È arrivato il momento del nostro appuntamento settimanale con la rassegna di sentenze in materia di edilizia e urbanistica pubblicate nei giorni scorsi. Il tema di apertura riguarda il titolo edilizio necessario per mutare destinazione d’uso da rurale a residenziale (spoiler: serve il permesso di costruire!).
Gli altri argomenti oggetto delle pronunce riguardano invece: il titolo edilizio necessario per una tettoia destinata allo stoccaggio dei rifiuti, e di una recinzione con paletti di ferro e catena; la natura di un barbecue in muratura e la restituzione degli oneri concessori in caso di mancata edificazione e di permesso di costruire convenzionato.
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Cambio destinazione uso da rurale a residenziale
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 24 novembre 2021, n. 7493
La trasformazione di un edificio a destinazione “rurale” in una unità con destinazione residenziale richiede il permesso di costruire
Deve escludersi che la trasformazione di un edificio a destinazione “rurale” in una unità con destinazione residenziale possa essere effettuato avvalendosi della procedura semplificata della SCIA ex art. 22 del medesimo d.P.R. 380/2001, necessitando invece del previo rilascio del permesso di costruire ex art. 10, la cui mancanza legittima pertanto l’adozione dell’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001 (>> ne abbiamo parlato anche nell’articolo SCIA, è sufficiente per un cambio di destinazione d’uso?)
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Tettoia per stoccaggio rifiuti, titolo edilizio necessario
TAR Molise, sez. I, sent. 24 novembre 2021, n. 401
Serve il permesso di costruire per una tettoia di rilevanti dimensioni destinata allo stoccaggio di rifiuti
In mancanza di una definizione tipica di “tettoia”, la giurisprudenza ha ritenuto che, al fine di individuare quale sia il regime edilizio applicabile, è necessario verificarne in concreto la consistenza e la destinazione funzionale, onde stabilire se si tratta di un’opera soggetta al regime di edilizia libera, o una pertinenza, con funzione accessoria dell’opera principale assentibile con SCIA, o di un elemento edilizio dotato di autonoma utilità e fruibilità, che invece richiede il rilascio del permesso per costruire.
Conseguentemente, una tettoia di mt. 25 x mt. 17 costituisce a tutti gli effetti un elemento edilizio nuovo dotato di autonoma utilità e fruibilità e specificamente destinato per un certo periodo di tempo allo stoccaggio dei rifiuti, con necessità del permesso di costruire.
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Barbecue in muratura, natura dell’opera
TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 22 novembre 2021, n. 981
Il barbecue in muratura è un’opera che non può essere qualificata come accessoria ma deve considerarsi nuovo volume non precario
La giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che il barbecue in muratura sia un’opera che non può essere qualificata come accessoria, in quanto non ha alcun vincolo pertinenziale con l’edificio principale, essendo diretta a soddisfare un’esigenza che è diversa da quella riconducibile all’abitazione ed è da considerarsi nuovo volume non precario, in quanto destinato a soddisfare un’esigenza continuativa, anche se relativa ad alcuni periodi dell’anno e a prescindere dalla facile e rapida rimovibilità (così TAR Catanzaro, sentenza n. 701 del 9 aprile 2019, che a sua volta richiama T.A.R. Emilia Romagna, sez. I, 20 novembre 2018, n. 872).
Peraltro, la presenza di piastre radicalmente e inscindibilmente infisse al suolo determina che il manufatto non possa essere qualificato come amovibile.
Recinzione con paletti di ferro e catena, è edilizia libera
TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 24 novembre 2021, n. 209
Una recinzione realizzata con alcuni paletti di ferro connessi tra loro da una catenella rientra tra le attività di edilizia libera
Va ricordato il pacifico orientamento giurisprudenziale, secondo cui la valutazione in ordine alla necessità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione.
Di conseguenza, si ritengono esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione (quali, ad esempio, recinzioni in rete metalliche, sorretta da paletti in ferro o di legno e senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la posa in essere di una recinzione rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà.
Viceversa, è necessario il titolo abilitativo quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull’assetto edilizio del territorio (C.GA.R.S., 19 novembre 2018, n. 336).
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Sul punto è concorde anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, per cui “la realizzazione della recinzione non richiede un idoneo titolo edilizio solo in presenza di una trasformazione che, per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento, non comporti un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale, con la conseguenza che la distinzione tra esercizio dello ius aedificandi e dello ius excludendi alios ex art. 831 c.c. va rintracciata nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto”, specificando come “su queste basi, è stato sostenuto che il permesso di costruire (e, nel precedente regime, la concessione edilizia), mentre non è necessario per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, lo è quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica” (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 8600).
Di conseguenza, la presenza di alcuni paletti di ferro connessi tra loro da una catenella, a delimitazione dell’area, non determina un’opera contraddistinta dal carattere della permanenza né risulta atta a determinare una modificazione stabile e pervasiva dell’ambiente circostante. Il modesto impatto e la facile rimovibilità possono giustificare la mancata necessità di un titolo autorizzativo, rientrando tra le attività di edilizia libera.
Nel medesimo senso, peraltro, la giurisprudenza, secondo cui “l’attività posta in essere (rifacimento della pavimentazione e creazione di piccole buche per infiggere nel suolo dei paletti), non comporta trasformazione urbanistica del territorio, e non rientra in alcuna delle attività edilizie per le quali il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, richieda un titolo” (TAR Calabria, Catanzaro, sent. n. 1857/2019).
Permesso di costruire convenzionato e mancata edificazione: restituzione oneri concessori
TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 26 novembre 2021, n. 990
Anche nel caso di permesso di costruire convenzionato gli oneri concessori vanno restituiti se manca l’edificazione
Il diritto alla restituzione del contributo di costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2003 n. 3714; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 496 del 2017).
Il contributo per il rilascio del permesso di costruire (ex art. 16 d.P.R. n. 380/2001), commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, trova pacificamente titolo nell’effettiva attività di trasformazione del territorio posta in essere dal soggetto interessato in forza del titolo abilitativo all’edificazione. Ne discende, quale immediato e diretto corollario, il diritto di colui che detto contributo abbia corrisposto ad ottenerne la ripetizione tutte le volte in cui tale trasformazione non abbia, di fatto, avuto luogo, in conseguenza di un’espressa rinuncia al permesso di costruire -che per essere valida deve, evidentemente, riguardare un titolo ancora efficace- ovvero dell’intervenuta decadenza del titolo edilizio (ex multis, Cons. Stato sez. V, 13/07/2017, n.3456; T.A.R. Lazio, Latina, 21/06/2018, n.349; T.A.R. Calabria, Catanzaro , sez. II , 24/10/2018 , n. 1790)
In tale contesto è irrilevante il convenzionamento, o meno, dell’immobile costruendo, incidente sulla misura del contributo di concessione, ma non sui principi generali in tema di contestazione giudiziale del contributo e di eventuale azione di ripetizione, entro il termine ordinario di prescrizione (Cons. Stato, sez. VI, 07/05/2015, n. 2294).
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