Di certo il piano topografico, la sfera locale, le verticali, le proiezioni dei punti, le coordinate e tutte quelle entità geometriche assunte come modelli per la topografia non le ha viste mai nessuno, se non con la propria mente (leggi anche Momenti di topografia, terza puntata).
All’elaborazione umana è indispensabile “ingabbiare” il mondo fenomenico in modelli matematico-geometrici, per averne una probatoria interpretazione, che faccia da argine alle descrizioni solo qualitative (a chiacchiere), poco o punto convincenti, come avveniva prima della cosiddetta “rivoluzione scientifica” secentesca e come ancora avviene, quando si affrontano argomenti che non possono essere descritti con procedimenti matematici e misurativi, o che, al momento, sfuggono a qualsiasi spiegazione razionale. In questi casi, ove tutti o quasi possono dire “la loro”, anche in maniera fantasiosa se non esoterica, si dovrebbero sospendere i giudizi di qualsiasi tipo, per non incappare in improvvisazioni spesso pericolose.
Eh già, senza i modelli non si avrebbe l’opportunità di misurare i fenomeni e quant’altro possa servire al processo scientifico, quello vero, per ottenere quell’esattezza che scongiurerebbe, in accordo con Koyré (filosofo della scienza – 1892 – 1964), il ritorno al “mondo del pressappoco” di medievale memoria.
Se la tendenza umana è quella di descrivere la natura con forme mentali che appaiono più consone e comode in quel momento storico, mi sento comunque di dire che essa, la natura, per esistere non ha alcun bisogno di essere inquadrata in modelli matematici; quest’ultimi sono solo una nostra esigenza, anche se indispensabile, e che appaiono comunque come approssimazioni dei fenomeni che si stanno indagando, passibili, i modelli, di confutazioni che ne possono mettere in crisi l’intera architettura di pensiero e applicativa; non pochi modelli galileiani e newtoniani secenteschi, ad esempio, sono stati messi in discussione e sostituiti con altri più probatori.
Chi ancora afferma che “tutto è numero” vuol forse dire che esiste un’entità che ha conformato la natura in senso matematico ed essa natura ha dovuto adattarsi ai modelli creati a priori per essa? Mi appare una posizione insostenibile, anche se studiosi di rango hanno cercato e cercano ancora di renderla accettabile: secondo il mio pensiero – non solo mio – è il modello che deve conformarsi al mondo fenomenico e non viceversa.
Mi è sembrato doveroso accennare alle questioni su tratteggiate, perché, ritornando al piano topografico e allo spazio cartesiano che servono per definire la posizione dei punti della collinetta, il ragionamento che ho tentato di chiarire deriva dal fatto, che pur non sempre del tutto convincenti, con detti modelli si riesce a descrivere topograficamente la collinetta in maniera accettabile, e se fosse possibile prendere in considerazione altri e più probatori modelli, la cosa non dovrebbe scandalizzare, anche se quello che si ritiene attualmente valido divenisse obsoleto.
Tutto e tutti possono essere messi in discussione, educatamente.
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