Appalti Beni Culturali, quali caratteristiche bisogna avere per partecipare?

Quali sono i requisiti generali e speciali necessari per partecipare agli appalti pubblici e privati, sottosoglia e soprasoglia per i lavori sui beni culturali?

In arrivo il Decreto che contiene le condizioni per la qualificazione tecnico-economica delle imprese che vogliono partecipare agli appalti pubblici e privati sui beni culturali per lavori di monitoraggio, manutenzione e restauro su immobili tutelati; per gli scavi archeologici; per il monitoraggio, la manutenzione e il restauro di beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico.

Il Dm (n. 374 del Mibact) è stato firmato il 22 agosto e sta per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il Ministero dei Beni Culturali comunica che il provvedimento sarà disponibile dopo la registrazione degli organi di controllo. Ediltecnico ve lo anticipa: potete scaricarlo qui.

Appalti per i beni culturali: requisiti generali

Obbligatoria l’iscrizione alla camera di commercio, relativamente a lavori:
1) in scavi archeologici;
2) di manutenzione e restauro dei beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili culturali, lavori di conservazione e restauro di opere d’arte;
3) di restauro e manutenzione di beni culturali immobili, a conservazione e restauro di opere d’arte;
4) per il verde storico (art.10, c. 4 lettera “f” del Codice dei Beni culturali), in parchi e giardini.

Appalti per i beni culturali: requisiti speciali

Il Direttore tecnico

Il regolamento impone precisi vincoli al Direttore tecnico, o ai Direttori tecnici, nel caso siano più di uno.

Per prima cosa al Direttore tecnico si richiede l’unicità dell’incarico: per tutta la durata dell’appalto non può rivestire un incarico simile per conto di altre imprese qualificate. Bisogna consegnare una dichiarazione alla stazione appaltante.

Per la categoria OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela) il direttore tecnico deve essere un architetto iscritto all’albo o laureato in conservazione dei beni culturali.

Per le categorie OS2-A (Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico) e OS2-B (Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario) serve:
– un diploma di restauratore conseguito presso le scuole di alta formazione o altri istituti indicati dal codice dei beni culturali all’articolo 29 al comma 9)
– oppure una laurea in conservazione e restauro dei beni culturali
– oppure bisogna essere restauratori di beni culturali qualificati ai sensi dell’articolo 182 del codice dei Beni culturali, ma bisogna aver svolto – al momento in cui entrerà in vigore del regolamento – almeno tre incarichi di direzione tecnica.

Per lavori con importo inferiore ai 150 mila euro questi requisiti vengono autocertificati.

Ti potrebbe interessare Beni culturali, in Gazzetta 133 milioni per lo sviluppo fino al 2020

Lavori già eseguiti

L’impresa deve avere eseguito lavori sui beni culturali almeno per il 70% dell’importo della classifica per cui viene richiesta l’iscrizione. Ai fini della qualificazione, valgono i certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore del decreto solo se accompagnati e integrati dalla dichiarazione di buon esito rilasciata dall’autorità preposta alla tutela dei beni su cui si è intervenuto. I lavori possono essere utilizzati solo se eseguiti dall’impresa, anche come impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare i lavori di restauro affidati in subappalto.

Idoneità organizzativa

I restauratori, i collaboratori e gli archeologi devono avere con l’impresa un contratto a tempo determinato o indeterminato.

Categoria OG2. Imprese con almeno 6 dipendenti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità è dimostrata da un costo del personale di almeno il 15% dei lavori OG2 realizzati negli ultimi dieci anni precedenti all’iscrizione alla Soa, di cui almeno il 40% deve riguardare il personale operaio.
Oppure, la spesa per il personale dipendente a tempo indeterminato deve essere di almeno il 10% dei lavori OG2 realizzati nell’ultimo decennio, di cui almeno l’80% per il personale tecnico qualificato.

Categorie OS2-A e OS2-B. Imprese con almeno 6 addetti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità si dimostra con almeno il 20% dei restauratori e con almeno il 40% di collaboratori restauratori o restauratori, sempre rispetto al personale complessivo.
Oppure, l’impresa deve dimostrare di aver sostenuto un costo del lavoro per restauratori e collaboratori restauratori di almeno il 40% degli importi di lavori OS2 (A e B) nel decennio precedente all’iscrizione Soa.

Imprese fino a cinque dipendenti (per OS2): devono avere al loro interno almeno un restauratore.

Categoria OS25. Imprese con almeno 6 dipendenti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità è si ottiene con la presenza di almeno il 30% di archeologi rispetto al totale dell’organico.
Oppure, l’impresa è idonea se dimostra di aver sostenuto con costo del lavoro di almeno il 30% degli importi di lavori OS25 nel decennio precedente all’iscrizione Soa.

Imprese fino a cinque dipendenti (per OS25): presenza di almeno un archeologo.

Capacità economica

Valgono le regole del Codice appalti (articolo 83, comma 2, articolo 84, articolo 86). Per le categorie OS2-A, OS2-B e OS25 sono sufficienti le referenze bancarie.

Qualificazione per i beni culturali: lavori soprasoglia

I lavori soprasoglia sono quelli che hanno un valore di oltre 150 mila euro, per i quali le imprese devono dimostrare il possesso delle seguenti qualifiche:
– OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela),
– OS2-A (Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico),
– OS2-B (Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario ),
– OS24 (Verde e arredo urbano),
– OS25 (Scavi archeologici).

La certificazione rilasciata deve inoltre contenere l’attestato del buon esito degli interventi eseguiti da parte dell’autorità preposta alla tutela del bene.

Leggi anche Bando Restauratori, la proroga al 31 dicembre 2017 è mancanza di rispetto

Redazione Tecnica

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento