Il suolo è una risorsa limitata i cui tempi di formazione sono generalmente molto lunghi ma che può essere distrutto fisicamente in tempi molto brevi o alterato chimicamente e biologicamente, nonostante la sua resilienza, sino alla perdita delle proprie funzioni. Componente chiave delle risorse fondiarie dello sviluppo agricolo e della sostenibilità ecologica, il suolo costituisce la base della produzione di cibo, foraggio, carburante e fibre.
L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, provoca la perdita di terreni agricoli fertili e aree naturali e seminaturali, contribuisce insieme alla diffusione urbana alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio, soprattutto rurale (Commissione Europea, 2012).
Consumo di suolo: la definizione
Il consumo di suolo è un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale.
Il fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative e infrastrutturali. Un processo prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio.
Il consumo di suolo è, quindi, definito come una variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato).
Land Cover e Land Use
Per copertura del suolo (Land Cover) s’intende la copertura biofisica della superficie terrestre, comprese le superfici artificiali, le zone agricole, i boschi e le foreste, le aree seminaturali, le zone umide, i corpi idrici, come definita dalla direttiva 2007/2/CE.
L’impermeabilizzazione del suolo, ovvero la copertura permanente di parte del terreno e del relativo suolo con materiali artificiali (quali asfalto o calcestruzzo) per la costruzione, ad esempio, di edifici e strade, costituisce la forma più evidente e più diffusa di copertura artificiale. In genere una parte dell’area di insediamento è davvero impermeabilizzata, poiché giardini, parchi urbani e altri spazi verdi non devono essere considerati (Commissione Europea, 2013).
Altre forme di copertura artificiale del suolo vanno dalla perdita totale della “risorsa suolo” attraverso la rimozione per escavazione (comprese le attività estrattive a cielo aperto), alla perdita parziale, più o meno rimediabile, della funzionalità della risorsa a causa di fenomeni quali la compattazione (ad esempio, aree non asfaltate adibite a parcheggio).
L’uso del suolo (Land Use) è, invece, un riflesso delle interazioni tra l’uomo e la copertura del suolo e costituisce quindi una descrizione di come il suolo venga impiegato in attività antropiche.
La direttiva 2007/2/CE definisce l’uso del suolo come una classificazione del territorio in base alla dimensione funzionale o alla destinazione socioeconomica presenti e programmate per il futuro (ad esempio: residenziale, industriale, commerciale, agricolo, silvicolo, ricreativo).
Un cambio di uso del suolo (e ancora meno un cambio di destinazione d’uso del suolo previsto da uno strumento urbanistico) potrebbe non avere alcun effetto sullo stato reale del suolo, che potrebbe mantenere intatte le sue funzioni e le sue capacità di fornire servizi ecosistemici.
Si deve quindi distinguere il livello “de iure” da quello “de facto”, dovendo considerare il suolo come risorsa (Commissione Europea, 2016).
Il consumo di suolo netto è valutato attraverso il bilancio tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali dovuto a interventi di recupero, demolizione, de-impermeabilizzazione, rinaturalizzazione o altro (Commissione Europea, 2012).
Nel disegno di legge in materia di contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato (Atto Senato n. 2383), le definizioni dell’articolo 2, contrariamente a quelle utilizzate dall’Unione Europea, appaiono limitative, non considerando il consumo di suolo in tutte le sue forme e rappresentando allo stesso tempo un potenziale ostacolo al suo reale contenimento. Le aree che, a causa delle definizioni di consumo di suolo, di superficie agricola, naturale e seminaturale e di impermeabilizzazione, sarebbero escluse dal computo del consumo di suolo, sarebbero le aree destinate a servizi di pubblica utilità di livello generale e locale, le infrastrutture e gli insediamenti prioritari, le aree funzionali all’ampliamento di attività produttive esistenti, i lotti interclusi, le zone di completamento, gli interventi connessi in qualsiasi modo alle attività agricole. Il tutto considerando che la procedura di definizione dei limiti è estremamente complessa e che non sono stabilite le percentuali di riduzione da raggiungere nel corso degli anni.
