Siamo all’appuntamento del martedì con la selezione delle massime di sentenze per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica pubblicate la scorsa settimana: è legittimo l’ordine di rimozione di roulotte e caravan posizionati su terreno agricolo con finalità abitativa a soggetti non imprenditori agricoli? Serve il permesso di costruire per la tettoia di 50 mq? La decadenza del permesso di costruire necessita di un provvedimento comunale che la accerti?
Struttura in ferro aperta e scoperta, con una superficie di circa 800 mq, che titolo edilizio è necessario? La modifica di destinazione di un immobile sito in zona A (centro storico), da commerciale a direzionale, attuata mediante opere, richiede il permesso di costruire?
Ordine di rimozione caravan e roulotte su terreno agricolo, quando è legittimo?
TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 7 febbraio 2020 n. 112
Legittimo l’ordine di rimozione di roulotte e caravan posizionati su terreno agricolo con finalità abitativa a soggetti non imprenditori agricoli
L’art. 3 comma 1-e.5 del DPR 380/2001 classifica tra le nuove costruzioni “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
La posa di una roulotte e di un caravan su un’area agricola, con presenza di allacciamento alla rete idrica, recinzione ed installazione di un chiosco per la consumazione dei pasti, evidenzia la finalità di consentire lo stesso tipo di attività quotidiane che possono essere svolte in un edificio residenziale.
Di conseguenza, è legittimo l’ordine di rimozione, vista la destinazione residenziale impressa ai luoghi, nei quali solo gli imprenditori agricoli possono realizzare nuove costruzioni.
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Struttura in ferro aperta e scoperta, con una superficie di circa 800 mq, che titolo edilizio necessario?
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 4 febbraio 2020 n. 529
Serve il permesso di costruire per una struttura in ferro aperta e scoperta avente una superficie di circa mq. 800,00, per un’altezza di mq. 7,00, sorretta da 18 pilastri in ferro con relative capriate e bullonate a terra su un cordolo preesistente
È noto come che l’art. 6 comma 2 lett. e bis) del D.P.R. 380/01 espressamente preveda che possano essere realizzate senza alcun titolo edilizio esclusivamente “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale”.
La norma testè richiamata, pertanto, qualifica come attività libere esclusivamente le opere dirette a soddisfare esigenze “obiettive” e “contingenti e temporanee”, purchè le stesse vengano effettivamente rimosse entro novanta giorni dalla loro realizzazione.
Al riguardo, la condivisibile giurisprudenza ha al riguardo osservato che “per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate (il che nel nostro caso non è) con materiali facilmente amovibili (fra le decisioni più recenti cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016).
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Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015). Questa Sezione ha poi anche affermato che la “precarietà” dell’opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016 cit.)” ( Cons. di Stato, sez. VI, n. 795/2017).
Inoltre, “tali opere debbono però essere “immediatamente” rimosse al cessare della necessità. La normativa in questione ha, peraltro, meglio precisato che tali opere debbono “comunque” essere rimosse entro un termine non superiore a novanta giorni. Nel senso, cioè, che ove le esigenze temporanee permangano oltre tale termine, gli interessati debbono munirsi di un idoneo titolo edilizio, che potrà essere, a sua volta, anch’esso temporaneo. In sintesi, le opere dirette a soddisfare esigenze “obiettive” e “contingibili e temporanee” sono oggi legislativamente considerate come attività libere, ma debbono essere sempre rimosse entro novanta giorni dalla loro realizzazione, a meno che gli interessati non chiedano, al fine di mantenerle per un tempo maggiore, un idoneo titolo edilizio.
Né, come si è detto, può ritenersi che il riferimento al termine di novanta giorni sia riconducibile al momento in cui le opere debbono essere rimosse una volta cessata la particolare necessità che ne aveva determinato la realizzazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez.VI, 23/05/2017 n. 2438).
Ciò posto, una struttura in ferro aperta e scoperta avente una superficie di circa mq. 800,00, per un’altezza di mq. 7,00, sorretta da 18 pilastri in ferro con relative capriate e bullonate a terra su un cordolo preesistente non può assolutamente qualificarsi alla stregua di un manufatto precario, destinato a soddisfare esigenze meramente temporanee, e pertanto inidoneo a determinare una mutazione durevole dell’assetto territoriale comunale; al contrario, per tale manufatto serve il permesso di costruire.
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Mutamento destinazione d’uso in zona A con opere, che titolo edilizio è necessario?
