Perché la Mobilità sostenibile si progetta

Giulia Gnola 22/05/19

1492, fatto noto, Colombo che “sbaglia rotta” e si ritrova nelle Americhe. Niente India, ma un continente intero da scoprire, percorrere, infrastrutturare.
2019, il nostro presente (fino a prova contraria); qualche disadattato tenta di percorrere le terre inesplorate dell’Artico o del deserto del Gobi, ma pare abbiano pochi centimetri ormai su cui piantare la bandierina di “esploratore numero uno”.
Fine.

Ora sta a noi vestire la maglia dei pionieri: professare da progettisti la mobilità sostenibile.  Di strade, soprattutto strade da “ripensare” sotto altre vesti, ce n’è tante e belle in giro per il mondo, senza contare quelle che abbiamo in Italia: cambiamo il punto di vista. Percorriamole diversamente, occupiamoci di mobilità sostenibile.
In maniera diversa, da professionisti. Chissà che un cambio di rotta non faccia scoprire anche a noi un’India perduta.

Mobilità sostenibile, perché parlarne?

Non pubblicheremo l’ennesimo approfondimento sulla mobilità lenta e le piste ciclabili. Conosciamo e bazzichiamo internet, lo reputiamo un grande strumento; ahimè non sappiamo usarlo al meglio, e abbiamo riscontrato quanto sia facile trovare informazioni (in generale) che è poi difficile approfondire, specie se si è in cerca di dettagli tecnici, numerici ecc.

Ci preoccuperemo quindi di fornirvi quello che vi occorre per studiare, progettare, costruire infrastrutture per la mobilità sostenibile, perché le piste ciclabili e i percorsi per la mobilità lenta sono a tutti gli effetti infrastrutture, e come tali vanno trattate e progettate, da professionisti. Ma anche perché è inutile progettare un bike sharing se non c’è un’infrastruttura adeguata a sostenerlo. Perché non si va in bicicletta per l’ambiente quanto perché costa meno ed è più efficiente farlo. E anche perché dal 7 ottobre 2015 la bicicletta è ufficialmente un veicolo: un passaggio apparentemente solo lessicale e normativo che nasconde però un fatto importante. Alla ciclabilità sono stati destinati, da quel momento in poi, fondi strutturali, non episodici, anche nel nostro paese.

I danesi lo hanno già capito quanto vale, anche in termini di introiti, ricadute sui servizi, lavoro (lavoro, per davvero!) e ci sono fior fiore di finanziamenti ed euro pronti per sostenerla, bandi europei, progetti, proventi per chi se ne occupa, per non parlare delle ricadute di secondo livello (cicloturismo, attività commerciali, strutture ricettive, facilities, aziende del settore e correlate).
Ve ne parleremo, di certo c’è spazio anche per voi e le vostre idee.

Mobilità sostenibile, segui la rotta

Da oggi, ogni due settimane (quindi il 5 giugno), vi presenteremo un articolo monotematico che parla di mobilità sostenibile e infrastrutture per la mobilità lenta, di piste ciclabili, normativa stradale e codice della strada, livelli di servizio, sedi promiscue, larghezza di cordoli e segnaletica obbligatoria, materiali per il manto ciclabile. Sono argomenti “tecnici” e non saranno noiosi.

Per chi? Professionisti e…

Lo ribadiamo: la mobilità lenta non è stata finora trattata seriamente e non si considerano professionisti i tecnici che se ne occupano. All’estero ci sono figure professionali addette solo alla mobilità; da noi ingegneri, architetti (giovani e non), assessori che devono ripensare e pubblicare PUM PUT PUMS lo fanno quasi sempre nel loro “tempo libero”, non hanno un punto di riferimento chiaro, semplice, dedicato. Il problema è che poi, a rimetterci, siamo tutti, specie sul delicato tema sicurezza.

Mobilità lenta e sicurezza, come si fa?


