Le strutture voltate in muratura quali archi e volte (ma anche cupole) rappresentano una criticità per la stabilità degli edifici in muratura in primo luogo per le azioni orizzontali che generano sulle murature di supporto già in campo statico e che sono ulteriormente incrementate in campo dinamico. Questa criticità sarà tanto più marcata quanto più le volte (e le conseguenti spinte) saranno applicate in alto, sia per l’aumento del braccio (e del conseguente momento ribaltante), sia per la diminuzione del carico soprastante (e del conseguente momento stabilizzante).
Essendo questa criticità ben nota ai costruttori, in molti casi essa era contrastata fin dall’epoca della costruzione da tiranti opportunamente inseriti, esternamente o internamente alla muratura o all’interno del riempimento. Il primo passo sarà quindi quello di verificare la presenza e l’efficacia di questi presidi (Figura 1-a).
Se necessario, si potrà provvedere a integrarli o realizzarli ex novo, con tiranti o cerchiature. La Circolare specifica che, come noto, la posizione ottimale dei tiranti è al di sopra delle imposte degli archi, ma quando questo non fosse possibile consiglia l’adozione di “presidi estradossali” (non più semplici tiranti), ovvero “catene a braga” come quella rappresentata in Figura 1-b, composte da putrelle orizzontali e tiranti inclinati.
Un’alternativa, più diffusa nel passato per il consolidamento di archi e volte, può essere la realizzazione di contrafforti o ringrossi murari. Al di là delle evidenti questioni architettoniche che questo tipo di intervento pone, dal punto di vista tecnico è necessario prestare particolare attenzione alla fondazione della porzione aggiunta – che non deve essere soggetta a cedimenti differenziali rispetto alla struttura esistente – e alle modalità di connessione in elevazione tra le due parti, che deve essere realizzata in modo attivo, ovvero applicando fin da subito una azione stabilizzante sulla parete esistente (Figura 2).
Rispetto alla soluzione con tiranti, questo tipo di interventi per il consolidamento di archi e volte induce inevitabilmente una modifica alla rigidezza di una parte della struttura, la cui influenza sul comportamento complessivo andrà opportunamente valutata.
Oltre alle problematiche che inducono sulle murature che le sostengono, le volte – ed in particolar modo quelle sottili – rappresentano una vulnerabilità intrinseca anche per quanto riguarda la loro stessa stabilità: anche se le pareti perimetrali non collassano, sono sufficienti piccoli spostamenti per far uscire la curva delle pressioni dalla sezione (come nel caso di volte in foglio e di pochi centimetri) e sviluppare il cinematismo che porta al crollo della volta.
Nella scelta degli interventi di consolidamento di archi e volte, la comprensione dei meccanismi attivati o attivabili riveste un ruolo fondamentale, per l’individuazione delle zone soggette a trazione nelle quali concentrare l’inserimento di nuovi materiali (Figura 3).
Le principali soluzioni sono:
- rinforzi estradossali con elementi resistenti a trazione (compositi o metallici), che vanno ad impedire l’apertura delle lesioni su questo lato e quindi lo sviluppo del cinematismo: bisogna in questo caso curare particolarmente la compatibilità dei materiali e la connessione perimetrale, per evitare la nascita di cerniere all’estradosso agli appoggi;
- interventi in intradosso, analoghi per materiali e problematiche ai precedenti, pongono l’ulteriore problema della spinta a vuoto, che andrà risolto con l’inserimento di opportuni connettori;
- frenelli di irrigidimento, sui quali si andrà a concentrare l’azione aggiuntiva in caso di sisma;
- riempimenti coesivi leggeri, che riducano le possibilità di deformazione trasversale delle volte senza incrementare eccessivamente il carico;
- inserimento di un secondo strato di muratura all’estradosso, con eventuale inserimento di materiale composito nello strato di malta interposto, in modo da garantire un margine maggiore per la fuoriuscita della curva delle pressioni all’estradosso [21].
Le tradizionali contro-volte in calcestruzzo armato sono normalmente da evitare, in quanto rappresentano una versione poco compatibile della prima metodologia proposta e comportano un aumento di carichi e rigidezza che interferisce negativamente con il comportamento strutturale delle volte, specie se sottili.
[21] Questa tecnica, ripresa dalla spagnola tabicada, è stata recentemente proposta da Borri A., Castori G., Corradi M., Behavior of thin masonry arches repaired using composite materials, in Composites Part B: Engineering, Volume 87, 2016, pp. 311-321.
Il testo, sul contenimento delle spinte e il consolidamento di archi e volte, è di Eva Coïsson ed è tratto dal volume Riduzione del rischio sismico degli edifici storici in muratura.
Articolo originariamente pubblicato su Ingegneri.cc
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Riduzione del rischio sismico degli edifici storici in muratura
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Eva Coïsson | 2019 Maggioli Editore
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