggravio (rispetto alla CILA) o una semplificazione (rispetto al PdC).

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