Siete mai caduti in bicicletta? Basta una volta, non c’è dubbio che la ricorderete, e per questo non farete fatica nel nominare l’utente della mobilità lenta «utente debole». Nessun eufemismo, è la realtà; leggete la didascalia della seguente un’immagine:

Perché la Mobilità sostenibile si progetta Incidentalità mobilità lenta
Tipologia incidenti coinvolgenti ciclisti: a) su piste ciclabili; b) in carreggiata. (Numero indicativo della percentuale delle rispettive frequenze).

Secondo le percentuali (elaborazioni Isfort su dati Istat e Rapporto tecnico sull’Incidentalità 2018 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), ci sono più ciclisti coinvolti in incidenti stradali se percorrono piste ciclabili che nel caso in cui transitino la carreggiata a fianco delle auto. Per quale motivo?

Sembra assurdo, eppure è così. Le spiegazioni possibili sono:
mancanza di qualità nella progettazione della pista ciclabile (specie, come si nota, in concomitanza ad accessi carrabili);
psicologia dell’utente (secondo alcuni studi l’automobilista, sapendo il ciclista al sicuro nella sua corsia privilegiata, tende ad “eliminarlo” dalla sua visuale. Diventa oggetto estraneo, non gli compete, non lo vede più. Stessa cosa accade al ciclista, che non si preoccupa di fare attenzione all’automobilista. Conseguenza: pericolo di incontro-scontro).

Sulla seconda questione lasciamo disquisire chi ha competenze in merito; è del primo punto, che interpella progetto adeguato per gli spazi della mobilità lenta e qualità delle piste ciclabili, che ci occuperemo.

Mobilità lenta: quando si parte?

Prossimo appuntamento mercoledì 5 giugno!

Seguendoci ogni due settimane, vi troverete alla fine con una bella cassetta degli attrezzi pronta per progettare, costruire, gestire e promuovere le piste ciclabili e gli spazi ciclabili, con tanto di esperienze concrete in Italia e all’estero, contributi e idee innovative di molti tecnici.

Punteremo alla densità di contenuti, a informazioni approfondite, senza badare alla quantità, mantenendo un linguaggio accessibile e il dettaglio tecnico che la progettazione infrastrutturale (anche quella “lenta”) richiede.
Il tutto (ci teniamo a sottolinearlo) senza voler sostituire o mettere in discussione gli eccellenti manuali già in circolazione, nonché i lodevoli lavori di Fiab e altre associazioni.

In anteprima

Alcuni argomenti trattati: il corpus legislativo vigente (si parte quindi dal Codice della Strada, dai BiciPlan, dalle Direttive UE, per arrivare alle AASHTO americane) affiancato e supportato da esempi pratici e attuativi, studi, esempi, misure, per passare direttamente dalle “regole da seguire” al “come si fa”.

E ancora:
– elementi grafici esplicativi tra figure, grafici, tabelle e fotografie, utili per corredare ed esplicitare in maniera chiara e diretta contenuti tecnici;
– spunti, idee innovative ed esperienze pratiche per progetti pilota;
– informazioni relative all’adeguamento del diritto in materia di trasporti;
tentativi di risolvere le lacune dell’apparato normativo, non sempre completo (come vedremo in dettaglio);
proposte risolutive di classici problemi quali attraversamenti ciclabili, rotatorie, sensi unici;
gestione e manutenzione delle piste ciclabili;
segnaletica, vincoli e spazi liberi di progettazione;
integrazione con altre infrastrutture;
– caso urbano ed extraurbano.

C’è una marea di lavoro da fare, viaggeremo nelle nostre città, perché sì, la mobilità sostenibile è ancora un’Eldorado tutta da scoprire e di cantieri aperti ce n’è tantissimi!

Di lento, non c’è proprio nulla… Pedalare e camminare fa bene alla salute, ma senza infrastrutture che ci garantiscano di farlo in sicurezza e che lo rendano la scelta più efficiente, non interessa nessuno. O pochi valorosi capitani.

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