È legittimo l’aumento delle tasse per la rendita catastale dovuto alla riqualificazione dell’area in cui si trovano e quindi al riclassamento al catasto. Lo dice la Corte Costituzionale con la sentenza 249/2017. L’aumento delle tasse dovuto al ricalcolo delle rendite catastali nelle aree urbane riqualificate (possibilità introdotta dalla Finanziaria 2005) non è un aumento ingiustificato.
Catasto: riclassamento e aumento delle tasse
La Finanziaria 2005 ha previsto il riclassamento al catasto delle unità immobiliari ubicate in microzone in cui il rapporto tra il valore medio di mercato e il valore medio catastale fosse molto diverso dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali. Secondo la Commissione tributaria, la norma era in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione, e avrebbe inciso sulla rendita catastale e avuto effetti sull’imposizione diretta e locale. La rivalutazione avrebbe colpito indiscriminatamente tutte le unità immobiliari di una determinata microzona oggetto di riqualificazione, senza alcuna verifica diretta sui singoli immobili, entrando in contrasto anche con l’articolo 97 della Costituzione.
Riqualificazione uguale giusto aumento tasse
La Consulta è contraria al parere della Commissione tributaria: si procede al riclassamento di un immobile quando la categoria, la classe e la rendita sono, in seguito a cambiamenti generali di un’area urbana o variazioni edilizie della singola casa, ormai inadeguati. La qualità del contesto rappresenta una componente che può incidere sul suo valore: il Comune può decidere il riallineamento per adeguarsi alla situazione reale. È necessario il riclassamento rispetto alla rendita catastale, che però deve essere motivata ai diretti interessati. Senza riclassamento, i proprietari degli immobili nelle zone riqualificate avrebbero continuato a pagare meno tasse rispetto al nuovo valore degli edifici.
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