Arredo aree di pertinenza, quale titolo abilitativo serve?

Ecco la selezione delle sentenze sull’edilizia e l’urbanistica, pubblicate nella scorsa settimana. Gli argomenti di questa settimana sono: quale titolo abilitativo serve per gli elementi di arredo delle aree pertinenziali; la motivazione delle scelte urbanistiche; la regolarità edilizia-urbanistica di un locale per attività commerciale; il condono: onere della prova in ordine alla data di ultimazione delle opere; l’annullamento condono: la comunicazione di avvio del procedimento.

Quale abilitazione serve per l’arredo delle aree pertinenziali?

Estremi della sentenza: TAR Abruzzo, sez. L’Aquila, sent. 20 marzo 2017 n. 135
Massima: Le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici costituiscono opere realizzabili secondo il regime dell’attività edilizia libera e non richiedono dunque alcun titolo abilitativo

Le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici costituiscono opere realizzabili secondo il regime dell’attività edilizia libera e non richiedono dunque alcun titolo abilitativo. Tra queste opere rientrano, per esempio: altalene, scivoli, dondoli, panche, tavoli da picnic, cuccia del cane, casetta gioco bimbi, barbecue rimovibili, vasi e fioriere mobili, e simili, tutti manufatti strutturalmente non ancorati al suolo e comunque destinati alla più comoda fruizione di aree pertinenziali di edifici.

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La motivazione delle scelte urbanistiche

Estremi della sentenza: Consiglio di Stato, sez. IV, sent 24 marzo 2017 n. 1326
Massima: La motivazione non può soffermarsi su ogni singola previsione urbanistica ma deve aver riguardo al complesso unitario delle scelte effettuate dal Comune con la pianificazione generale

 

La motivazione in sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, salvo i casi in cui esso incida su zone ben circoscritte ledendo legittime aspettative, risulta soddisfatta con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di approfondimenti argomentativi puntuali e mirati. Per cui, ove la destinazione di un’area muti per effetto di un nuovo strumento urbanistico generale destinato a imprimere una nuova e complessiva definizione del territorio comunale, si tratta non della disciplina di una singola area, ma dell’organico disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale.

Pertanto la motivazione non può soffermarsi su ogni singola previsione (o zonizzazione), ma considerarare, secondo criteri di sufficienza e congruità, il complesso unitario delle scelte effettuate dal Comune con la nuova pianificazione generale (cfr., per tutti, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 25 maggio 2016 n. 2221).

Regolarità edilizia-urbanistica di un locale per attività commerciale

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent. 21 marzo 2017 n. 500
Massima: Il legittimo esercizio di un’attività commerciale presuppone la regolarità dei locali rispetto alle norme edilizie ed urbanistiche

 

Il legittimo esercizio di un’attività commerciale presuppone la regolarità dei locali rispetto alle norme edilizie e urbanistiche (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 17 luglio 2014 n. 3793). Quindi, ove l’assenza del requisito sia accertata, la sanzione della sospensione dell’attività eventualmente comminata dalla P.A. assume natura di atto vincolato.

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Condono: onere della prova in ordine alla data di ultimazione delle opere

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 20 marzo 2017 n. 1539
Massima: L’onere della prova in ordine alla data di ultimazione delle opere grava sul richiedente il condono

 

L’onere della prova in ordine alla data di ultimazione delle opere grava sul richiedente il condono edilizio, in quanto, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio a una determinata data, l’interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in merito all’epoca di realizzazione del manufatto; pertanto, non può ritenersi sufficiente la sola dichiarazione di parte (anche sostitutiva di atto di notorietà), la quale deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti (quali, ad esempio, le fatture e le ricevute relative all’esecuzione dei lavori o all’acquisto dei materiali, i rilievi aerofotogrammetrici, etc.), insussistenti nella specie (orientamento consolidato: cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 27 luglio 2015, n. 3666; sez. IV, sent. 7 luglio 2014, n. 3414 e sent. 27 novembre 2010, n. 8298; TAR Sardegna, sez. II, sent. 24 marzo 2016 n. 277; TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 17 dicembre 2015, n. 5782).

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Annullamento del condono: la comunicazione di avvio del procedimento

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 21 marzo 2017 n. 1546
Massima: L’annullamento del condono richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento

 

È ormai ius receptum che i provvedimenti di secondo grado concretanti esercizio della c.d. autotutela decisoria, debbano essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, venendo ad incidere su posizioni consolidate del privato, generate dall’avvenuto previo ottenimento di un provvedimento ampliativo.

Gli atti di secondo grado con i quali l’Amministrazione annulla o revoca suoi precedenti provvedimenti accrescitivi della sfera giuridica privata debbono infatti essere assistiti dal corredo procedimentale costituito dalla previa comunicazione di avvio del procedimento onde consentire al destinatario di articolare il contradditorio prodromico e far valere le sue ragioni di contrarietà all’adozione dell’atto di ritiro. Ed infatti, l’annullamento del provvedimento di condono, come si è innanzi anticipato, determina la perdita di una posizione di vantaggio acquisita e reca un indiscutibile pregiudizio al proprietario dell’immobile, ciò in disparte dalla omessa valutazione comparativa degli interessi in rilievo e dalla circostanza che il decorso del tempo può consolidare situazioni di fatto sorrette dall’apparenza di uno stato di diritto basato sull’atto da ritirare, rilevando l’affidamento ingenerato dall’atto nell’interessato in merito alla legittimità del provvedimento (TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 4 aprile 2014, n. 1944).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Redazione Tecnica

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