La Corte di cassazione ha precisato quando sia possibile affermare l’esistenza di un possesso ad usucapionem nell’ipotesi di una compravendita di bene immobile nulla perché realizzata in forma verbale, cui le parti abbiano comunque dato esecuzione.
In realtà, come affermato anche da Angelo Busani de Il Sole 24 Ore, la risposta non è univoca. È negativa se al contratto nullo – perché stipulato solo verbalmente – si seguita la consegna del bene, in quanto, in questo caso, si ha una situazione di “detenzione” del bene (derivante da un comodato tacito) che non porta mai all’usucapione, poiché per usucapire occorre “possedere” e non semplicemente “detenere”. Ed è questo ciò che riporta la sentenza 21726 che analizzeremo nel seguito dell’articolo.
La risposta è positiva invece se la nullità riguardi un contratto che sia stato trascritto nei registri immobiliari: in questo caso, si ottiene l’acquisto per usucapione – addirittura abbreviata – perché non c’entra il possesso ma la somma di tre elementi.
Compravendita immobile e usucapione, ecco la vicenda
Ricordiamo infatti che l’usucapione prevede sì il decorso del tempo, ma anche il “possesso”. Il “possesso” è diverso dalla “detenzione”, situazione che si ha quando un soggetto è nella disponibilità di un bene sulla base di un titolo che glielo consente.
In presenza di comodato, per passare dalla situazione di detenzione a quella di possesso, serve l”interversione” del detentore (la relazione materiale con un bene tenuta da un soggetto nello stesso modo in cui si comporterebbe il proprietario).
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E se l’acquirente ha abitato nella casa per oltre 20 anni?
La vicenda vede un’impresa edile che nel 1984 ha venduto un appartamento ad un acquirente. L’importo era stato completamente pagato ma senza mai stipulare il contratto di compravendita, nemmeno per scrittura privata non autenticata. In pratica il rogito non era stato eseguito.
Il fatto diventa interessante perché 21 anni dopo la vendita, l’impresa reclama la restituzione dell’appartamento, che dice essere “occupato” senza titolo; questo accadeva nel 2005, nel 2011 il Tribunale dichiara l’usucapione e nel 2015, la Corte d’appello conferma l’usucapione.
Siamo al 2019, ben 35 anni dopo l’avvenuta vendita dell’appartamento, e la Cassazione annulla tutte le decisioni precedenti affermando la mancanza dei presupposti per la maturazione dell’usucapione.
Per quale motivo?
Come precedentemente sottolineato, occorre una situazione di “possesso” protratta per oltre 20 anni, e il “possesso” è diverso dalla “detenzione”. Altra condizione per cui non vale usucapione, sempre spiegata a inizio articolo, è che occorre un comportamento detto interversione, e in questo caso non c’è stata.
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Inoltre in questo caso c’è un titolo, cioè un tacito contratto di comodato: la concessione della casa in uso gratuito ottenuta dal compratore all’inizio di tutto, nel 1984. Grazie a questa situazione di comodato, l’acquirente aveva poi preso la residenza ed eseguito l’allaccio alle varie utenze.
In pratica, se perdura la vigenza di comodato e quindi non si matura la situazione di possesso, non è possibile arrivare all’usucapione.
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