Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati?

A conclusione dei lavori di ripristino pilastri, l’elemento strutturale risulta identico alla forma originaria e se le armature non erano molto rovinate. Ecco i dettagli

Le tecniche di ripristino e rinforzo che interessano le costruzioni esistenti possono essere utilizzate per diversi scopi, tra questo tipo di interventi rientra il ripristino pilastri.

I pilastri sono gli elementi verticali deputati a sostenere principalmente i carichi, anch’essi verticali, attraverso delle tensioni di compressione.

Tuttavia, nelle zone sismiche, devono essere in grado di resistere anche a forti sollecitazioni flessionali e taglianti.

Come tutte le strutture in cemento armato, spesso sono soggetti a fenomeni di degrado che ne possono ridurre le capacita resistenziali e quindi devono essere riparati in modo da ripristinare la resistenza originaria. Una classica condizione di pilastro ammalorato che può manifestarsi è quella che vede l’espulsione del copriferro e ferri di armatura fortemente ossidati.

Leggi anche: Incamiciatura in c.a. Cosa dicono in merito le NTC 2018?

Ripristino pilastri. Quali interventi occorre adottare?

In questi casi il modo di operare per ripristinare la resistenza originaria del pilastro consiste nell’eseguire alcune operazioni oramai protocollate. In particolare viene rimosso tutto il calcestruzzo ammalorato mettendo a nudo le armature.

Per attuare il rinforzo pilastri, a questo punto la superficie viene accuratamente lavata, meglio se con acqua in pressione o aria in pressione. Una volta fatto asciugare tutto, i ferri di armatura, se ancora integri e quindi non di sezione estremamente ridotta a causa dell’ossidazione, vengono trattati con appositi prodotti in modo da creare un’adeguata protezione nei confronti dell’ossidazione.

Tale trattamento viene applicato a pennello, essendo la protezione in forma liquida, assumendo la forma di una vernice. Le armature vengono lasciate per qualche giorno a riposo in modo che la protezione possa far presa.

Successivamente si riprofila il pilastro, ridandogli la forma originaria e ripristinando il copriferro con adatti prodotti. Generalmente si utilizzano malte tixotropiche semplici o fibrorinforzate (possono essere bicomponenti ed a ritiro controllato), che vengono applicate come una normalissima malta.

In commercio esistono oramai molti prodotti e quindi, caso per caso, si tratta di scegliere quello che meglio si adatta alle specifiche esigenze. Nelle figure che seguono si possono notare le operazioni sopra spiegate, applicate al ripristino pilastri e della capacità funzionale di un pilastro.

In figura 1 si nota come sia stato totalmente spicconato il coperiferro e sia stata messa a nuda l’armatura metallica, che è stata spazzolata e pulita bene in modo da eliminare tutto l’ossido che la ricopriva. Si nota anche che l’armatura è ancora integra e quindi può continuare a svolgere la sua funzione resistenziale senza pregiudicare la capacità del pilastro.

Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati? Rinforzo pilastri 1
Fig.1_Trattamento ferri armatura © Metodi pratici per il rinforzo strutturale_Maggioli Editore

Tramite pennello viene applicato il prodotto, che ha la funzione di proteggere le armature.

Successivamente, come indicato in figura 2, che si riferisce ad un diverso pilastro, si inizia a riprofilare, iniziando con una prima rinzaffatura che va a coprire in maniera adeguata le armature, in modo da proteggerle dall’ambiente esterno. Questa operazione viene eseguita con malta sufficientemente liquida e talora può farsi anche con pennello.

Solo dopo questa prima rinzaffatura si dà vita ad un completo ripristino pilastri.

Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati? Rinforzo pilastri 2
Fig.2_Prima rinzaffatura delle armature ©Metodi pratici per il rinforzo strutturale_Maggioli Editore

A conclusione dei lavori di ripristino pilastri, l’elemento strutturale risulta identico alla forma originaria e se le armature non erano molto rovinate e quindi la sezione resistente rimasta inalterata, la sua funzione statica rimane anch’essa come allo stato originario.

Potrebbe interessarti: Apertura dei varchi in edifici esistenti: quali soluzioni adottare?

A quali patologie può essere soggetto un pilastro?

I pilastri lavorano prevalentemente a compressione, ma in generale sono soggetti a pressoflessione e, in caso di azioni sismiche, risultano soggetti ad elevate sollecitazioni taglianti.

Vediamo inizialmente che cosa comporta la compressione. Quando il carico agisce assialmente, la resistenza al carico esterno è offerta dalla sezione di calcestruzzo e dalle armature, solidarizzate tra loro dalle azioni di taglio che generano l’aderenza acciaio-calcestruzzo. La sezione di calcestruzzo solitamente è abbastanza grande rispetto all’altezza del pilastro, tant’è che difficilmente si hanno instabilità laterali dei pilastri.

