Un uomo citava davanti al Tribunale un condominio affinché fosse accertata la responsabilità della collettività condominiale per l’omessa manutenzione del casseggiato e la conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Vediamo com’è andata la vicenda.
L’attore sosteneva che, mentre attraversava a piedi il corridoio del caseggiato, veniva colpito da pezzi di intonaco e cemento, distaccatisi dal cornicione, e nel tentativo di evitarli scivolava a terra riportando gravi lesioni. Si costituì in giudizio il condominio, contestando la domanda dell’attore; istruita la causa, il Tribunale dava ragione ai condomini, ritenendo non provato il fatto.
La Corte d’Appello, confermava la sentenza di primo grado, ritenendo condivisibili le considerazioni del Tribunale circa il difetto di prova. Il “presunto danneggiato ricorreva in cassazione sostenendo che, a prescindere dalle diposizioni testimoniali, il fatto storico della caduta non era stato contestato dai condomini e, conseguentemente, non si poteva mettere in discussione il suo diritto al risarcimento. Del resto, sempre secondo il ricorrente, a prescindere dalle divergenze delle dichiarazioni dei testi sul momento e le modalità della caduta, le testimonianze avevano confermato il medesimo fatto e, cioè, che egli era caduto a terra.
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Quindi: colui che richiede giudizialmente il risarcimento dei danni subiti dalla caduta del cornicione di un condominio quale prova deve fornire in giudizio?
La Cassazione ha dato ragione al condominio: secondo i giudici supremi infatti non sono rinvenibili vizi di alcun genere nella motivazione del giudice di merito che è apparsa logica ed esaustiva. Come ricorda la Cassazione, la Corte d’appello ha esaminato il materiale istruttorio e ha evidenziato che, con riferimento alle deposizioni di due testimoni e al verbale di pronto soccorso, emergevano molteplici incongruenze e contraddizioni che non hanno consentito di ritenere provata né la dinamica del sinistro né il nesso causale tra il danno e l’asserita caduta di calcinacci.
Inevitabile quindi che il ricorso sia risultato inammissibile; del resto il ricorrente ha richiesto una rivalutazione dei fatti, non sindacabile in sede di legittimità. In ogni caso spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e di scegliere quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti.
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Riflessioni conclusive
Nel caso esaminato il ricorrente ha sostenuto la tesi secondo cui, ai fini dell’accoglimento della domanda, sarebbe stato sufficiente la prova del fatto storico della caduta. Tale considerazione non può essere ritenuta valida. Per comprendere la situazione bisogna tenere conto che secondo l’articolo 2051 c.c. ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Per l’applicazione dell’art. 2051 c.c. è necessario che il danno sia stato arrecato “dalla cosa”. Sussiste questo requisito quando la cosa in custodia non entra come mera occasione nel processo produttivo del danno, ma è essa stessa causa o concausa del danno: vuoi perché arrecato dalla cosa direttamente, a causa del suo intrinseco potere, vuoi perché arrecato da un agente o processo dannoso insorto nella cosa.
Il condominio è certamente custode dei beni comuni esemplificativamente indicati dall’art. 1117 c.c. (ad esempio tetto, fondamenta, muri maestri, suolo, impianti comuni, cornicione). Di conseguenza come custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno.
Conseguentemente, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., a carico del soggetto titolare del potere fisico sulla cosa sussiste una presunzione iuris tantum di colpa, che può essere vinta unicamente dalla prova che l’evento dannoso sia derivato dal caso fortuito, inteso nel senso più ampio, comprensivo della forza maggiore, del fatto del terzo e del fatto del danneggiato. Tuttavia non è possibile dimostrare la responsabilità del condominio se non si può provare il nesso causale tra lo stato del bene comune e le lesioni riportate dopo una caduta.
Quindi, colui che intende ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla caduta di frammenti di cornicione di un condominio è tenuto a dimostrare il nesso di causalità tra il fenomeno del “crollo” di parti cementizie e il danno fisico riportato. Secondo un orientamento pacifico della giurisprudenza, l’applicazione delle regole di cui all’art. 2051 c.c. (responsabilità oggettiva da custodia) presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno.
>> Qui la sentenza: Corte di Cassazione – VI sez. civ. – sentenza n. 2118 del 25-01-2022
Riferimenti normativi: art 2051 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Trib. Grosseto, Sentenza del 26/09/2016
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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