In tema di inquinamento vale il principio “chi inquina paga” a condizione, ovviamente, che si dimostri che l’inquinamento sia stato provocato dal precedente proprietario o gestore. Per l’amianto il discorso è differente, in quanto la continua sorveglianza imposta dalla legge e il fatto che l’amianto divenga pericoloso per l’ambiente e la salute solo a certe condizioni consentono di scindere le responsabilità bonifica amianto e obbligano passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni per l’applicazione della normativa speciale.
L’allegato 2 “Valutazione del rischio” al D.M. 6/9/1994 dice espressamente che “La presenza di materiali contenenti amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti. Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto”.
Domanda: nel caso di inquinamento da amianto proveniente da beni in regime fallimentare, chi deve provvedere alla rimozione dei pannelli contenenti amianto e alla bonifica dei luoghi: il precedente proprietario oppure il curatore fallimentare?
“Il curatore non è né successore né rappresentante del proprietario dei beni ma assume semplicemente la legittimazione a liquidarli nell’interesse dei creditori; non è soggetto agli obblighi dell’imprenditore fallito”.
Anche la responsabilità bonifica amianto non può essere attribuita al curatore: non può essere responsabile del comportamento del precedente proprietario.
È quanto ha asserito il curatore fallimentare quando si è visto notificare l’ordinanza sindacale per la rimozione e la bonifica di coperture in materiale contenente amianto.
Il curatore afferma inoltre che gli obblighi di bonifica hanno causa precedente alla dichiarazione di fallimento e quindi insiste per l’annullamento dell’atto impugnato e per la sospensione della sua efficacia.
La sorveglianza sui manufatti in amianto (tettoie, coperture, etc.) o contenenti amianto (tubature, etc.) va svolta di continuo, non potendosi mai escludere del tutto che nel corso del tempo i fenomeni atmosferici e naturali, rendano pericolosi per la salute pubblica manufatti che fino a quel momento potevano definirsi sicuri ai sensi della L. n. 257/1992.
Per cui non è decisivo il richiamo alle massime giurisprudenziali secondo cui la curatela non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità bonifica amianto dell’imprenditore fallito, e ciò in quanto nella specie si è in presenza di un obbligo proprio del detentore attuale del bene.
D’altra parte la comprensibile esigenza del curatore fallimentare di preservare al massimo le ragioni dei creditori ammessi alla procedura va contemperata con interessi pubblici di rango superiore quale la tutela della salute (T.A.R. Marche n. 467 del 2015).
Ndr. La presenza di amianto sul territorio incarna una problematica storica di particolare rilievo anche in Italia. L’impiego massiccio che si è fatto di questo materiale nel secolo scorso ha causato un alto numero di patologie e purtroppo anche di morti. Leggi anche Amianto: i consigli per la corretta rimozione e gestione dei manufatti.
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