Nuova e recentissima sentenza del Consiglio di Stato sul tema delle distanze in edilizia. Con l’ultima decisione del 22 novembre scorso, i Giudici di Palazzo Spada hanno ribadito un principio già espresso in giurisprudenza, ossia che “la distanza di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9, DM 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale”.
Tale principio, specifica il Consiglio di Stato, vale a prescindere che le pareti siano o meno in posizione parallela. La sentenza, dunque, ha annullato un permesso di costruire rilasciato dal Comune di Monza e dato ragione al privato che ha fatto ricorso contro l’impresa edile impegnata nella costruzione di una palazzina.
Nelle motivazioni della sentenza, i Giudici del Consiglio di Stato hanno ricordato un principio già espresso nella sentenza 6909/2005 proprio dalla stessa sezione (la IV) e cioè che nel regime delle distanze in edilizia “la distanza di 10 metri, che deve sussistere tra edifici antistanti si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra”.
La definizione di pareti finestrate
La sentenza è anche l’occasione per specificare la definizione di pareti finestrate. Si devono intendere, scrivono i giudici, non (soltanto) le pareti munite di “vedute”, ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce)
Le distanze in edilizia: ecco come si stabiliscono
Ancora, i Giudici di Palazzo Spada colgono l’occasione per ribadire quali sono i criteri per stabilire il regime delle distanze in edilizia, secondo quanto disposto dall’art. 9 del DM 1444/1968.
1. Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2. Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;
3. Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.
E ancora, la norma prevede che le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:
– ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;
– ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
– ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Leggi la sentenza 22 novembre 2013, n. 5557 sez. IV del Consiglio di Stato
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