Qualche giorno fa, 11 maggio 2017, al Coreper (cioè la riunione degli ambasciatori europei), sette paesi hanno deciso non concedere la modifica al regolamento sui fondi per le politiche di coesione.
Spieghiamo meglio. La Commissione Ue aveva proposto di finanziare al 100% la ricostruzione post-terremoto nell’Italia centrale con i fondi europei per lo sviluppo regionale. A bocciare la proposta è stata la Germania, appoggiata da Olanda, Regno Unito, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia: i 7 Paesi chiedono che Roma metta sul piatto una parte dei soldi necessari, quella che in gergo si chiama “quota di cofinanziamento nazionale”.
A questo punto i politici italiani iniziano a parlare di “fatto gravissimo”; lo è veramente?
La mappa ci fa vedere la pericolosità nei paesi dell’Europa, in termini di Peak Ground Acceleration. La domanda diventa quindi: perché paesi a bassissimo rischio sismico dovrebbero pagare anche per quelli ad alto rischio?
Se andiamo a leggere cosa deve fare la UE, troviamo: Garantisce la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali all’interno del suo territorio attraverso un mercato europeo comune e la cittadinanza dell’Unione europea, promuove la pace, i valori e il benessere dei suoi popoli, lotta contro l’esclusione sociale e la discriminazione, favorisce il progresso scientifico e tecnologico e mira alla stabilità politica, alla crescita economica e alla coesione sociale e territoriale tra gli stati membri, cercando di attenuare le differenze socio-economiche tra i vari stati membri e incrementarne il benessere socio-economico.
Quindi direi che per quanto riguarda il Rischio sismico e la protezione del territorio, ognuno si tiene i suoi. Detto in altra maniera: visto che l’Europa riscontra che per noi il terremoto è un problema, ci aiuta affinché non rimaniamo indietro nelle politiche comunitarie, ma non può pagare per tutto.
Del resto, noi facciamo la stessa cosa con le regioni, visto che il sisma rientra tra le famose “materie concorrenti [1]”.
Sarebbe un po’ come dire: i cittadini della Sardegna, della Puglia o del Piemonte, devono pagare come l’Abruzzo o la Calabria quando lo stato spende i soldi per la ricostruzione dopo un evento sismico; se questo accadesse in Italia, ci sarebbe una rivoluzione (!?).
Invece no, nessuna rivoluzione. Semplicemente tutti, a partire dal 1968, paghiamo accise sui carburanti e con queste lo stato interviene; e queste sono sempre aumentate dopo ogni terremoto. L’abitante di Messina paga le stesse tasse legate al sisma come quello dell’Aquila; l’abitante di Brindisi come quello di Catanzaro.
Dal 1968 a oggi lo Stato ha incassato oltre 260 miliardi di euro, attualizzati al 2014. In Italia, di sicuro, il terremoto è di tutti; è un terremoto di stato. Ricordiamocelo quando pensiamo che avvenga “altrove”, lontano da casa nostra.
L’Europa evidentemente non la pensa alla stessa maniera, e io di sicuro non so chi ha ragione. Quando penso a queste cose mi viene sempre in mente quand’ero bambino, quando mi dicevano “se ti fai male te ne dò il doppio”, che significava “lo sai che stai facendo qualcosa di pericoloso, poi non venire a piangere”. L’Europa stà facendo adesso la mamma severa: lo sai il tuo rischio, non venire a piangere!
Nota
[1] Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
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