Una valutazione degli scenari di trasformazione del territorio italiano, in termini di nuovo consumo di suolo, porta a stimare, in caso di interventi normativi significativi e azioni conseguenti che possano portare a una progressiva e lineare riduzione della velocità di cambiamento dell’uso del suolo, in 1.635 km2 di nuovo suolo perso tra il 2016 e il 2050, anno in cui dovremo, necessariamente, azzerare il nuovo consumo di suolo. Se, invece, mantenessimo la velocità registrata nel corso dell’ultimo anno, velocità peraltro piuttosto bassa a causa della crisi economica, perderemmo ulteriori 3.270 km2 entro il 2050. Arriveremmo a 7.285 e 8.326 km2 nel caso in cui la ripresa economica portasse di nuovo la velocità del consumo di suolo a valori medi o massimi registrati negli ultimi decenni.
Stima del consumo di suolo in Italia
Il quadro conoscitivo sul consumo di suolo nel nostro Paese è disponibile grazie ai dati aggiornati al 2016 da parte del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) e, in particolare, della cartografia prodotta dalla rete dei referenti per il monitoraggio del territorio e del consumo di suolo del SNPA, formata da ISPRA e dalle Agenzie per la Protezione dell’Ambiente delle Regioni e delle Province autonome.
Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, pur segnando un importante rallentamento negli ultimi anni che viene confermato dai dati più recenti relativi ai primi mesi del 2016. Nel periodo compreso tra novembre 2015 e maggio 2016 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 50 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco meno di 30 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di più di 3 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.
Dopo aver toccato anche gli 8 metri quadrati al secondo degli anni 2000, il rallentamento iniziato nel periodo 2008-2013 (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo) si è consolidato, quindi, negli ultimi anni (4 metri quadrati al secondo tra il 2013 e il 2015 e 3 metri quadrati al secondo nei primi mesi del 2016). Pur con una velocità ridotta, tuttavia, il consumo di suolo continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità.
I dati della nuova cartografia SNPA mostrano come, a livello nazionale, il consumo di suolo sia passato dal 2,7% stimato per gli anni ’50 al 7,6% del 2016, con un incremento di 4,9 punti percentuali e una crescita percentuale del 184% (e con un ulteriore 0,22% di incremento negli ultimi sei mesi analizzati). In termini assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.039 chilometri quadrati del nostro territorio, si veda questa Tabella.
Tabella – Stima del consumo di suolo a livello nazionale, in percentuale sulla superficie territoriale e in chilometri quadrati
Novembre 2015 | Giugno 2016 | |
Consumo di suolo (%) | 7,63 | 7,64 |
Consumo di suolo (km2) | 22.989 | 23.039 |
Fonte: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA
Quali sono le Regioni più colpite?
Le aree più colpite risultano essere le pianure del Settentrione, dell’asse toscano tra Firenze e Pisa, del Lazio, della Campania e del Salento, le principali aree metropolitane, delle fasce costiere, in particolare di quelle adriatica, ligure, campana e siciliana.
Nel 2016, in 15 regioni viene superato il 5% di consumo di suolo, con il valore percentuale più elevato in Lombardia e in Veneto (oltre il 12%) e in Campania (oltre il 10%). Seguono Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compresi tra l’8 e il 10%. La Valle d’Aosta è l’unica regione rimasta sotto la soglia del 3%.
La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti, con quasi 310 mila ettari del suo territorio coperto artificialmente (circa il 13% dei 2,3 milioni di ettari del consumo di suolo nazionale è all’interno della regione Lombardia), contro i 9.500 ettari della Valle D’Aosta.
Gli incrementi percentuali maggiori, tra la fine del 2015 e la metà del 2016, sono nelle regioni Sicilia, Campania e Lazio. Umbria, Basilicata e Friuli Venezia Giulia le regioni, invece, con gli incrementi percentuali minori. In valori assoluti, i cambiamenti più estesi sono avvenuti in Lombardia (648 ettari di nuove superfici artificiali), Sicilia (585 ettari), e Veneto (563).
