Merita di essere ricordato che con il termine “fondazioni”, si intendono tutte quelle strutture, in qualsiasi modo realizzate, che abbiano la funzione di sorreggere l’intero stabile condominiale e che, in forza di ciò, si trovino ad essere stabilmente infisse nel suolo, trasmettendo a quest’ultimo i carichi delle strutture sovrastanti.
Tale loro funzione – la quale, tra l’altro, non può che esplicarsi in maniera permanente, pena il venir meno dello stesso edificio – determina direttamente la loro natura comune. A dimostrazione del fatto che le fondazioni forniscano utilità a favore di tutto il condominio, nonché il fatto che le medesime siano assolutamente essenziali per l’esistenza stessa del fabbricato, si evidenzia che il testo dell’art. 1117, n. 1), c.c. le ricomprende espressamente nell’elenco dei beni che devono presumersi comuni.
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Beni comuni in condominio
In ambito condominiale, salvo che il titolo contrattuale non disponga diversamente, devono considerarsi beni comuni non solo quelli espressamente indicati nell’art. 1117 c.c., ma anche quelli ad essi assimilabili in relazione alla destinazione al comune godimento o al servizio delle proprietà esclusive, come, ad esempio, quelle porzioni di suolo interessanti le fondazioni o quelli che costituiscono sede ispezionabile delle stesse fondazioni e delle fognature.
Si ricorda che anche l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni, costituente il suolo dell’edificio e la superficie del piano terra, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, appartiene, come parte comune, a tutti i condomini, in quanto destinata all’aerazione e alla coibentazione del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 14/02/2012, n. 2157).
Chiarito quanto sopra occorre osservare che molto spesso l’abitazione di un condomino viene danneggiato da fenomeni infiltrativi provenienti proprio dalle fondazioni.
Infiltrazioni provenienti dalle fondazioni e danni al singolo condomino: la vicenda
Una società conduttrice citava in giudizio il condominio, nonché i singoli condomini, al fine di accertare la responsabilità ex art. 2051 c.c. dei convenuti in relazione ai danni subiti dall’immobile condotto in locazione e, quindi, di ottenere il risarcimento del danno. La conduttrice svolgeva attività fisioterapica e di riabilitazione funzionale, anche attraverso lo specifico impiego di una piscina.
Nel corso del tempo gravi infiltrazioni d’acqua provenienti dallo scannafosso e dal sottosuolo provocavano un rigonfiamento sul fondo del telo della piscina; di conseguenza l’attrice era costretta ad interrompere le attività ivi svolte, onde svuotare la piscina e permettere l’intervento di ditte specializzate per la riparazione; tali problematiche erano state più volte comunicate al condominio, al quale l’attrice aveva altresì inoltrato richiesta di risarcimento del danno subito a causa dell’interruzione della propria attività; l’assemblea condominiale però non aveva preso iniziative concludenti.
In ogni caso il condominio si difendeva che facendo presente che il danno lamentato dall’attrice non era causalmente riconducibile ai vizi e difetti di costruzione dell’edificio condominiale, ma discendeva dall’errata costruzione della piscina, avvenuta dopo l’edificazione dell’edificio e su commissione dell’attrice e/o della proprietaria dell’immobile condotto in locazione dall’attrice; in ogni caso il condominio precisava di aver sostenuto il costo dei lavori per il ripristino della piscina al solo scopo di evitare il deterioramento delle fondazioni dell’edificio.
La decisione
Nella relazione tecnica depositata all’esito del procedimento di istruzione preventiva promosso dal condominio nei confronti della società costruttrice, l’ausiliario del Giudice ha ritenuto poco probabile che i danni cagionati alla piscina fossero riconducibili ad infiltrazioni d’acqua provenienti dal sottosuolo, sostenendo che la vasca della piscina è costituita da strutture “secondarie” realizzate su materiale di riporto all’interno delle maggiori strutture “principali” in c.a. costituenti le fondazioni” ed i lavori di impermeabilizzazione sono stati realizzati sulle strutture secondarie della vasca e non su quelle principali di fondazione.
Le risultanze tecniche dei consulenti di parte, nonché una relazione tecnica dell’ausiliario del Giudice in altra causa avente il medesimo oggetto intentata da un altro condomino nei confronti del condominio, hanno reso evidente che il rigonfiamento del telo della piscina è stato causato dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dalle fondazioni dell’edificio. Il Tribunale, pertanto, ha accolto la domanda dell’attrice avendo assolto l’onere della prova (in punto di an) imposto al danneggiato dall’ art. 2051 c.c. e non avendo, invece, il danneggiante condominio provato il fatto impeditivo costituito dal caso fortuito.
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Una CTU poco convincente
Si ricorda che al giudice di merito è consentito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d’ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In entrambi i casi, l’unico onere incontrato dal giudice è quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto.
Nella vicenda esaminata il giudicante ha reputato il ragionamento del CTU contradditorio e non convincente anche in punto di motivazione, non riuscendo a comprendere per quale ragione la presenza di strutture secondarie realizzate al di sopra delle strutture principali, avrebbero dovuto escludere la presenza di infiltrazioni d’acqua provenienti dalle strutture principali (le quali hanno proprio lo scopo di impedire fenomeni infiltrativi) e che possono danneggiare le strutture secondarie (Trib. Pavia 19 ottobre 2023 n. 1288).
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