Le armature, invece, hanno sezione piccola rispetto all’altezza, dando vita a snellezze estremamente alte.

Una barra di armatura da 16 mm, in un pilastro di altezza pari a 3 m, genera un rapporto altezza/diametro pari a:

d/h = 3/0,016 = 187,5

In queste condizioni, le armature sono soggette a carico di punta e quindi tenderebbero a inflettersi lateralmente. Ad impedire l’inflessione provvede il copriferro, che tuttavia, per i valori correntemente utilizzati, verrebbe facilmente espulso dall’inflessione della barra di armatura.

Ad evitare tale evenienza intervengono quindi le staffe, che tendono a mantenere le armature tramite un effetto cerchiatura. Infatti, per la presenza delle staffe, la lunghezza libera di inflessione delle armature può essere assimilata al passo delle staffe stesse. Se le staffe sono di diametro insufficiente, non ben chiuse o se il passo e estremamente elevato, in corrispondenza di elevati carichi di compressione, le armature possono instabilizzarsi per carico di punta fino a produrre il collasso del pilastro.

Questa situazione viene riprodotta in figura 3, dove si ha un classico collasso per espulsione dell’armatura a causa dell’instabilità laterale. Tuttavia, un pilastro soggetto a compressione in situazione di sofferenza, ma che ancora raggiunge le condizioni di collasso, mostra delle lesioni verticali.

Queste lesioni si hanno sia in strutture in cemento armato sia in colonne in muratura o pietra.

Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati? Rinforzo pilastri 3
Fig.3_Collasso per instabilità dell’armatura ©Metodi pratici per il rinforzo strutturale_Maggioli Editore

Se la flessione non è in grado di generare tensioni di trazione, le lesioni orizzontali verranno a mancare.

Un’altra problematica che riguarda i pilastri prende in considerazione le sollecitazioni di taglio, che generano le classiche lesioni oblique, ad X nel caso di sollecitazioni cicliche come avviene nelle azioni sismiche. Un tipico collasso per azione di taglio è indicato in figura 4 per un pilastro snello.

Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati? Rinforzo pilastri 4
Fig.4_ Collasso per taglio ©Metodi pratici per il rinforzo strutturale_Maggioli Editore

Nel caso di pilastro tozzo e sotto l’azione ciclica di una azione di taglio, si ha invece la classica situazione indicata in figura 5, dove si notano le lesioni ad X.

Ripristino pilastri. Come intervenire sugli elementi ammalorati? Rinforzo pilastri 5
Fig.5_Collasso a taglio di pilastro tozzo ©Metodi pratici per il rinforzo strutturale_Maggioli Editore

Articolo originariamente pubblicato su Ingegneri.cc

Metodi pratici per il rinforzo di elementi strutturali

Metodi pratici per il rinforzo di elementi strutturali

Il testo, aggiornato con le NTC2018, esamina le tecniche per riparare o rinforzare i vari elementi strutturali che compongono una costruzione (fondazioni, pilastri e travi di cemento armato, murature, solai, archi e volte, ecc.), alla luce delle nuove tecniche per il rinforzo strutturale degli edifici esistenti.Arricchito con utili esempi applicativi, riscontrabili nella pratica professionale con l’adozione sia dei metodi classici che di quelli innovativi, il volume evidenzia il comportamento complessivo della struttura nel trattare i singoli elementi, indicando altresì i percorsi logici da seguire nel caso di riparazione o miglioramento di interi edifici, in particolar modo nel comportamento sismico.La trattazione analizza nella parte finale le tecniche per la solidarizzazione degli elementi secondari, come partizioni e tamponature alla struttura portante, guidando il lettore nella scelta della tecnica più appropriata.Santino Ferretti, Ingegnere, svolge la libera professione nel settore delle costruzioni, occupandosi di progettazione geotecnica e di strutture antisismiche, nonché di adeguamento sismico delle strutture. Ha approfondito particolarmente la dinamica strutturale e la modellazione dei materiali sia in campo lineare che non lineare. Volumi collegati:• F. Cortesi, L. Ludovisi, V. Mariani, La progettazione strutturale su edifici esistenti, I ed. 2018• S. Ferretti, Pratica strutturale: azioni sulle strutture civili e industriali, I ed. 2018• R. Cornacchia, M. Fiammelli, Classificazione delle vulnerabilità sismica degli edifici e sisma bonus, I ed. 2018

Santino Ferretti | 2018 Maggioli Editore

38.00 €  36.10 €

Redazione Tecnica

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento