Diventa più conveniente comprare la prima casa da ristrutturare grazie alla possibilità di applicare l’aliquota al 50% anche prima di andare ad abitare nell’appartamento. Non è infatti necessario essere residenti prima dell’avvio dei lavori per usufruire dell’aliquota più elevata, basta trasferirsi al termine dei lavori. E c’è la possibilità di mantenere la stessa aliquota per le spese del 2025 anche se poi l’appartamento lo si lascia. Lo stesso per i lavori condominiali.
Confermato anche che si può considerare come prima casa anche quella dove abitano solo i familiari, a patto ovviamente che il proprietario non abiti a sua volta in un’altra casa di proprietà. Ecco un riepilogo delle regolare valide di qui fino a fine anno per l’applicazione dell’aliquota maggiorata al 50% per la prima casa, alla luce della circolare 8/E dell’Agenzia delle Entrate che ha fatto il punto sui bonus edilizi (>> la trovi scaricabile a fine articolo).
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Indice
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Prima casa per sé o per i propri familiari
La prima casa ai fini delle agevolazioni fiscali è l’immobile di proprietà nel quale si abita e si è anagraficamente residenti. Non conta dunque che sia stata acquistata con le agevolazioni prima casa ma solo il fatto che siano rispettati entrambi i requisiti, ossia proprietà e residenza.
Ma la prima casa può essere anche quella nella quale abitano (e sono residenti) solo i familiari del proprietario: coniuge, figli, genitori, fratelli, sorelle e loro figli, suoceri, generi e nuore (ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR), a patto che il proprietario in questione non abbia altre case. Infatti, come ribadito nella circolare “nell’ipotesi in cui sia teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due immobili, uno adibito a propria dimora abituale e un altro adibito a dimora abituale di un proprio familiare, occorre far riferimento esclusivamente all’immobile adibito a dimora abituale del titolare dell’immobile, a nulla rilevando che il secondo immobile sia adibito a dimora abituale di un familiare”.
Fermo restando questo punto vediamo che succede a chi decide di avviare dei lavori in un appartamento senza aver prima trasferito la residenza.
Residenza obbligatoria al termine dei lavori
Con la circolare 8/E le Entrate confermano quanto avevano già indicato nelle circolari 13 e 17 del 2023 in riferimento ai lavori di Superbonus sugli immobili unifamiliari. Già allora era stato chiarito che “qualora l’unità immobiliare non sia adibita ad abitazione principale all’inizio dei lavori, la detrazione spetta ugualmente, a condizione che l’immobile sia adibito ad abitazione principale al termine degli stessi”.
L’elemento determinante per l’accesso all’agevolazione con aliquota maggiorata, dunque, non è la destinazione dell’immobile al momento dell’avvio dei lavori, ma quella finale, verificabile al completamento degli interventi. In sostanza occorre verificare due requisiti: la titolarità dell’immobile all’inizio dei lavori e la destinazione dell’immobile ad abitazione principale e al termine.
In concreto, per chi ha acquistato casa o per chi ne sta ristrutturando una che già possiede ma ora non è abitata, ai fini della detrazione del 50% il trasferimento di residenza può avvenire a fine lavori, ma comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui fruisce per la prima volta della detrazione.
Resta inteso ovviamente che per le spese eventualmente sostenute nel 2026 ai applicheranno le aliquote stabilite per l’anno in questione. Se non ci saranno novità si tratterà del 36%.
Per le pertinenze 50% solo se il vincolo è già presente all’avvio dei lavori
Chiarimenti anche per gli interventi sulle pertinenze, compresa la costruzione di un nuovo box auto. In questi casi la detrazione del 50% per i lavori che riguardano solo le pertinenze si applica esclusivamente nel caso in cui queste siano già qualificate come tali al momento dell’avvio dei lavori.
Quindi nel caso di acquisto di un immobile da destinare solo successivamente a prima casa è necessario che il vincolo di pertinenza risulti dall’atto di acquisto per poter dare il via ai lavori e avere l’aliquota al 50%. In pratica deve già esistere il rapporto di pertinenzialità quando iniziano gli interventi di ristrutturazione.
Aliquote differenziate anche per i lavori condominiali
Il requisito della residenza ai fini dell’aliquota del 50% è richiesto anche nel caso dei lavori condominiali nel nuovo contesto normativo. Con la circolare 8/E l’Agenzia ha chiarito infatti che per la ristrutturazione delle parti comuni di edifici condominiali spettano le detrazioni del 50% delle spese sostenute solo per i condomini che utilizzano l’appartamento di proprietà come prima casa. Circostanza che deve essere verificata, come detto per le singole unità immobiliari, all’inizio dei lavori per quanto attiene la titolarità dell’immobile, e al termine dei lavori per la destinazione dell’immobile ad abitazione principale.
Invece, puntualizza l’Agenzia, per le spese imputate agli altri condòmini, che non siano proprietari o che non abbiano adibito l’immobile ad abitazione principale, è possibile fruire delle detrazioni spettanti con le aliquote non maggiorate. Gli stessi chiarimenti sono validi anche per le spese per gli interventi su parti comuni effettuate in condomini minimi e in interi edifici di un unico proprietario.
Il 50% resta anche se la casa poi si lascia
È comunque possibile mantenere l’aliquota maggiorata per le spese del 2025 anche se la casa sulla quale sono stati effettuati i lavori poi si lascia. Come si legge nella circolare, infatti, “Qualora siano rispettati i requisiti per accedere alla maggiorazione dell’aliquota di detrazione per gli interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, se nel corso dei successivi periodi d’imposta di fruizione della detrazione l’immobile non è più destinato ad abitazione principale, il contribuente può continuare a beneficiare dell’aliquota maggiorata”.
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