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Il consumo di suolo in Europa
Il consumo di suolo non è monitorato in maniera omogenea tra tutti i Paesi europei e soprattutto non con la frequenza di aggiornamento annuale di questo rapporto. Tuttavia, ci sono varie iniziative ed indagini europee volte al monitoraggio del territorio con metodologie standard che possono fornire utili informazioni e un quadro omogeneo sulle differenti coperture del suolo e le dinamiche di trasformazione per un confronto tra i Paesi.
I dati Copernicus (Global Monitoring for Enviroment and Security (GMES) ora ribattezzato Copernicus) ad alta risoluzione (20 metri) relativi al 2012 prodotti per i Paesi europei (compresi alcuni Paesi non appartenenti all’Unione Europea).
In tutta la superficie europea analizzata la percentuale di costruito è decisamente inferiore a quella italiana, attestandosi a 2,8%. Tra i vari Paesi spicca Malta con oltre il 18% di superficie costruita, mentre Svezia, Norvegia e Islanda hanno meno dell’1% della loro superficie impermeabilizzata.
Le aree boscate e a copertura arborea coprono circa il 34% dei Paesi europei analizzati, con picchi oltre il 60% della superficie nazionale in Finlandia (circa 10% latifoglie, 58% conifere) e Slovenia (circa 44% latifoglie, 20% conifere), e valori minimi inferiori al 10% a Malta, in Islanda e Irlanda. L’Italia ha circa il 41% di superficie coperta da alberi (circa 35% latifoglie, 6% conifere).
Per quanto riguarda la classe Prati naturali e seminaturali, l’Italia ha circa il 5% di superficie (tra gli altri Paesi spicca la Svizzera con circa l’11%). Le Aree umide in Italia occupano invece circa lo 0,2% ed i corpi idrici circa l’1%, Le altre aree non classificate dai dati Copernicus ad alta risoluzione, che in Italia corrispondono circa al 49% della superficie, sono principalmente aree agricole, superfici di suolo nudo, roccioso ed altri tipi di copertura del suolo.
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L’indagine LUCAS (Land Use and Cover Area frame Survey) di Eurostat è un’altra indagine europea che consente di comparare, seppure con alcuni limiti di significatività statistica, le caratteristiche generali di copertura del suolo nei diversi Paesi europei, attualmente a livello solamente nazionale e ripartizionale.
Le stime di Eurostat, differiscono sostanzialmente da quelle Copernicus a causa di diversi sistemi di classificazione e di rilevazione ma confermano, anche in questo caso, che la percentuale di territorio con copertura artificiale in Italia è decisamente superiore alla media europea (il 7,0% nel 2012, contro il 4,3%). L’Italia si colloca al quinto posto dopo i Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Germania .
I dati Corine Land Cover hanno una risoluzione decisamente non adeguata per una stima accurata del fenomeno del consumo di suolo dovuto all’urbanizzazione, considerando solo i cambiamenti di copertura del suolo di almeno 5 ettari. Le analisi dell’Agenzia Europea dell’Ambiente aggiornate al 2012 confermano in generale i trend avvenuti in passato sui dati Corine, e quindi un aumento delle aree artificiali e una leggera diminuzione delle aree agricole e seminaturali, mentre l’aumento delle superfici a copertura forestale sembra essere leggermente diminuito.
I dati disponibili mostrano che quasi la metà dell’occupazione del suolo è stata fatta a spese di terreni coltivabili e colture permanenti, quasi un terzo a spese di pascoli e terreni coltivabili a mosaico e oltre il 10% a spese di boschi e aree naturali (EEA, 2013).
Risultati preliminari su 20 Paesi indicano che, rispetto al periodo 2000-2006, il totale dei cambiamenti avvenuto durante il 2006-2012 è aumentato, e che le superfici artificiali hanno avuto un incremento del 2,1%, quindi con una velocità di crescita superiore al periodo 2000-2006. Tali risultati rappresentano però il 34,1% dei 39 Paesi e non possono essere estesi al totale dell’Europa dove il tasso di crescita medio 2006-2012 delle superfici artificiali sembra essere più alto (EEA, 2015).
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