La recente sentenza della sez. III, 28 aprile 2025, n. 16084 della Corte di Cassazione penale ribadisce che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001 richiede “il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. “doppia conformità“)”.
Per cui deve escludersi la possibilità di procedere in tal senso “nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica (Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, dep. 2023, Casà, Rv. 284058 – 01; Sez. 3, n. 14645 del 13/03/2024, Erbasecca, non mass.; Sez. 3, n. 11999 del 06/03/2024, Virga, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 7720 del 30/03/2023, Amendola, non mass.)”.
Da qui, l’impossibilità di “sanare l’opera realizzata in zona sismica, prevedendo ancor oggi l’art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001, pur a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. g), n. 1, D.L. n. 69 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 105 del 2024 (cd. “decreto salva casa”), la necessità che l’opera realizzata in assenza di permesso di costruire o in totale difformità sia doppiamente conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che a quello della domanda”.
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Autorizzazione sismica preventiva: necessità per il giudice penale e per il giudice amministrativo
Fin qui nulla di nuovo. Del resto, anche l’altra sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. III, 5 marzo 2025, n. 9920 ha ribadito l’impossibilità di rilasciare un permesso di costruire in sanatoria per “immobili realizzati in sopraelevazione in area a rischio sismico”, per cui “il requisito della doppia conformità è da ritenersi escluso in caso di edificazioni eseguite – come nel caso in esame – in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica (Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, dep. 2023, Casà, Rv. 284058 – 01; Sez. 3, n. 29179 del 05/07/2023, Carceo; Sez. 3, n. 14645 del 13/03/2024, Erbasecca). Il principio trova sostegno anche nella giurisprudenza amministrativa più recente, secondo cui la richiesta di autorizzazione ai fini sismici è sempre preventiva, non potendosi ammettere l’istituto dell’autorizzazione sismica in sanatoria (Cons. Stato, Sez. 6, n. 9355 del 2024)”.
Infatti, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 20 novembre 2024, n. 9355, richiamata dai giudici penali, afferma che l’istituto della autorizzazione sismica in sanatoria non è riconosciuto nel nostro ordinamento e che l’art. 94, d.P.R. n. 380/2001 persegue il fine di eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, costituendo espressione di un principio fondamentale in materia di governo del territorio; ne consegue, conclude il Consiglio di Stato, che “la sussistenza di un evidente interesse pubblico legato all’incolumità pubblica, rispetto al quale l’interesse edificatorio del privato non può che essere recessivo, determina un assorbimento degli esiti relativi ad un permesso di costruire per l’assenza di un titolo attestante l’idoneità sismica dell’immobile, dovendo tale condizionamento riguardare anche l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.”
I profili di incolumità pubblica nell’accertamento di conformità semplificato
Tuttavia, è lecito chiedersi se tali principi, posti a presidio dell’interesse pubblico primario “pubblica incolumità”, possano trovare un qualche temperamento nella diversa ipotesi dell’art. 36-bis, Testo Unico Edilizia. Come noto, infatti, tale procedimento prende il via dalla richiesta dell’interessato, accompagnata dalla dichiarazione del tecnico sul rispetto della normativa urbanistica vigente al momento della domanda e della normativa edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento, nonché sulla legittimità delle preesistenze edilizie di cui all’art. 9-bis, D.P.R. 380/2001.
Il provvedimento comunale, che può contenere anche alcune prescrizioni (quali l’esecuzione di determinati interventi o la rimozione di opere), prevede il pagamento di un’oblazione con due parametri fissi indicati nel comma 5 e un parametro eventuale per intervento sottoposto a vincolo paesaggistico indicato nel comma 5-bis dell’art. 36-bis, Testo Unico Edilizia.
Ebbene, il comma 3-bis del medesimo articolo ammette la possibilità di presentare un’istanza di accertamento di conformità semplificato “per gli immobili ubicati nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83”, prevedendo l’applicabilità “in quanto compatibili” delle disposizioni dell’articolo 34-bis, comma 3-bis in tema di tolleranze costruttive.
Dunque, laddove ricorrano questi ultimi presupposti quantitativi e qualitativi, il rispetto sostanziale della normativa in tema di autorizzazione del Genio Civile, di deposito del progetto con decorso del termine, con le ulteriori facilitazioni previste per gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità, potrebbe consentire la regolarizzazione di tali interventi localizzati in zone sismiche.
Un’ulteriore (limitata) ipotesi: l’art. 100, Testo Unico Edilizia
Un’ulteriore possibilità, infine, è rappresentata dal procedimento indicato nell’art. 100, T.U.E. (già art. 25 della l. n. 64 del 1974) secondo cui, ove il reato sia estinto, la Regione può disporre la sanzione demolitoria delle opere realizzate in violazione della normativa antisismica od ordinare l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse.
Sotto quest’ultimo profilo, quindi, si registra la sentenza del Tar Sicilia, Catania, sez. I, 20 dicembre 2024, n. 4182 in cui si afferma che tale procedimento è sostanzialmente informato dall’interesse pubblico alla eliminazione – tramite demolizione o conformazione – dei pregiudizi alla pubblica incolumità di opere eseguite in contrasto (o in difformità) con la disciplina antisismica.
Tuttavia, questo interesse pubblico può convergere con quello del privato (che può attivarsi per la sua instaurazione) nella misura in cui quest’ultimo riesca a comprovare la sostanziale rispondenza dell’intervento edilizio realizzato alla disciplina edilizia, evitandone così la demolizione anche tramite la sua conformazione (esclusa, va precisato, nello specifico caso sottoposto al giudizio del Tar).
Conclusioni
In ultima analisi, se la costruzione abusiva dovesse rispettare:
- (i) la normativa edilizia vigente al momento di realizzazione dell’intervento (ossia, di volta in volta, anche le disposizioni del D.M. 17 gennaio 2018, del D.M. 14 gennaio 2008, del D.M. 16 gennaio 1996 e del il D.M. 24 gennaio 1986 ecc.)
- (ii) la normativa urbanistica vigente al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità semplificato e
- (iii) rientrasse nella disciplina delle tolleranze costruttive,
potrebbe ammettersi la possibilità di sanare tale opera ex art. 36-bis, D.P.R. 380/2001.
Staremo a vedere se la giurisprudenza (penale, in primis) terrà conto anche di questa possibilità, riservandoci di darne conto.
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