Il d.l. 16 luglio 2020 n. 76 ha disposto l’abrogazione del comma 2-ter dell’articolo 34 e introdotto un articolo nuovo, il 34-bis, esclusivamente e specificamente dedicato alle tolleranze esecutive.
La tolleranza metrica indicata prima nell’articolo 34 comma 2-ter e poi nell’art. 34-bis del TUE è stata a volte, erroneamente interpretata come una sorta di margine all’interno del quale è possibile eseguire varianti o ampliamenti senza violare il permesso di costruire.
In verità non è così: il margine del 2% viene rappresentato chiaramente dalla norma come una fisiologica tolleranza di progetto, all’interno della quale non può essere invocato l’abuso edilizio, perché si dà atto del fatto che nelle costruzioni e nelle ristrutturazioni non è fisiologicamente possibile rispettare le misure al millimetro, date tutte le complessità che attengono ai processi edilizi. Tale interpretazione era più sfumata nella originaria stesura del vecchio comma 2-ter, art. 34, mentre nella nuova stesura dell’art. 34-bis appare tutto molto più chiaro e definito.
Dunque la tolleranza dell’art. 34-bis si applica in tutti i processi di trasformazione edilizia e si valuta all’interno dell’attività autorizzata da un titolo edilizio. Non è quindi rapportabile a tale fattispecie un intervento edilizio eseguito dopo la costruzione dell’edificio e che mira a produrre variazioni ai volumi e alle sagome, perché non si tratta più della tolleranza riferibile alle fasi esecutive di un edificio ma specificamente di un intervento volontario atto a modificare l’esistente.
Vediamo nel dettaglio cosa prevede la giurisprudenza e quando le tolleranze costruttive possono essere invocate nella valutazione ci conformità edilizia, così come descritto da Marco Campagna nel Manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di due diligence immobiliari edito da Maggioli Editore.
Dell’autore Marco Campagna abbiamo pubblicato anche l’articolo Conformità edilizia, i casi particolari in cui utilizzare documentazione alternativa. Leggilo e scopri cosa prevede il TU edilizia
Abusi e tolleranze costruttive: cosa prevede la giurisprudenza?
Su questo tema, ed in quest’ottica, si è espressa anche la giustizia amministrativa con sentenza del Consiglio di Stato del 12 febbraio 2020 n. 1107, sez. II che ha giudicato inammissibile la possibilità di ricorrere alle tolleranze dell’art. 34 per non procedere contro la realizzazione di un modesto ampliamento.
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Sullo stesso tema si cita anche TAR Veneto, sez. II, sentenza 20 settembre 2019 n. 1013 dalla quale è utile estrarre una massima di rilievo: “il comma 2-ter dell’art. 34 d.P.R. 380/2001 consente di escludere dall’ambito delle difformità rilevanti ai fini sanzionatori quelle che si verificano a causa di un fisiologico scarto tra la precisione del disegno e la realizzazione, o dalla consistenza dei materiali, o dalla necessità di modesti adeguamenti in sede esecutiva e, pertanto, non possono che rilevare le misure effettive delle opere realizzate”.
Le tolleranze costruttive e la conformità edilizia
Per contro, l’art. 34-bis e la sua soglia di tolleranza possono invece essere invocati nella valutazione della conformità edilizia dei fabbricati, e ciò oggi è espressamente previsto dal comma 3 del medesimo articolo: laddove, infatti, ci si rende conto che un fabbricato è stato realizzato in lieve difformità dal titolo edilizio, il tecnico incaricato della valutazione della conformità dovrà considerare se tale scostamento della costruzione dal progetto è riconducibile o meno alla tolleranza di legge e, in ogni caso, renderne conto in sede di prosecuzione del progetto o nell’ambito della redazione di una due diligence. Il comma 3 indica che, in tal caso, trattandosi di tolleranze che, secondo la legge, non costituiscono violazione edilizia, la conformità non è intaccata.
Dunque se si può dimostrare che:
- le dimensioni del fabbricato o della singola unità immobiliare si trovano all’interno della tolleranza indicata dalla legge e
- che la difformità è palesemente riferibile ad opere effettuate in non perfetta conformità del titolo edilizio, allora si può valutare che la medesima difformità non è considerabile come tale e quindi non occorre né sanarla né denunciarla ma, eventualmente, la si può rappresentare nelle future istanze edilizie per tenerne debito conto in eventuali successive operazioni che possono incidere sulla sagoma e sui volumi.
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Cosa cambia con l’articolo 34-bis del TU?
La formulazione dell’articolo 34-bis introduce ulteriori specifiche, rispetto alla precedente disposizione: anzitutto, con il comma 2, viene ampliata la “tolleranza” ad ulteriori interventi anche non riconducibili a diverse volumi e sagome così come ad opere di rifinitura esterna ed alla “collocazione degli impianti”, ma tali difformità non costituiscono violazione edilizia solo laddove si riferiscono ad immobili non individuati in nessun vincolo di cui al Codice dei Beni Culturali (che, si ricorda, ricomprende entrambe le macro tipologie dei vincoli: quelli dei beni culturali propriamente detti – generalmente vincoli puntuali su singoli immobili – e quelli paesaggistici).
Sempre il comma 2 introduce anche un concetto che sarà probabilmente foriero di interpretazioni spinte oltre il limite di quello che vuole essere l’ambito della legge: viene, difatti, inserita la specifica che non è considerata difformità una diversa distribuzione degli spazi interni – senza introduzione di limiti di tolleranza – purché detta difformità sia compiuta nell’ambito delle opere oggetto di titolo e purché non vi sia produzione di situazioni in conflitto con le norme che sovrastano l’agibilità (come ad esempio creazione di ambienti al di sotto del limite di legge per quanto riguarda la superficie calpestabile o i rapporti aeroilluminanti).
Sul tema ti consigliamo di leggere anche l’articolo Tolleranze costruttive: cosa è cambiato dopo il Decreto Semplificazioni dove trovi un pratico documento pdf pubblicato dall’ANCE
È possibile evitare la presentazione di una variante?
Sembra, insomma, che così leggendo si possa evitare di presentare una variante ogni qualvolta vengano poste in essere delle opere interne diverse da quelle inizialmente progettate: tale innovazione di legge appare, agli occhi di chi scrive, “eccessiva” perché tende ad instaurare una liberalizzazione ambigua: da un lato le opere interne sono e rimangono soggette a titolo edilizio (CILA), ma dall’altro le eventuali varianti poste in essere non sarebbero contestabili come difformità ai sensi del nuovo comma 2.
A proposito di abusi, nell’articolo Il Superbonus vale anche su abusi edilizi sono elencate le regole e le eccezioni con un esempio pratico di sostituzione infissi
Appare inoltre ulteriormente ambiguo che anche queste difformità interne siano “liberalizzate” solo nell’ambito di immobili non soggetti a vincoli, giacché se il vincolo è di tipo paesaggistico, l’opera interna è sottratta alla disciplina del vincolo (ai sensi del d.P.R. 31/2017 di cui si parla nel paragrafo 4.3.4) e quindi appare privo di senso in tali casi distinguere la disciplina sanzionatoria rispetto agli immobili le cui opere interne non sono vincolate perché in totale assenza di vincoli.
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