La costruzione di un’opera edilizia può assumere differenti aspetti giuridici in base alla tipologia di manufatto e alle caratteristiche intrinseche che lo qualificano, ma in realtà come si può definire una costruzione?
Vediamo nel dettaglio qual é il criterio interpretativo e l’orientamento delineato dalla recente giurisprudenza e, in particolare, la sentenza del Tribunale Amministrativo della Regione Piemonte, Sezione I, n. 323, del 21 febbraio 2014, relativa ad ordinanza di demolizione di numerose opere abusive ad uso deposito e magazzino, realizzate senza titolo autorizzativo.
Nello specifico i responsabili dell’abuso sostengono che le opere assentite non sarebbero qualificabili come nuove costruzioni ma come semplici pertinenze soggette ad obbligo di denuncia di inizio attività e, pertanto, non gravate da oneri di contributo e invocano, in subordine, l’applicazione dell’art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che esenta dal contributo di costruzione l’ampliamento volumetrico dell’edificio principale unifamiliare non superiore al 20%.
Inoltre ritengono che le opere sanzionate sarebbero escluse dall’applicazione della disciplina sulle distanze, in quanto non catalogabili come nuove costruzioni soggette a permesso di costruire, ma come manufatti pertinenziali: il che escluderebbe l’applicazione dell’articolo 31 del citato d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto disposizione riferita a interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire.
Secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall’articolo 873 e seguenti del Codice Civile e dalle norme dei regolamenti integrativi della disciplina codicistica, si considera “costruzione“ qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione (Corte di Cassazione, Sezione civile, Sez. II, 3 gennaio 2013, n. 72).
Le opere in discussione emergono dal suolo e presentano oggettivi e incontestati caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione, oltre che di consistenza e di rilevanza volumetrica, che certamente valgono ad ascriverle al genus delle costruzioni soggette alla disciplina delle distanze.
D’altra parte, alla disciplina delle distanze non si sottraggono neppure le tettoie aperte su tutti i lati, anche queste essendo incluse nel sopra delineato concetto di “costruzione” (Corte di Cassazione, Sezione Civile, Sezione II, 14 marzo 2011, n. 5934).
Va rimarcato al riguardo come la giurisprudenza amministrativa delinei una nozione di pertinenza edilizia divergente dall’accezione civilistica e più ristretta di quest’ultima, circoscrivendola a quei manufatti di proporzioni tali da non alterare in modo significativo l’assetto del territorio, cioè di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono; deve inoltre trattarsi di opere preordinate ad una esigenza necessaria dell’edificio principale (Consiglio di Stato, Sezione V, 1° dicembre 2003, n. 7822)
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