TAR Veneto, sez. II, sent. 4 febbraio 2020 n. 131
La modifica di destinazione di un immobile sito in zona A (centro storico), da commerciale a direzionale, attuata mediante opere, richiede il permesso di costruire
Rientra tra le ipotesi di ristrutturazione edilizia (art. 10 comma 1 lett. c) del Testo Unico Edilizia – DPR n. 380/2001) la modifica di destinazione di un immobile sito in zona A (centro storico), da commerciale a direzionale (e, quindi, tra categorie autonome), attuata mediante opere; detto intervento richiede il permesso di costruire.
Inoltre, tale mutamento determina un maggior carico urbanistico e sono pertanto dovuti gli oneri concessori.
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Tettoia di 50 mq., che titolo edilizio è necessario?
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 4 febbraio 2020 n. 535
Serve il permesso di costruire per la tettoia di 50 mq.
La configurabilità di una pertinenza urbanistico-edilizia richiede non solo la sussistenza di un rapporto funzionale costituto dal nesso strumentale dell’opera accessoria a quella principale, ma anche un elemento strutturale ovvero una “dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce” (Cons. Stato, sez. II, 22 luglio 2019, n.5130: “Può configurarsi una pertinenza urbanistica solo nel caso in cui vi sia un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, che consenta solo la destinazione del bene accessorio ad un uso pertinenziale durevole, purché l’opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico”; cfr. anche T.A.R. Roma, sez. II, 11 luglio 2019, n.9223), poiché, se è accertato l’impatto urbanistico dell’opera, risulta non dirimente la sua dimensione funzionale, che dipende dal potere di conformazione impresso dal proprietario dell’immobile.
Più in particolare, con riguardo alle cd. tettoie, che come tali – neanche nella normativa vigente – sono espressamente disciplinate dal legislatore, occorre verificare la conformazione specifica dell’opera, come emergente dagli atti istruttori, al fine di “distinguere tra interventi consistenti in strutture di ridotte dimensioni, aventi evidente finalità di arredo o riparo ed interventi che invece hanno dimensioni tali da arrecare una visibile alterazione del prospetto e della sagoma dell’edificio” (T.A.R. Napoli, sez. II, 29 aprile 2019, n.2284; T.A.R. Napoli Sez. II, 9 luglio 2018, n. 4529).
Ciò in quanto “il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoria è necessario solo quando, per le sue caratteristiche costruttive, essa sia idonea ad alterare la sagoma dell’edificio” (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694; cfr. anche Cons. Stato sez. II, 9 agosto 2019, n.5645 sulla distinzione tra le strutture permanenti ancorate a pilastri annoverabili quali “tettoie” e gli altri elementi di arredo esterno connotati da una “struttura alquanto più leggera” che hanno la medesima funzione di protezione e copertura e che invece rientrano nel regime di edilizia libera, come indicati anche dal D.M. 2 marzo 2018, recante “Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera“, in attuazione dell’art. 1, comma 2 del predetto d. lgs. 222 del 2016).
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In particolare, è stata, da ultimo, delineata la sostanziale differenza strutturale, e quindi la diversa configurazione giuridica ai fini edilizi, tra una struttura di copertura dotata di elementi di fissità, stabilità e permanenza e la “pergotenda”, rientrante tra le opere di edilizia libera secondo il D.M. sopra citato, connotata da una struttura leggera, destinata ad ospitare pannelli retrattili in materiale plastico, nella quale “l’opera principale non è, infatti, l’intelaiatura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che l’intelaiatura medesima si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda” (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8190)
Conseguentemente, una tettoia di con copertura stabile in lamiera coibentata che estende per circa 50 mq la superficie dell’abitazione, non aumentandone la volumetria, ma modificandone la sagoma e il conseguente impatto urbanistico, non è una mera pertinenza e la sua installazione concretizza un intervento di ristrutturazione edilizia ex art. 3 comma 1, lett.d) d.P.R. 380/2001, con conseguente necessità del permesso di costruire ex art. 10 comma 1 lett.b) del medesimo d.P.R.
La decadenza del permesso di costruire necessita di un provvedimento comunale che la accerti?
TAR Toscana, sez. III, sent. 7 febbraio 2020 n. 170
La decadenza del permesso di costruire necessita comunque di un provvedimento comunale che la accerti, con effetti dichiarativi
Per giurisprudenza consolidata, la decadenza del permesso di costruire, conseguente all’inosservanza del termine massimo per l’inizio dei lavori, pur discendendo direttamente dalla legge, necessita comunque di un provvedimento comunale che la accerti, con effetti dichiarativi, sia per verificare l’effettivo decorso del termine, sia per accertare che non ricorrano cause di forza maggiore che possano giustificare la sospensione o la proroga del termine stesso (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2019, n. 2546).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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