In ogni attività sociale, oggi più che mai, è indispensabile un’azione partecipativa affinchè si abbia una sinergia che porti a un efficace risultato. Ma cosa s’intende con il termine “partecipato”? Partecipato, o partecipativo, deriva dal vocabolo inglese partnership, mutuato dalle scienze politiche sociali di scuola anglosassone. Il vocabolo in questione è ormai di uso comune. Anche nel settore delle Forze di Polizia, per esempio, la sicurezza pubblica deve essere partecipata. A maggior ragione, anche quella sui luoghi di lavoro non dovrà essere da meno.
Sicurezza sul lavoro e formazione partecipata
Chi sono gli attori della sicurezza condivisa?
Al fine di evitare un’inutile ripetizione, rimando a questo articolo in cui si spiegano le competenze delle varie figure coinvolte per il buon andamento della sicurezza aziendale.
È ormai noto, infatti, che in questo “sistema sicurezza” tutti dovranno dare il loro contributo e, in questo contesto, il formatore dovrà essere come il direttore di un’orchestra che dovrà armonizzare il tutto, anche perché la sicurezza non sarà solo un “problema” datoriale e non dovrà “scendere dall’alto”, ponendo il lavoratore solo come un creditore di sicurezza. Ecco quindi che la partecipazione nella sicurezza è il lavoro comune delle figure che compongono l’organigramma di cui si è accennato poc’anzi.
Nel contesto della partecipazione s’inserisce, a pieno titolo, la formazione come importante processo di trasferimento e apprendimento di conoscenze. Infatti, se fino a ieri sembrava che solo in ambito formativo la rivoluzione digitale consistesse nel dotare le aule di nuove tecnologie, oggi si assiste a un’evoluzione diversa.
In questo nuovo sistema, si può fare un’ottima formazione attraverso on line e si possono smaterializzare incontri, seminari, etc. Mi riferisco ai webinar [1], fruibili nell’immediato anche se, a sommesso avviso di chi scrive, nulla potrà mai sostituire la presenza del docente in aula che, con il suo sapere, saper fare, oltre che saper essere [2], infonderà quella giusta passione per qualsiasi materia, cercando non di soddisfare la propria vanità, bensì di fare l’interesse del discente.
Ma allora ecco che ci riconduciamo a quanto specificato nell’articolo dello scorso mese dove abbiamo narrato le difficoltà del formatore nella formazione. Personalmente, visto che sono anni che insegno sia al personale della Polizia di Stato sia a quello di altre Amministrazioni, ho riscontrato molte difficoltà che andrò successivamente a evidenziare compiutamente.
Come gestire l’aula?
Questo paragrafo è un primo approccio di un discorso di più ampio respiro: la gestione dell’aula sarà un tema che verrà ripreso in un altro momento. Un cenno, comunque è d’obbligo! Mi riferisco alla modalità di colloquiare con i discenti.
A tal proposito, vorrei ripartire sempre dall’articolo del mese di giugno, e in particolare dal paragrafo intitolato “La difficoltà di comunicazione e le resistenze psicologiche individuali”. Nel tempo ho notato molti dipendenti che, puntualmente, si presentavano in aula con un atteggiamento poco incline a recepire nozioni sulla sicurezza, credendo che solo gli argomenti strettamente professionali fossero sufficienti per il lavoro di tutti i giorni; invece, basta guardare agli incidenti accaduti nel 2018 [3] e all’inizio di quest’anno [4] e si comprende la necessità di possedere una buona informazione e altrettanto ottima formazione.
Che ruolo ha il formatore?
Per raggiungere tale obiettivo il formatore, quindi, dovrà presentarsi all’uditorio con una professionalità già testata sul campo e, al contempo, dovrà valutare il livello di preparazione dei singoli soggetti per “allineare” il quel “canale di comunicazione” atto a trasferire le nozioni.
Inoltre, il formatore dovrà essere allenato a erogare una formazione efficace. Oltre a corsi specifici sull’argomento seguiti dallo stesso con gli aggiornamenti necessari, non c’è di meglio di leggere anche pubblicazioni sull’argomento, come del resto è capitato a me.
Infatti, un giorno mi imbattei in un libro che trattava della metodologia del parlare in pubblico e notai che vi erano molte conferme alle mie prime “sperimentazioni”, imparai qualche novità espressiva. Ma il culmine dell’apprendimento su come presentare una lezione a un uditorio l’ho avuto quando un collega mi segnalò un altro testo [5] in cui veniva smontato un punto che tenevo fermo da tempo, ovvero l’uso della scaletta, come guida all’esposizione.
Quindi vi dico: non usate un ordine precostituito in punti, ma esponete con naturalezza ciò che possedete e che avrete fatto proprio nel tempo [6]. Solo così riuscirete a trasferire le conoscenze utili a infrenare, o comunque ridurre, il fenomeno degli incidenti o mancati infortuni sui luoghi di lavoro. In conclusione, non lasciate che la formazione sia un’arida presentazione di concetti senza un’emotività costruttiva necessaria per il buon esito finale.
Note
[1] Termine nato dalla fusione delle parole inglesi web e seminar.
[2] Sapere, saper fare, oltre che saper essere. Sono i tre livelli formativi del sapere. Per un approfondimento sul tema, vedi: Formare allo sviluppo di competenze relazionali, qui e qui.
[3] Le denunce pervenute al 31/12/2018 per infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo gennaio/dicembre 2018, sono state 641.261, quasi 6 mila in più (+0,9%) rispetto ai 12 mesi del 2017 (635.433). A livello nazionale, aumentano i casi in occasione di lavoro (+0,6%, da 539.584 a 542.743) ma ancor di più quelli in itinere (percorso casa/lavoro/ casa) che hanno fatto registrare un +2,8%, (da 95.849 a 98.518). Fonte INAIL, reperibile qui.
[4] Dall’inizio dell’anno sono morti 604 lavoratori (compresi i morti sulle strade e in itinere), di questi 293 lavoratori morti sui luoghi di lavoro 57 sono stati schiacciati dal trattore. Si noti che i dieci lavoratori morti nella tragedia aerea in Etiopia non sono conteggiati come morti sui luoghi di lavoro
[5] Dale Canegie. Come parlare in pubblico e convincere gli altri. 2017, pagg.222, Giunti Editore/Bompiani.
[6] Dale Carnegie vietava l’uso dell’apprendimento mnemonico di punti da argomentare, bensì affermava con vigore che l’argomento da esporre doveva essere digerito dentro di sé, rimuginato anche in situazioni diverse dallo studio, ad esempio mentre si passeggia.
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